Dario D'Ambrosi ci parla di Radio Patologico: "La gente deve sentire che c'è un ragazzo disabile che trasmette emozioni molto forti"
Da Teatro a Radio Patologico il passo è breve, soprattutto se resisti a questo periodo di pandemia a colpi di storie coinvolgenti e intriganti. L’esperienza e la caparbietà del fondatore dell’associazione teatrale Dario D’Ambrosi e dei suoi attori con disabilità psichica non sono state messe in ginocchio nemmeno dal Covid.
Da una settimana infatti la compagnia ha dato vita a un’iniziativa online per trasmettere le emozioni del proprio team e non solo. E visto che domani, 13 febbraio, sarà la Giornata Mondiale della Radio, abbiamo contattato D’Ambrosi per farci raccontare questo nuovo progetto.
“Radio Patologico nasce da un’esigenza assolutamente importante e quasi d’urgenza. I ragazzi non potevano più incontrarsi e lavorare nella teatro-terapia, per questo la radio può essere un mezzo in grado di arrivare nelle case di chiunque: non fa sentire uniti solo loro, ma soprattutto le persone che non conoscono il lavoro del Teatro Patologico, ascoltando appunto le storie, i viaggi e le sensazioni dei nostri attori.”
“L’idea è mantenere l’originalità del servizio radiofonico, con i difetti, le sporcature linguistiche e le mancanze dei ragazzi. Vorrei che fosse proprio questa l’originalità di Radio Patologico: la gente deve sentire che dall’altra parte c’è un ragazzo disabile che, con tutta la sua forza, energia e volontà, sta cercando di trasmetterti delle emozioni molto forti.”
Ascolta “Il mio primo giorno di teatro” su Spreaker.“Con molto interesse e molta eccitazione. Mi è venuta l’idea di Radio Patologico anche perché, durante la pause dagli esercizi terapeutici che noi facciamo nei laboratori teatrali, i ragazzi mi raccontavano delle storie. Ho sempre pensato che non dovessi essere l’unico ad ascoltarle, sono aneddoti incredibili, unici e originali. Così ho pensato alla radio, ma devo dire che per loro è un mezzo molto simile al teatro: non c’è molta differenza tra esprimersi su un palcoscenico o davanti a un microfono. L’emozione passa in un modo straordinario.”
“È stato abbastanza violento, e la parola ‘violenza’ è a dir poco tranquilla, in quanto ogni giorno c’era un genitore che chiamava perché il figlio aveva spaccato i vetri di casa con la testa, oppure era era scappato e viveva in mezzo ai cartoni della spazzatura. C’era chi invece preparava la borsa per venire in Teatro ma non ci arrivava mai. È stato un momento molto difficile, nonostante noi siamo riusciti a riprendere i lavori dopo marzo con il film documentario ‘Odissea’ di Domenico Iannacone. Questo ci ha salvato un pochettino, altrimenti secondo me sarebbe stata una tragedia di livelli rischiosi, da suicidio o qualcosa del genere.”
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Ascolta “Le emozioni” su Spreaker.“Le stesse tutele degli attori professionisti. Le persone che lavorano con me hanno avuto la fortuna di recitare in palcoscenici del calibro del Cafè La MaMa e del Palazzo di Vetro dell’ONU a New York, e persino nel vecchio e antico il Wilton Theatre di Londra. Hanno fatto esperienze assolutamente straordinarie, la gente vedendoli non si rendevano conto che fossero disabili. È giusto che abbiano una tutela uguale a tutti gli altri, soltanto che, secondo il mio punto di vista, devono avere la possibilità di lavorare negli esercizi di teatro-terapia: non tanto per l’impostazione del personaggio, quanto per la loro fisicità e per la loro patologia.”
“È molto semplice: noi diamo parola ai ragazzi e ogni tanto invitiamo qualche attore famoso, come Claudia Gerini, Paola Cortellesi e Marco Bocci, per fare dei confronti su come il ragazzo disabile e ‘l’attore professionista’ vivono il palcoscenico. Il filo conduttore è l’emozione che ti dà il teatro.”
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Ascolta “"Le cinque rose di Jennifer"” su Spreaker.Ultima modifica: 11/02/2021