Burnout (o burn-out) è un termine anglosassone e il significato è da ricercare nella traduzione: “to burn out”, cioè “bruciarsi” oppure “esaurirsi”. Da questa definizione possiamo già intuire che la Sindrome di Burnout riguarda principalmente l’esaurimento emotivo, mentale e fisico della persona – che viene associato al contesto lavorativo, e non deve essere confuso con ansia, depressione o disturbi specifici presenti in altri ambienti.
Noto anche come stress da lavoro o stress lavorativo, la Sindrome da Burnout (trascrizione corretta rispetto a Sindrome di Bornout) può determinare svogliatezza, delusione e demotivazione per la propria quotidianità, determinato da un completo disinteresse per le mansioni da eseguire. L’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha riconosciuta come malattia (inserendola nell’undicesima International Classification of Diseases), in quanto è presente uno stress cronico che può minare la qualità di vita di una persona.
Espressioni come “essere in Burnout” o “andare in Burnout” sono diventate quasi di uso comune nel 2020, a causa della scoppio della pandemia da Covid, una condizione globale che ha modificato profondamente le nostre abitudini quotidiane.
Quali sono i sintomi della Sindrome da Bornout e come si manifesta?
L’esaurimento da lavoro nasce e si sviluppa nel momento in cui la persona è esposta eccessivamente a eventi stressanti sul proprio luogo di lavoro, come a un carico di lavoro eccessivo. Si trattano di eventi che possono protrarsi nel lungo periodo, e che possiamo riconoscere all’inizio con spossatezza e irritabilità per poi raggiungere l’abbattimento psicofisico.
Nella maggior parte dei casi, i sintomi non sono osservati e gestiti con adeguata attenzione, anche perché uno stress emotivo cronico caratterizza diverse condizioni simili al Burnout, come la depressione: sensazione di perdita del significato della propria mansione lavorativa, ridotta produttività, tendenza a considerare le persone come oggetti sono solo alcuni dei segni che possono essere confusi con altre situazioni.
A lungo andare la Sindrome da Burnout può determinare isolamento progressivo dal mondo del lavoro e aumento considerevole della sensazione di negatività. In aggiunta, l’evoluzione di tale condizione porta alla depressione stessa e agli stati d’ansia e di panico. Perciò possiamo riconoscere:
- Sintomi psichici:
- sensazione di sfinimento;
- distacco mentale;
- cinismo;
- poca soddisfazione sul lavoro;
- calo dell’efficienza lavorativa;
- elevata sensibilità a stress e delusioni;
- depressione;
- mancanza di interesse in ciò che si fa;
- alienazione;
- mancanza di iniziativa;
- costante sensazione di soffocamento;
- calo della fiducia in se stessi.
- Sintomi fisici:
- stanchezza e spossatezza;
- cefalea;
- aggressività;
- inappetenza;
- gravi difficoltà a superare malattie banali come il raffreddore;
- sintomi respiratori;
- difficoltà a dormire o a prendere sonno (disturbi del sonno);
- mal di testa;
- disturbi gastrointestinali;
- tachicardia.
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Cosa causa la Sindrome da Burnout?
Il Born-out è un processo multifattoriale che dipende da individuo a individuo. Sostanzialmente non esistono cause universali che determinano l’insorgenza della sindrome, ma condizioni che, in base al vissuto della persona, possono farla apparire.
Per fare un esempio, da una parte abbiamo le condizioni individuali, dall’altra quelle di tipo organizzativo, che inglobano diversi fattori di crisi. A livello individuale ci possono essere svariati elementi che contribuiscono all’insorgenza della malattia:
- età: in questo caso esistono opinioni contrastanti. C’è chi pensa che insorga principalmente in età avanzata, e chi invece crede sia più frequente nei giovani;
- stato civile: persone senza una persona fissa accanto nella propria vita;
- differenza di genere: le donne sono più colpite degli uomini;
- personalità: il Burnout potrebbe apparire più facilmente in una persona con forte abnegazione al lavoro, che spesso sostituisce con la vita sociale e che si pone obiettivi fortemente irrealistici attraverso motivazioni elevate.
A livello organizzativo invece si guarda all’ambiente di lavoro in sé e alle sue mansioni:
- richieste di lavoro eccessivo;
- scarso controllo delle proprie mansioni;
- lavoro autonomo scarsamente ricompensato;
- conflitti con colleghi;
- difficoltà a dire “No”;
- maggiori responsabilità che non riguardano il ruolo specifico della persona;
- alti rischi connessi alla professione;
- problemi di lavoro in team;
- organizzazione del lavoro incoerente;
- mancato riconoscimento;
- ingiustizia e assenza di equità;
- mobbing e molestie.
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Sindrome da Burnout: chi colpisce?
In linea generale, le categorie lavorative più colpite riguardano le professioni stanitarie e assistenziali, che hanno come obiettivo la salvaguardia delle persone e la gestione delle crisi: medici, infermieri, poliziotti, vigili del fuoco, assistenti sociali, caregiver.
