La sindrome di Pfeiffer è una malattia genetica trasmessa con eredità dominante che comporta malformazioni cranio-facciali associate a anomalie degli arti (in particolare pollici e alluci) e complicazioni neurologiche. Esistono tre forme di tale patologia che si differenziano in base al fenotipo.
È una malattia genetica rara di cui soffre un neonato ogni 100mila e la causa riguarda la mutazione dei geni FGFR1 e FGFR2, deputati alla fusione delle suture craniche e allo sviluppo delle dita di mani e piedi.
Quali sono i sintomi della Sindrome di Pfeiffer
Le malformazioni tipiche della Sindrome di Pfeiffer comportano una serie di disturbi nel soggetto che ne è affetto come la difficoltà nella masticazione, alterazioni a carico di vista, linguaggio e udito, anomalie nello sviluppo dell’encefalo e delle ossa della faccia. Come accennato sopra, esistono tre differenti forme della Sindrome di Pfeiffer:
- La Sindrome di Pfeiffer classica Tipo 1 presenta sintomi sfumati. Si possono osservare uno sviluppo incompleto o ridotto del viso e malformazioni del cranio e delle dita delle mani e dei piedi. Questi pazienti hanno intelligenza normale e di solito è possibile effettuare una buona prognosi;
- I soggetti affetti dal Tipo 2, invece, hanno il cosiddetto “cranio a trifoglio” e soffrono della forma più grave della malattia. Sintomi aggiuntivi rispetto a quelli già citati sono l’esoftalmo (ovvero la sporgenza del bulbo oculare), la rigidità dei gomiti, il ritardo dello sviluppo e le complicazioni neurologiche;
- Il Tipo 3 assomiglia al tipo 2 ma non presenta la forma a trifoglio del cranio.
Diagnosi: quando si scopre la sindrome di Pfeiffer?
L’unico metodo per diagnosticare la Sindrome di Pfeiffer è un’ecografia morfologica durante la gravidanza, che permette di individuare fin da subito eventuali malformazioni del cranio e degli arti.
Le anomalie della forma della testa suggeriscono la presenza di craniostenosi, anche se le linee di sutura sono viste difficilmente dall’ecografia standard a due dimensioni. Studi precedenti hanno dimostrato che le suture aperte possono essere viste molto più chiaramente usando l’ecografia tridimensionale piuttosto che bidimensionale.
All’ecografia vanno aggiunte poi le analisi molecolari: attraverso il sequenziamento del DNA è possibile identificare mutazioni specifiche della sindrome. Il test genetico è importante per confermare la diagnosi.
Leggi anche: La craniosinostosi non è la craniostenosi
Cura per la Sindrome di Pfeiffer
Al momento le uniche terapie disponibili aiutano a controllare i sintomi della malattia, dunque non si guarisce dalla Sindrome di Pfeiffer. Il tipo 1 comprende i casi meno severi, che l’intervento chirurgico può risolvere facilmente, e quindi i pazienti avranno una vita come una persona sana. I tipi 2 e 3, purtroppo, sono i casi più gravi della Sindrome di Pfeiffer, ed i bambini affetti da queste forme tendono ad avere una aspettativa di vita ridotta, e la prognosi molto spesso è infausta.
Durante le cure, vengono coinvolti diversi specialisti, dal chirurgo plastico che deciderà di volta in volta gli interventi da svolgere, al pediatra, logopedista e psicologo che, invece, si occuperanno di accompagnare il paziente durante le fasi complicate della malattia. Il trattamento comprende la correzione chirurgica della craniostenosi in tempi successivi. È indicato un intervento ricostruttivo per ridurre l’esoftalmo e l’ipoplasia della parte del viso interessata da malformazioni. Resta opportuno comunque affidarsi sempre a uno specialistica medico prima di prendere qualsiasi decisione.
Leggi anche: Giulio Deangeli: “Le mie 4 lauree contro le malattie neurodegenerative”