Ti ricordi quando…

Come mi piacerebbe poter ricordare di più, avere sempre una parola da aggiungere ai racconti, eppure mi scordo un po’ di tutto, come degli eventi che sono stati divertenti, salienti e via dicendo. Semplicemente ad un certo punto non ci penso più e vanno a finire in chissà quale cassetto. C’è sempre una nuova avventura che mi aspetta e va in un certo senso a “schiacciare” quella appena passata.

Ho provato in molti modi: scrivendo quello che mi succede, per esempio, per poi trovarmi alla soglia dei trent’anni, con tanti libretti pieni di storie e altri vuoti da riempire, ma sempre meno tempo per farlo. E allora ho contato sulle fotografie, ma anche quelle, se non le stampi, finiscono negli hard-disk oppure vengono perse per sempre per un backup non aggiornato e via dicendo.

Come quel giorno di qualche anno fa, quando sapevo che il mio computer del 2012, con sistema Windows10, mi avrebbe lasciato da lì a poco, ma mi ostinavo a scaricare film e a salvare le mie fotografie e i documenti sul desktop. Finché, all’improvviso, una sera qualunque, lo schermo è diventato nero e non c’è stato più modo di riaccenderlo. Mi si è gelato il sangue.

Ho perso delle preziosissime fotografie del mio primo viaggio in Messico; soprattutto ho perso dieci anni di racconti, confessioni private, sfoghi di un diario elettronico mai salvato su chiavetta. Il tecnico, quando ha visto il mio mattone pieno di adesivi, cioè il mio portatile di allora, ha sospirato e mi ha parlato di una camera nera dove si possono recuperare i documenti, ma con una spesa di circa 1000 euro e una scarsa probabilità di poter recuperare meno del 10 per cento del disco rigido.

Io, che non sono mai stata un elefante dell’informatica, mi sono ripresa il mio cimelio resettato e son tornata a casa con la coda tra le gambe. Insomma, una specie di catarsi, non saprei come definirla quella sensazione.

Ho cercato nel mio disco memoriale reale, cioè il mio cervello, di ripercorrere tutti i momenti di cui avevo lasciato traccia su quei file; mi sono sforzata di mettere a fuoco i momenti in cui avevamo scattato le fotografie in cima alle piramidi di Teotihuacan e infine, mi sono rassegnata ad un oblio.

Poi, dopo alcune ore di abbattimento, ho cercato di convincermi che in realtà nulla è perduto, ma giace nella nostra memoria più profonda ed è parte di quello che siamo diventati. Però mannaggia, come vorrei avere di nuovo nero su bianco quelle emozioni fresche, di quando per esempio abbiamo deciso di sposarci in aeroporto e, tornata a casa ho scritto tre pagine tutte d’un fiato. In questo caso devo dire che quel momento è stampato indelebilmente nel mio cuore, quindi anche nel mio cervello. Forse che sia questa la chiave per ricordare?

Ma certo che sì. Però, ahimè, anche le cose più belle, a volte si dimenticano, perché siamo circondati da stimoli e in più gli anni passano e le esperienze si sommano. Finiscono molte prime volte e si è alla ricerca di nuove. E ancora e ancora, all’infinito.

E invece, che tipo di persone siete voi? Siete smemorati e avete dei ricordi di dettagli apparentemente inutili? Vi sorprendete anche voi quando vi raccontano alcuni aneddoti del vostro passato?

E poi, ci lavorate su? Avete trovato degli escamotage per ricordare ciò che conta o lasciate che la selezione naturale faccia il suo corso? Mangiate anche voi cibi sani e ottimali per la concentrazione (secondo “dio google”)?

Io ho capito che in fondo non posso farci granché, se non continuare ad avere uno stile di vita sano e dormire le mie 8-9 ore a notte; il cervello farà il possibile per stare al mio ritmo, con tutte le attività che faccio. Certo, rallentare può essere un aiuto a volte, quando si può. Oziare anche fa bene alla creatività, ma per un’iperattiva come me è molto dura riuscire a non far nulla.

Quello che vorrei, sicuramente, è essere ricordata dalle persone che amo, da viva prima che da morta! E visto che siamo ai primi mesi del nuovo anno, vi auguro un buon 2023. Che possiate riempirlo di ricordi preziosi!

Leggi anche: “Abili” e “disabili”, ma in base a che cosa?

Martina Caironi
La vita a 18 anni le ha fatto cambiare idea e prospettive in seguito all'amputazione della gamba sinistra. E’ diventata un’atleta paralimpica che ha scritto alcune delle più belle pagine dell’atletica leggera salendo, per l’Italia, sul gradino più alto del podio. E’ componente del consiglio internazionale degli atleti dell’IPC, ha girato il mondo, imparato lingue ma soprattutto è messaggera di positività ed inclusione. Per lei non si deve parlare di disabilità ma di abilità, di quello che le persone possono, devono fare, avendo ben presente gli obiettivi da raggiungere.

ARTICOLI CORRELATI