La parola “schizofrenia” deriva dal greco e il significato è “mente separata”, intendendo una separazione dalla realtà. L’età di esordio, detta fase prodromica, è generalmente compresa tra l’adolescenza e la prima giovinezza, tra i 20 e i 25 anni per gli uomini e poco sotto i 30 anni per le donne.
A causa della sua caratteristica destrutturante della personalità, la schizofrenia è una malattia che compromette tutti gli aspetti della vita del soggetto, dalla rete relazionale e sociale, alle performance scolastiche e lavorative, alle risposte agli stimoli provenienti dall’ambiente esterno.
Quanti tipi di schizofrenia esistono?
In base a quelli che predominano al momento della valutazione, vengono definiti i sottotipi della schizofrenia. Questo significa che la classificazione non è necessariamente stabile e può mutare nel tempo. A oggi riconosciamo:
- schizofrenia paranoide: il soggetto presenta deliri o allucinazioni sistematizzati e rilevanti.
- schizofrenia disorganizzata: la persona presenta un comportamento ed un eloquio disorganizzato, con affettività piatta o inadeguata.
- schizofrenia catatonica: la cui manifestazione essenziale è un notevole disturbo psicomotorio che può evolversi in un arresto completo del movimento.
- schizofrenia indifferenziata: viene diagnosticata quando il quadro non soddisfa i criteri dei tipi precedenti.
- schizofrenia residua: caratterizzata da una manifestazione continua del disturbo in cui dominano i sintomi negativi.
Quali sono i sintomi della schizofrenia?
Tra i sintomi iniziali della schizofrenia – che descrivono anche il comportamento dello schizofrenico – possiamo riconoscere la perdita di iniziativa, l’apatia, un comportamento o un linguaggio disorganizzati. Si tratta di fatto di una malattia mentale che fa parte di quelle che sono definite psicosi, ovvero disturbi psichiatrici caratterizzati dalla perdita di contatto con la realtà circostante.
I sintomi della schizofrenia sono molto variabili, sia in relazione alla fase della malattia che alla sottotipologia clinica. In genere vengono suddivisi in sintomi positivi, negativi e cognitivi, e alcuni hanno anche dei caratteri fisici.
Sintomi positivi
I sintomi positivi comprendono quei comportamenti psicotici, caratterizzati da una perdita di contatto con la realtà, che normalmente non si riscontrano nelle persone sane. Queste manifestazioni possono andare incontro a periodi di remissione come di recidiva, avendo un andamento piuttosto altalenante (tipo la psicosi affettiva): alcune volte sono gravi, mentre altre sono quasi appena percettibili, a seconda che il soggetto sia o meno in trattamento. Tra i sintomi positivi si riconoscono:
- allucinazioni: alterazioni della percezione per cui la persona vede, avverte, ascolta o sente odori che nella realtà non esistono e che quindi non sono percepibili da nessun altro. Le allucinazioni visive sono quelle che perseguitano il Professor John Nash, interpretato da Russell Crowe nel celebre film “A beautiful mind“. Tra le varie forme di allucinazioni, comunque, le più frequenti sono quelle uditive, per cui la persona afferma di sentire delle voci che possono anche indurla a compiere degli atti che potenzialmente pericolosi;
- deliri: false convinzioni che non fanno parte della cultura della persona e che non cambiano anche dopo che è stato dimostrato alla stessa che la sua convinzione non è né vera né logica. I tipi di deliri esistenti sono vari: deliri di persecuzione e di grandezza (che sono i più frequenti), deliri di riferimento, di gelosia, nichilistici, di controllo, ipocondriaci, religiosi;
- comportamento ed eloquio disorganizzati.
Sintomi negativi
I sintomi negativi sono la conseguenza della perdita di alcune capacità presenti prima dell’esordio della malattia, ed in genere sono caratterizzati da alterazioni a carico dello stato emotivo e comportamentale. Sono più difficili da riconoscere rispetto ai sintomi positivi e talvolta sono scambiati per i sintomi tipici della depressione. I sintomi negativi sono:
- apatia;
- appiattimento affettivo;
- perdita d’iniziativa;
- perdita ideativa;
- compromissione dei rapporti interpersonali, del funzionamento sociale e lavorativo.
Le persone che presentano sintomi negativi possono necessitare di aiuto per eseguire le attività di vita quotidiana, come l’igiene e la cura della propria persona.
