Il tema dell’occupazione dei parcheggi riservati alle persone con disabilità è sempre all’ordine del giorno nella società italiana. Un argomento che, purtroppo, ha caratteri mainstream secolari, e che poggia le basi sulla violazione di diritti ed equità. Negli ultimi tempi, la lotta ai furbetti dei parcheggi riservati ha assunto toni ancora più eclatanti, tra iniziative personali e gesti istituzionali a dir poco opinabili.
Sì, il nostro discorso stavolta è prettamente indicato alle persone normodotate che, con le scuse più banali, occupano i parcheggi riservati delle persone con disabilità. Si tratta di un tema che li riguarda, come dicevamo prima, non solo per garantire il rispetto dei diritti, ma anche per riconoscere che, per includere la Disabilità Positiva nella società, occorre un cambiamento culturale. Tale evoluzione richiede, dunque, un impegno collettivo al rispetto delle individualità altrui come persone fisiche dotate di diritti umani. Insomma, appropriarsi dei parcheggi riservati è un’operazione squallida che potrebbe essere tranquillamente evitata. E bloccare tale tendenza renderebbe giustizia a quell’inclusione sociale che tanto è professata, ma poco garantita.
Molte volte, quando pensiamo alla Disabilità Positiva, riflettiamo semplicemente su storie o avvenimenti di persone disabili che ne abbiano risaltato i canoni. Tuttavia, la sua accezione ha svariate forme, e riguarda anche individui che, magari, con la disabilità, nella propria sfera personale, non hanno mai avuto contatti. Cosa possono fare, dunque? Migliorare il proprio atteggiamento nei confronti della diversità, soprattutto se siamo di fronte a individui che commettono più di una volta nefandezze come rubare i parcheggi riservati. Se si vuole cambiare la cultura, bisogna cambiare la collettività. Se si vuole che la Disabilità Positiva diventi una parte integrante della collettività, bisogna cambiare la cultura. Un circolo che riguarda ognuno dei nostri atteggiamenti nei confronti del prossimo, nessuno è escluso.