Il 1° gennaio 2023 in Italia il tetto del contante dovrebbe passare da 2mila euro a mille euro, invece che dal 1° gennaio del 2022 come deciso da un emendamento inserito da Lega e Forza Italia nel decreto Milleproroghe. Eppure questo cambiamento potrebbe non vedere mai la luce.
Di fatto il 26 ottobre 2022 il deputato della Lega Alberto Bagnai ha depositato un disegno di legge alla Camera per addirittura innalzare il tetto al contante a 10mila euro. Una notizia che ha creato svariate polemiche, in quanto i critici asseriscono che tale operazione agevolerebbe l’evasione fiscale.
Cos’è e come funziona il tetto al contante?
Il tetto sul contante è una misura attraverso la quale i governi fissano un limite entro cui è possibile effettuare transazioni con il denaro contante. In Italia il tetto sul contante esiste addirittura dai tempi della lira: nel 1991 infatti la limitazione era di 20 milioni di lire.
Nel corso del tempo però, il confine è progressivamente diminuito: nel 2008 era di 12.500 euro, nel 2010 di 5mila euro, nel 2011 di mille euro. Nel 2016 invece risalì a 3mila euro, ma nel 2020 scese nuovamente, stavolta a 2mila euro. Nel 2023 la soglia dovrebbe abbassarsi ulteriormente a mille euro, salvo che il Governo Meloni non decida di inserire la proposta della Lega all’interno della Legge di Bilancio 2023.
Nei giorni in cui il nuovo Governo ha ottenuto la fiducia in Senato infatti, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha confermato che l’intenzione della maggioranza è proseguire sulla strada tracciata dalla Lega: “Ci sono Paesi in cui il limite non c’è e l’evasione è bassissima, sono parole di Piercarlo Padoan, ministro dei governi Renzi e Gentiloni”.
La citazione a Padoan non è causale, visto che è stato ex ministro dell’Economia del Partito Democratico, che con il Governo Renzi aumentò il limite del tetto al contante a 3mila euro. Tuttavia lo stesso autorevole economista tornò sulla questione: “Ero contrario, dopo un po’ di tempo posso dirlo”.
E se ovviamente il vicepremier Matteo Salvini rilancia la proposta di legge, dall’opposizione infuriano toni contrari. Ad esempio il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte ha spiegato che aumentare il tetto al contante significa “premiare chi va in giro a fare pagamenti con 10mila euro di banconote in una valigetta”, mentre dal Terzo Polo Carlo Calenda la etichetta come una “stupidaggine”.
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Esiste una correlazione tra evasione fiscale e tetto al contante?
Non è la prima volta che il tetto al contante diventa un tema di carattere politico e sociale, principalmente per comprendere se effettivamente esista una relazione con l’evasione fiscale.
Uno degli organi che ha più volte richiamato tale relazione è l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, che in uno studio di qualche mese fa avrebbe dimostrato l’esistenza del “nesso di causalità fra movimentazione contante” e sommerso. Di fatto, nel 2016 l’economia sommersa sarebbe “cresciuta anche a seguito dell’innalzamento della soglia di uso del contante da 1.000 a 3.000 euro”. Per questo, lo studio asseriva che “le restrizioni all’uso del contante possono essere efficaci nel contrasto all’evasione fiscale”.
Più nel dettaglio, nel report si legge che “un aumento della quota di transazioni in contanti determina, a parità di condizioni, un incremento dell’incidenza dell’economia sommersa: un punto percentuale di utilizzo del contante comporta un aumento dell’incidenza della ‘shadow economy” fra lo 0,8 e l’1,8%“. Si tratta, come spiega Repubblica, di un dato da non trascurare, visto che “l’economia sommersa supera ormai i 200 miliardi pari al 12% del Pil, e l’evasione fiscale è appena scesa sotto i 100”.
Nell’ottobre 2021 anche la Banca Centrale Europea si era espressa a favore del tetto al contante, sebbene chiese all’Italia di “dimostrare che le limitazioni permettano, di fatto, di conseguire la dichiarata finalità pubblica della lotta all’evasione fiscale”. In quell’occasione però la stessa Bce aveva segnalato che il limite all’uso dei contanti può mettere in difficoltà chi non ha un conto corrente o altri strumenti elettronici deputati ai pagamenti.
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Quant’è il tetto al contante in Europa?
Molto spesso, quando si parla del tetto al contate, si citano diversi paesi europei che applicano o meno tale misura. In linea generale, sono meno le nazioni che usano questa strategia. Ecco i tetti al contante in Europa:
- Grecia: 500 euro;
- Francia: mille euro per i residenti, 15mila per i non residenti;
- Portogallo: mille euro;
- Spagna: 2.500 euro per i residenti, 15mila per i non residenti;
- Belgio: 3mila euro per le transizioni commerciali;
- Lituania: 3mila euro;
- Bulgaria: 5.100 euro, mentre per importi superiori tale limite serve una transizione bancaria;
- Romania: soglia giornaliera di 2.100 euro;
- Slovacchia: 5mila euro;
- Slovenia: 5mila euro;
- Lettonia: 7.200 euro;
- Malta: 10mila euro;
- Repubblica Ceca: 14mila euro;
- Polonia: 15mila euro;
- Croazia: 15mila euro.
Nei paesi come Austria, Finlandia, Ungheria, Estonia, Lussemburgo, Cipro e Irlanda non sono previsti limiti, così come in altre nazioni seppur con qualche specifica: in Germania un pagamento superiore a 10mila euro può avvenire solo esibendo un documento d’identità; in Danimarca gli esercenti possono accettare pagamenti in contanti fino a 2.500 euro; nei Paesi Bassi c’è l’obbligo di segnalare le transizioni superiori a 2mila euro; in Svezia un commerciante può rifiutare qualsiasi pagamento in contanti.
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