A delinearci il quadro della situazione è “Stress e burnout ai tempi del Covid 19“, un articolo firmato da un gruppo di psicologici e pubblicato su JAMD, un periodico di approfondimento scientifico, di formazione e sui modelli assistenziali che ha sottolineato come l’attualità imponga di “mettere in atto politiche di prevenzione della salute mentale di coloro ai quali è affidata l’erogazione dell’assistenza”.
“L’attuale emergenza sanitaria – si legge ancora – ha fatto si che gli operatori sanitari siano diventati tra le categorie professionali più esposte allo stress lavorativo tanto che la rivista Lancet ha recentemente sottolineato l’importanza di realizzare interventi in grado di tutelare il benessere psicofisico di tale fascia della popolazione”.
Nello stesso articolo si parla di “Work Engagement (WE)”, inteso come “condizione psicologica associata al lavoro, caratterizzata da vigore, dedizione, e coinvolgimento”, che ha rappresentato “la modalità predominante per la maggior parte delle equipe sanitarie”. In soldoni, questo termine si riferisce alla “risultanza della compartecipazione emotiva durante il lavoro che favorisce la percezione di sentirsi in marcia, quindi il non volersi fermare e lavorare non solo per il risultato e la responsabilità, ma anche per il piacere di quello che si sta facendo”. Secondo il pezzo, “tale stato deve essere garantito e mantenuto, al fine di prevenire il burn out”.
Ovviamente, la Sindrome da Burnout può colpire indipendentemente dal tipo di lavoro, come chi è schiacciato da numerosi impegni che si dividono tra lavoro e famiglia oppure le maggiori responsabilità.
In aggiunta, un’indagine di guidapsicologi.it ha individuato nei millenials la fascia d’età più colpita dallo stress da lavoro (39,54%). Seguono la Generazione X (25,62%), i baby boomers (15,32%) e la Generazione Z (7,53%).
Esisterebbero però profili psicologici più precisi che evidenzierebbero le persone più a rischio di Burnout. Ne parla la life coach Selina Barker nel libro “Burnt Out: The Exhausted Person’s Six-Step Guide to Thriving in a Fast-Paced World”, all’interno del quale evidenzia ben 4 tipologie di personalità esposte a tale sindrome:
- il martire (“overgiver”): non rifiuta alcuna mansione ed è sempre pronto ad aiutare tutti. Può comportare un burnout emotivo.
- lo stakanovista (“overdoer”): persone con tante risorse ed energie, pieno di responsabilità e con una lista infinita di mansioni da fare. Può comportare un bornout fisico.
- l’ambizioso (“overachiever”): leader in grado di raggiungere obiettivi di ogni tipo, ma la sua determinazione può diventare un ossessione. Può comportare un bornout nervoso.
- il rimuginatore (“overthinker”): persone tendente troppo al perfezionismo. Può comportare un bornout mentale.
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Come uscire dalla Sindrome da Burnout e a chi rivolgersi?
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha fornito ai medici tutte le istruzioni per diagnosticare la Sindrome da Burnout, così da non confonderla con altre patologie simili e scegliere la migliore strada per la terapia.
Lo stress da lavoro non è autodiagnosticabile e non è relazionata a una semplice sensazione di stanchezza lavorativa. Tuttavia, ci sono delle azioni che possiamo compiere nel quotidiano per contrastare l’avanzamento della patologia: soddisfare i propri bisogni, esercizi per rilassarsi, stile di vita sano, porre dei limiti, ridurre aspettative e ritrovare un equilibrio tra lavoro e vita privata.
Un primo step è parlare con qualcuno dei propri problemi o confrontarsi con un amico. Importante, poi, è prendersi del tempo per sé al fine di recuperare le energie: non solo una vacanza, ma anche un’attività fisica quotidiana portata avanti nel tempo. Infine, un suggerimento per sentirsi meno sopraffatti dalle questioni lavorative è realizzare una lista con tutte le proprie mansioni, così da migliorare l’organizzazione del proprio lavoro.
Ovviamente non bastano queste semplici azioni o eseguire dei test online per affrontare il burnout, ma è necessario rivolgersi a uno specialista che, in base alle esigenze del singolo individuo, saprà realizzare un percorso di cura e crescita personale che farà vedere la luce in fondo al tunnel. In questo senso, anche i tempi di recupero possono variare in base alla persona e alla cura seguita.
Test Maslach Burnout Inventory
Il modello Maslach o MBI viene utilizzato in psicologia per valutare il livello di burn-out in una persona. Si tratta di un questionario composto da 22 domande con 6 riposte ciascuna. Fu sviluppato nel 1981 da Christina Maslach e Susan Jackson per le professioni sanitarie, ma successivamente fu esteso anche a quelle professionalità che richiedono un costante contatto con il pubblico. Il test indaga su esaurimento emotivo, depersonalizzazione e ridotta realizzazione personale.
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