La Fibrodisplasia Ossificante Progressiva (FOP), nota anche con il nome di Miosite Ossificante Congenita, Malattia di Münchmeyer, o Sindrome dell’Uomo di Pietra, è una malattia genetica molto rara (si stima che ne esistano 600-700 casi in tutto il mondo) del tessuto connettivo caratterizzata da un anomalo sviluppo di ossa in aree del corpo in cui in genere non sono presenti, ed in particolare nei tendini, nei legamenti e nel tessuto muscolare.
Le cause
La patologia è scatenata da un’alterazione del recettore di una proteina implicata nei processi di ossificazione che, in risposta a determinati stimoli come un trauma, un’infezione o una lesione, trasforma muscoli, tendini e legamenti in ossa. Si trasmette con modalità autosomica dominante (se un genitore ha la FOP, la probabilità che ciascuno dei figli la erediti è del 50%) e nella maggior parte dei casi si manifesta in modo sporadico (senza che siano coinvolti altri familiari). Per le donne affette da fibrodisplasia la gravidanza è possibile ma con rischi potenzialmente letali sia per se stessa che per il bambino.
I sintomi della Sindrome dell’Uomo di Pietra
I bambini colpiti da Sindrome dell’Uomo di Pietra hanno un aspetto del tutto normale alla nascita: l’unica manifestazione della malattia è la deformazione congenita degli alluci. A partire dai vent’anni si sviluppano a livello di collo, dorso e spalle dei noduli fibrosi che in seguito, attraverso un processo biochimico che prende il nome di ossificazione eterotopica, diventano ossa. Con il tempo la malattia progredisce coinvolgendo tronco ed arti e rimpiazzando i muscoli sani con frammenti di ossa che limitano in modo importante la mobilità delle articolazioni. Dopo i 30 anni in genere chi soffre di questa malattia non riesce più a camminare ed è costretto su una sedia a rotelle.
L’esordio della Sindrome dell’Uomo di Pietra è caratterizzato dalla comparsa di tumefazioni la cui localizzazione preferenziale è il collo (sono colpite anche spalle, dorso, bacino e radici degli arti) accompagnate da febbre e, in alcuni casi, dolore. La presenza di focolai ossei a livello dei muscoli respiratori ne limita progressivamente la funzione, con il rischio che si instauri un’insufficienza respiratoria la quale a sua volta può condurre a morte.
Le ossa “in eccesso” si formano nello stesso in modo in cui si genera un osso dopo una frattura, ma la caratteristica più drammatica della malattia consiste nel fatto che qualsiasi tentativo di estrarre il nuovo osso ne comporta la formazione di uno nuovo ancora più robusto. Per questo motivo qualsiasi tipo di intervento, sia di natura chirurgica che diagnostica (come può essere una biopsia) invece di essere risolutivo non fa altro che peggiorare la situazione.
La diagnosi
La diagnosi della FOP si basa sull’esame clinico:
- le radiografie possono evidenziare le anomalie minori degli alluci e la presenza di ossificazione eterotopica (cioè diversa da quella normale);
- i test genetici consentono di confermare la diagnosi.
La diagnosi differenziale si pone con:
- l’eteroplasia ossea progressiva;
- l’osteosarcoma;
- il linfedema;
- il sarcoma dei tessuti molli;
- la fibromatosi aggressiva giovanile;
- l’ossificazione eterotopica non ereditaria (acquisita).
Non sono disponibili test prenatali che consentano una diagnosi precoce.
Terapia e prevenzione della FOP
La prevenzione della Sindrome dell’Uomo di Pietra consiste essenzialmente nel ridurre i possibili traumi che possono portare la malattia a manifestarsi in modo particolarmente virulento, nell’impedire il declino respiratorio (attraverso l’uso della spirometria incentivante) e le infezioni virali. Il trattamento della FOP è volto a ridurre i traumi ed il dolore mediante l’assunzione di FANS e di corticosteroidi. Il cortisone, che viene somministrato nella fase più acuta, è in grado di contrastare e talvolta fermare per un lasso di tempo variabile lan formazione ossea, senza tuttavia bloccarla definitivamente.L’utilizzo di difosfonati per inibire la crescita ossea è controverso.
La rimozione del tessuto osseo anomalo mediante intervento chirurgico in alcuni casi è possibile ma secondo gli esperti l’incidenza di recidive risulta essere molto alta.
Negli USA è stato messo appunto un farmaco, sperimentato con successo sugli animali, che a breve potrebbe essere testato anche sugli uomini.
Speranze dai fondali oceanici…e non solo
Grazie ad alcuni studi condotti dal Prof. Zasloff dell’Università della Pennsylvania, è stata scoperta una proteina che potrebbe avere un ruolo determinante. Dove? Nel pescecane. Lo scheletro degli squali infatti è costituito esclusivamente da cartilagine e delle ossa non vi è alcuna traccia. Questa condizione è la diretta conseguenza di una scarsa irrorazione sanguigna che impedisce alla cartilagine di diventare osso e che a sua volta è dovuta alla presenza, nel fegato di questo famelico predatore, di una proteina capace di bloccare lo sviluppo dei vasi sanguigni. Il farmaco ottenuto da questo polipeptide è da diverso tempo oggetto di studio. Un altro composto la cui azione limita la formazione ossea è stato ritrovato nell’embrione di una rana africa dal biologo molecolare Prof. Harland presso l’Università della California.
In Italia, l’Associazione F.O.P. Onlus ha come obiettivo quello di dare un aiuto a tutte quelle persone che soffrono di questa malattia, attraverso lo scambio di informazioni ed esperienze.