Il vaiolo delle scimmie o Monkeypox virus è una zoonosi virale rara, ciò vuol dire che la trasmissione può avvenire dagli animali all’uomo (come recentemente abbiamo compreso con la pandemia da Covid).
Sebbene il nome prenda origine dal primate non umane, le cause dell’esistenza di tale virus restano ancora ignote: finora si ritiene che l’origine sia deputata a roditori (come scoiattoli o ratti) delle foreste pluviali africane, visto che la sua maggiore diffusione è in Africa Occidentale e Centrale.
Questo tipo di vaiolo è molto simile a quello umano, in quanto entrambi appartengono al genere Orthopoxvirus e hanno sintomi pressoché analoghi. Una differenza marcata sta nella malattia: la maggior parte delle persone con Monkeypox virus guarisce in poco tempo (poche settimane) senza bisogno di cure, ma può comunque colpire in modo grave soggetti immunodepressi, donne in gravidanza e bambini.
Storia del vaiolo delle scimmie
La prima scoperta del vaiolo delle scimmie risale al 1958, quando furono identificati due focolai di colonie di scimmie destinate alla ricerca. La prima identificazione del virus sull’uomo invece avvenne il 1970, un bambino di 9 anni nella Repubblica Democratica del Congo (all’epoca Zaire). In seguito, si diffuse in Benin, Camerun, Repubblica Centrafricana, Gabon, Costa d’Avorio, Liberia, Nigeria, Repubblica del Congo, Sierra Leone e Sudan del Sud.
Finora il focolaio più grande registrato nella storia fu nel 2017 in Nigeria, ma si tratta di un virus che ha già superato i confini africani, arrivano persino negli Stati Uniti d’America e diffondendosi anche in Europa. Al momento l’epidemia europea preoccupa in quanto stupisce l’esponenziale aumento dei casi, nonostante l’eradicazione del vaiolo umano e la trasmissione uomo a uomo non sia così veloce.
Quali sono i sintomi del vaiolo delle scimmie?
I segni principali riguardanti il vaiolo delle scimmie sono:
- febbre;
- eruzioni cutanee (generalmente sul viso, ma può diffondersi anche in altre parti del corpo come le mani, i piedi e i genitali);
- linfonodi ingrossati;
- cefalea;
- mialgia;
- brividi di freddo;
- spossatezza;
- lesioni che possono peggiorare in macule, papule, vescicole, pustole e croste;
- linfoadenopatia.
In linea generale, i sintomi possono emergere in circa 12 giorni, visto che il periodo di incubazione è compreso tra i 6 e i 13 giorni, arrivando persino a 21 giorni. La malattia che ne scaturisce è autolimitante, in quanto i sintomi possono scomparire spontaneamente senza l’aiuto di un trattamento terapeutico – sebbene possono aiutare antibiotici e analgesia.
Come avviene la trasmissione del vaiolo delle scimmie?
Come detto precedentemente, siamo di fronte a una zoonosi virale, quindi la trasmissione principale avviene da animale a uomo. La diffusione tra uomo e uomo invece avviene per il contatto diretto con:
- fluidi corporei;
- sangue;
- lesioni cutanee;
- occhi, bocca e naso;
- mucose di animali infetti;
- oggetti contaminati delle persone infette;
- consumo di carne o altri prodotti di animali infetti e che non vengono cucinate adeguatamente;
- contatto con goccioline di grande dimensioni emesse dall’essere umano (droplet).
La diffusione del vaiolo delle scimmie si basa sul contatto ravvicinato della persona infetta o con i suoi effetti personali. C’è anche la diffusione per via respiratoria, ma avviene solo con goccioline di grandi dimensioni. Per questi motivi, la trasmissione è comunque limitata e scaturisce principalmente per contatti intimi con la persona infetta.
Leggi anche: Test Covid col respiro approvato negli USA: come funziona
Come prevenire il vaiolo delle scimmie?
In caso di sintomi riconducibili al Monkeypox virus, bisogna avvertire il medico di base o altri servizi di assistenza sanitaria. Non bisogna entrare in contatto con lesioni o le eruzioni cutanee, è necessario lavare le mani regolarmente ed evitare contratti stretti e/o sessuali. In linea generale invece è opportuno evitare contatti con chi presenta sintomi ed è consigliato praticare sesso sicuro.
Chi sono i soggetti più a rischio con il valiolo delle scimmie?
I soggetti che rischiano di sviluppare una forma grave del vaiolo delle scimmie sono:
- operatori sanitari;
- lavoratori del sesso;
- donne in gravidanza;
- bambini;
- persone immunodepresse.
Esiste un vaccino contro il vaiolo delle scimmie?
Il 22 luglio 2022 l’EMA (European Medicines Agency) ha raccomandato “di estendere l’indicazione del vaccino contro il vaiolo Imvanex (di Bavarian Nordic A/S, ndr) per includere la protezione degli adulti dal vaiolo delle scimmie”. In Italia è già partita la somministrazione consigliata per alcune categorie.
Si tratta di un vaccino già noto, in quanto fu approvato dall’Unione Europea nel 2013 proprio contro il vaiolo. Secondo le informazioni divulgate dall’EMA, tale trattamento contiene “una forma attenuata (indebolita) del virus vaiolo chiamato ‘virus del vaccino Ankara modificato‘, che è correlato al virus del vaiolo”.
In pratica questo vaccino permette all’organismo di difendersi dall’infezione del virus, non causa malattie nell’uomo e non può replicarsi all’interno del nostro organismo. Il funzionamento è abbastanza semplice: una volta somministrato il vaccino, il nostro sistema immunitario riconosce il virus indebolito come patogeno esterno e produce degli anticorpi per contrastarlo.
Leggi anche: Prenotazione vaccino Covid, quarta dose: riguarda anche la disabilità?
Perché il vaiolo delle scimmie preoccupa in Europa?
Il 23 luglio 2022 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha stabilito che l’epidemia di vaiolo delle scimmie è “un’emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale“. Ma come mai si è arrivati a questa situazione?
Bisogna tenere in considerazione che la diffusione del vaiolo delle scimmie fuori i confini africani non è una novità, visto che un viaggiatore infettato proveniente dall’Africa occidentale o centrale poteva portare con sé il virus in Europa. A destare scalpore stavolta è il numero crescente di casi che si stanno diffondendo: come abbiamo spiegato qualche tempo fa, siamo pur sempre di fronte a un virus endemico localizzato in Africa, ed è raro che vengano registrati casi in paesi come l’Italia.
Secondo i dati diffusi dall’ECDC (Centro Europeo per la prevenzione e controllo delle malattie), al 21 luglio 2022 sono stati segnalati 8.697 casi in 27 paesi: Spagna (3.125), Germania (2.191), Francia (912), Paesi Bassi (712), Portogallo (515), Italia (374), Belgio (312), Austria (91), Svezia (77), Irlanda (69), Danimarca (48), Norvegia (46), Polonia (40), Ungheria (32), Slovenia (27), Grecia (20), Romania (19), Malta (17), Cechia (14), Lussemburgo (14), Finlandia (13), Islanda (9), Croazia (7), Estonia (4), Bulgaria (3), Lettonia (3) e Slovacchia (3). Segnalazioni sono arrivate anche dai Balcani occidentali: Serbia (5) e Bosnia ed Erzegovina (1).