La SMAgliante ADA è un fumetto per bambini pensato contro il pietismo e con l’obiettivo di raccontare la storia di una persona, prima ancora della sua diversità. Dietro a questo progetto (di cui è uscito il secondo capitolo nel 2021) ci sono Roche Italia, Famiglie SMA e i centri clinici NeMO, il cui fumetto narra le vicende di una cagnolina con atrofia muscolare spinale in procinto di frequentare la scuola media.
Grazie al racconto della sua quotidianità, Ada ci mostra le relazioni con gli amici, le dinamiche di famiglia, le emozioni e le paure di affrontare una nuova dimensione scolastica. Il tutto condito da svariati temi, come:
- le barriere architettoniche e il rapporto con i bambini della stessa età a scuola;
- la famiglia ma soprattutto il rapporto con in fratelli “sani”;
- la paura dell’ospedale e delle cure;
- il senso di libertà che l’acqua (la piscina) dà loro perché li libera dalla gravità;
- i pregiudizi che loro stessi possono avere nei confronti di altri bimbi “diversi”, dandogli modo di scoprire come la diversità ha una sua bellezza.
L’iniziativa è caratterizzata da 5 storie di fantasia, attraverso le quali percorreremo le avventure di Ada, a partire dal suo vissuto più intimo, la parte educational di carattere scientifico, con la quale scopriamo cos’è la SMA, e il contest digitale di cui ancora non ci sono informazioni dettagliate. Abbiamo contattato alcune delle persone che hanno lavorato alla realizzazione della SMAgliante ADA.
SMAgliante Ada, il direttore artistico: “È rivolto a tutti”
Uno dei protagonisti de La SMAgliante ADA è Danilo Deninotti, che, assieme all’aiuto di Giuliano Cangiano, ha realizzato e coordinato un team artistico per dare vita alle storie di questa cagnolina. “Roche voleva raccontare la SMA, una condizione che colpisce molto bambini, a un pubblico di ragazzi e adolescenti, parlando fortemente di inclusione – ci spiega il direttore artistico al telefono -. Quando parli di diversità, entri sempre in un territorio molto scivoloso: dovevamo far conoscere questa patologia e, nello stesso tempo, parlare anche di inclusione in linea generale”.
Per raggiungere questo obiettivo, “abbiamo preso un personaggio, abbiamo raccontato le avventure di tutti i giorni e questa sua ‘unicità’ come fosse una sua caratteristica, una cosa in più. La patologia non viene mai nominata, se non nelle storie educational. Le vicende autoconclusive invece puntano al racconto della storia di una ragazzina come tutte le altre”.
Anche perché “Ada è un personaggio ispiratore per gli altri ragazzini, in quanto affronta le proprie paure e va avanti. L’idea era non far percepire questa diversità: o meglio, c’è un elemento di diversità, la carrozzina, ma non deve catturare tutta la nostra attenzione”.
Anche perché affrontare il tema della diversità è sempre “scivoloso” e, per questo motivo, Deninotti racconta che vi sono stati numerosi “passaggi interni” prima dell’approvazione finale: “Siamo andati nei centri clinici NeMO, avevamo una controparte che ci verificava e ci approvava parti dell’opera. Anche perché volevamo rappresentare le famiglie che vivono con questa problematica. Ci aspettiamo che sia tecnicamente un bel prodotto che racconti la SMA in modo ‘diverso’. Secondo me, ce l’abbiamo fatta. I feedback sono ottimi”.
E c’è unicità nell’unicità, in quanto si tratta di un fumetto indirizzato a un pubblico vasto, visto anche che è stato diffuso all’interno delle scuole. “L’idea è farlo arrivare a tutti – conclude Deninotti -. Far conoscere tale condizione a un pubblico più ampio in maniera diversa. È assolutamente rivolto a tutti, non solo a chi ha una disabilità”.
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SMAgliante ADA, uno degli sceneggiatori: “Volevamo rendere giustizia alla tematica”
Un altro nome importante all’interno del progetto è di Roberto Gagnor (che abbiamo imparato a conoscere in occasione del suo papero disabile Ray per Topolino Magazine). Insieme a lui sono stati chiamati tanti altri sceneggiatori di un certo spessore, come Giorgio Salati, Mattia Surroz, Gianfranco Florio, Luca Usai ed Emanuele Virzì.
“Per me la SMAglianta ADA è stata una bella idea – ci dice Gagnor al telefono -. Potevamo raccontare qualcosa di diverso in maniera diversa, e a modo nostro. Abbiamo passato una giornata nei centri clinici NeMO per conoscere famiglie e bambini, ed è stata una cosa emozionante: siamo entrati a contatto con un mondo diverso rispetto a quello che siamo abituati a raccontare. Personalmente, mi sono occupato di realizzare 2 storie”.
L’incontro con le persone che vivono ogni giorno la SMA ha permesso a Gagnor di consapevolizzare” la loro voglia di vivere e di fare cose. Prima non conoscevo nulla sulla SMA, ho dovuto studiare perché volevo essere rispettoso e non banalizzante, volevo rendere giustizia al tema”.
Ricordandosi però di non prendersi troppo sul serio. “Devi anche sdrammatizzare un po’ – ci spiega lo sceneggiatore -. Una delle mie storie, ad esempio, inizia con la preoccupazione dei genitori di ADA, terrorizzati perché devono partecipare anche loro alla visita scolastica: ho voluto creare una gag su questa cosa qua. Volevo portare il mio contributo di ironia e divertimento”.
La bellezza di Ada, secondo Gagnor, sta nel fatto che “nonostante ci siano problemi, lei non li vive come tali ma come delle opportunità. Il difficile quindi è stato rendere giustizia a questa realtà affrontandola con ironia”.
In funzione di ciò, è importante non mettere troppo l’accento sulla diversità, ma devi darla per scontato perché in Ada “devi dare attenzione a quello che c’è di unico e forte. Ada racconta un’unicità che va oltre la diversità. Sappiamo che c’è la malattia, ma ciò che è importante è che si vive una vita. In una sequenza, Ada racconta la propria vita come fosse un musical e ci mostra che la sua unicità sta nell’andare avanti ogni giorno, prendere e fare tutto quello che può, far vedere che c’è, che esiste”.
C’è sempre però il rischio di cascare nel pietismo forzato: “Tra i tanti argomenti affrontati con Ada c’è anche il pietismo, ma è una pieta che poi diventa fine a se stessa. Usare termini come ‘poverini’ non dà più la possibilità di considerare gli esseri umani con le proprie idiosincrasie o la loro bellezza. Bisogna scrivere i personaggi con gli spigoli, come le persone vere, che di spigoli ne sono pieni. Se li togliamo, abbiamo un’unica rappresentazione di pietà e marchettismo. Ma noi dobbiamo raccontare le persone”.
E il mondo del fumetto sta andando nella giusta direzione, anche perché “ha sempre avuto la possibilità di spaziare. Il problema è che non ha mai goduto di una legittimazione culturale che ora possiede, anche se ha dovuto chiamarsi graphic novel e costare di più. Adesso è importante raccontare l’unicità per evitare il solito racconto pietistico. Devi raccontare l’umanità di queste persone”.
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