Il silenzio elettorale è una misura introdotta in Italia il 4 aprile 1956 che vieta ogni forma di propaganda, che sia l’affissione di un poster, un’intervista rilasciata a un giornale o un comizio di piazza.
Tale provvedimento scatta il giorno precedente l’apertura dei seggi, perciò in occasione delle elezioni politiche 2022 (qui la nostra guida con le proposte per la disabilità), previste per il 25 settembre, sarà in vigore dal 24 settembre. Chiunque non rispetti il silenzio elettorale può incappare in una sanzione amministrativa.
Cosa dice la legge in Italia sul silenzio elettorale?
In parte abbiamo già anticipato alcune importanti misure introdotte dal silenzio elettorale, disciplinato dalla Legge 212/1956, “Norme per la disciplina della propaganda elettorale“. In particolare l’articolo 9 recita che:
- nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri manifesti di progpaganda;
- nei giorni destinati alla votazione altresì è vietata ogni forma di propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali;
- è consentita la nuova affissione di giornali quotidiani o periodici;
- chiunque contravviene alle norme è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 euro.
Inoltre l’articolo 9 bis del decreto legge del 6 dicembre 1984, n. 807, specifica che “nel giorno precedente e in quello stabilito per le elezioni è fatto divieto anche alle emittenti radiotelevisive private di diffondere propaganda elettorale”.
A cosa serve il silenzio elettorale?
Il silenzio elettorale garantisce la possibilità al cittadino di ponderare la propria scelta alle urne senza l’interferenza costante e invadente della propaganda. Nel corso della storia italiana infatti abbiamo notato una crescente dinamica focalizzata sul bombardare l’elettore con informazioni di ogni sorta – complice anche l’ascesa dei social media. Grazie a questa misura, il cittadino può riflettere sulla propria scelta elettorale senza distrazioni.
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Da quando Facebook, Twitter, Instagram e tante altre piattaforme fanno parte delle nostre vite, la politica è riuscita a scavalcare i limiti imposti dal silenzio elettorale. Come abbiamo precedentemente visto infatti, l’articolo 9 stabilisce con precisioni luoghi e momenti in cui non è possibile fare propaganda, ma non menziona in alcun modo internet o le piattaforme digitali.
D’altronde, stiamo parlando di una normativa del 1956, molto vecchia rispetto ai moderni strumenti introdotti nella società. Non siamo neanche di fronte a una mancata applicazione della legge: in realtà, si può parlare di un vero e proprio vuoto legislativo.
Così può capitare sovente che, il giorno prima e il giorno stesso della chiamata alle urne, i profili social di personaggi e partiti politici pubblicano post, foto e video propagandistici. Si tratta comunque di una questione delicata: nel 2019, l’Istat asseriva che il 42% degli italiani usa internet per informarsi sulla politica.
Eppure nella storia recente sono state portate avanti due proposte per modificare la legge (una nel 2019, l’altra nel 2020), che però non sono andate a buon fine. Come se non bastasse, a oggi la classe politica non sembra così interessata a portare avanti un discorso di aggiornamento della normativa in relazione alle piattaforme digitali.
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