Come raccomandato dalle linee guida, lo screening per la Sindrome di Down è disponibile per tutte le donne in stato interessante, indipendentemente dall’età. Solitamente si usa la combinazione di più test diversi così da aumentarne l’affidabilità dei risultati mantenendo un basso tasso di falsi positivi.
Triplo test
Oltre agli esami del sangue di routine, che dovranno essere ripetuti ad intervalli regolari, la scienza ha oggi a disposizione numerosi strumenti per caratterizzare al meglio il rischio di avere un figlio down: il triplo test è uno di questi.
Questo esame consiste nel prelievo di un campione di sangue venoso e nel successivo dosaggio di alcuni marker presenti nel siero, con lo scopo di identificare il rischio di eventuali anomalie cromosomiche a carico del feto. Nello specifico, i marker biochimici che vengono analizzati sono:
- l’alfa-fetoproteina;
- la gonadotropina corionica umana (Beta hCG);
- l’estriolo non coniugato.
Il tri-test consiste in un semplice prelievo di sangue materno, per il quale non è necessario il digiuno. L’esame si svolge durante il secondo trimestre di gravidanza, in genere tra la quindicesima e la ventesima settimana di gestazione.
Esiste inoltre un ulteriore marker sierico, l’inibina A, la cui valutazione può migliorare ancor più l’affidabilità dei risultati; si parla in questo caso di quad test.
Il rischio di dare alla luce un bimbo affetto da anomalie cromosomiche varia a seconda di fattori diversi, quali l’età ed altre caratteristiche della madre (diabete, fumo, peso, razza, ecc.), ma in genere viene considerato significativo quando la donna presenta livelli ematici elevati di inibina A e di Beta hCG, associati ad una riduzione di quelli di estriolo ed alfa-fetoproteina. Se tale rischio risulta maggiore dello 0,4% (valore soglia) è consigliabile eseguire un’amniocentesi in grado di confermare o smentire tale sospetto.
Amniocentesi e villocentesi
Quando ancora il tri-test non era affermato, per la diagnosi prenatale della Sindrome di Down si ricorreva ad un’indagine che ancora oggi viene effettuata ma che non è priva di rischi.
L’amniocentesi è infatti una procedura che consiste nel prelievo di un campione di liquido amniotico attraverso un sottile ago inserito in utero attraverso l’addome della madre.
Visto il rischio di aborto, seppur minimo, che tale esame comporta, esso viene eseguito generalmente dopo la quindicesima settimana di gestazione e rigorosamente sotto controllo ecografico.
La villocentesi è un altro esame piuttosto invasivo che viene eseguito tra la nona e la quattordicesima settimana di gestazione. Consiste nel prelevare un campione di sangue ombelicale per via percutanea ed il rischio di aborto ad esso associato è superiore ad altre tecniche diagnostiche.
Seppur invasivi questi esami presentano un’accuratezza diagnostica prossima al 99%, ed è per questo che vi si ricorre nel caso in cui il triple test o il quad test evidenzino un rischio elevato che il feto sia portatore di Trisomia 21.
Duo test
Il duo test è un test di screening che viene effettuato tra l’undicesima e la quattordicesima settimana e che consiste nella valutazione di due proteine placentari attraverso un prelievo di sangue materno: la Beta hCG (una frazione della gonadotropina corionica umana) e la PAPP-A (proteina plasmatica A associata alla gravidanza).
In caso di Trisomia 21, durante il primo trimestre di gravidanza si osserva un livello di PAPP-A inferiore alla norma associato un aumento della Beta hCG: alla diminuzione della PAPP-A consegue un aumento della Beta hCG e quindi un maggior rischio che il feto presenti un’anomalia cromosomica.
Secondo gli studi più recenti il test di screening più attendibile sarebbe proprio il duo test, seguito poi dalla translucenza nucale.
Translucenza nucale
La translucenza nucale non è altro che un’indagine ecografica eseguita tra l’undicesima e la quattordicesima settimana in grado di fornire informazioni utili sulla salute del feto: infatti oltre ad indicare un rischio aumentato di Trisomia 21 e di altre alterazioni cromosomiche più rare come la trisomia 18, permette anche di verificare che il feto presenti o meno malformazioni a carico dello scheletro e del cuore.
L’esame va a valutare quella che è definita per l’appunto translucenza nucale, un naturale ispessimento retronucale che si presenta nel feto e che è dovuto all’accumulo di liquido nella zona. E’ stato dimostrato che tanto più tale ispessimento è significativo, tanto più aumenta il rischio che il bambino presenti anomalie quali la Sindrome di Down.
Trattandosi di un’ecografia, esame in cui l’utero viene sottoposto a particolari onde sonore impercettibili all’orecchio umano (i cosiddetti ultrasuoni), la translucenza nucale è un’indagine del tutto priva di rischi sia per la madre che per il bambino.
Test combinato
Il test combinato si esegue nel primo trimestre di gravidanza, in genere tra l’undicesima e la tredicesima settimana, e deve il suo nome all’uso di una tecnica combinata. Se da un lato quindi viene valutata la translucenza nucale, dall’altro viene eseguito il dosaggio della PAPP-A e della Beta hCG.
Entrambi i test non comportano alcun rischio né per la madre né per il feto; per effettuare il dosaggio dei marker viene effettuato un semplice prelievo di sangue venoso materno, prima del quale non è necessario ricorrere al digiuno.
Il test combinato non è un tipo di indagine che consente di fare diagnosi, ma esprime piuttosto una probabilità che il feto sia portatore di un’alterazione cromosomica come la Sindrome di Down o la Trisomia 18.