Sintomi cognitivi
Non sono così evidenti, e spesso sono difficili da riconoscere come manifestazioni della malattia. Tra questi:
- scarsa “funzionalità esecutiva”, la capacità di comprendere e utilizzare le informazioni per prendere delle decisioni;
- problemi di concentrazione;
- problemi con la “memoria di lavoro”, la capacità di utilizzare le informazioni subito dopo averle apprese.
I sintomi cognitivi, a differenza degli altri, non presentano un andamento altalenante e permangono invece per tutta la vita dei soggetti colpiti.
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Cause e fattori di rischio della schizofrenia
Le teorie sulle possibili origini della schizofrenia sono molte, e la componente genetica è sicuramente il fattore più accreditato: nei familiari di soggetti schizofrenici il rischio di manifestare la malattia è 10 volte superiore rispetto alla popolazione normale. L’ipotesi più probabile è che diversi geni siano coinvolti nello sviluppo della patologia (ipotesi multigenica). Tra gli altri fattori di rischio si riconoscono:
- complicazioni del parto;
- stress ambientale (esposizione ad agenti tossici o sostanze inquinanti);
- stress psicologico.
Il ruolo della famiglia è determinante nello sviluppo della schizofrenia?
Sembra impossibile che una malattia così grave possa essere in qualche modo legata all’ambiente familiare, quel “nido” nel quale ognuno di noi dovrebbe essere protetto e al sicuro, sempre.
Le ricerche effettuate in merito, però, sembrano dire il contrario: il clima emotivo e la comunicazione, sia verbale che non, svolgono un ruolo a dir poco importante. Di particolare interesse e rilievo è la teoria del doppio legame, che ha come oggetto due elementi fondamentali: la contraddittorietà e l’incongruenza.
Nelle famiglie del paziente schizofrenico la comunicazione sarebbe incentrata proprio su questi due concetti. Per intenderci: il bambino è contento di vedere la propria mamma e le butta subito le braccia intorno al collo. Lei si irrigidisce, allora il figlio ritrae le braccia e si allontana. La madre a questo punto dice: “Ma allora non mi vuoi più bene?”.
In questo caso la comunicazione della madre è incongruente: lei, ritraendosi e irrigidendosi, gli dice “non esprimere amore per me”, mentre la seconda interazione (“ma allora non mi vuoi più bene?”) esprime l’esatto contrario.
Valutare il clima emotivo-comunicativo familiare può quindi essere utile per modificare determinati meccanismi di scambio relazionale ed incrementare il calore affettivo.
Decorso e prognosi
Dati recenti dimostrano che circa il 30-50% dei pazienti con diagnosi di schizofrenia mostra un’evoluzione del disturbo sufficientemente buona, e che solo in un quarto dei casi si assista ad un esito cronico e deteriorante.
A tale proposito vale la pena sottolineare come questo sia verosimilmente riconducibile ai significativi progressi in ambito scientifico e culturale nell’approccio alla schizofrenia registrati negli ultimi tempi. Questi progressi si sono tradotti in strumenti di cura (farmacologici e non) di maggiore efficacia e oggi disponibili per il trattamento.
Come si cura la schizofrenia?
Poiché le cause della patologia sono ancora oggi poco definite, la cura della schizofrenia si basa sulla gestione e l’eliminazione dei sintomi. In particolare, le terapie disponibili includono gli antipsicotici e vari interventi psicosociali.
Pur essendo disponibili dagli anni ’50, nel 1990 sono stati sviluppati dei nuovi antipsicotici detti di seconda generazione o atipici. Tra questi, la clozapina è efficace contro sintomi quali allucinazioni e deliri, sebbene possa in alcuni casi provocare un disturbo chiamato agranulocitosi, che consiste nella riduzione del numero di globuli bianchi circolanti. Tra i farmaci atipici che hanno dimostrato una buona efficacia si riconoscono inoltre Risperdal, Zyprexa, Seroquel ed Abilify.
I più comuni effetti avversi sono correlati a movimenti fisici, come ad esempio rigidità, tremori o spasmi muscolari persistenti.
Per ciò che riguarda il trattamento psicosociale, questo può essere utile alle persone affette da schizofrenia che però sono già stabilizzate da un trattamento terapeutico. La terapia psicosociale può aiutare i malati a compiere quelle azioni di vita quotidiana comuni a tutti ma che per loro, a causa della malattia, rappresentano una sfida: vestirsi e lavarsi, preparare il pranzo, relazionarsi con il prossimo. Gli individui che ricevono questo tipo di trattamento sono più inclini a continuare la terapia ed hanno meno probabilità di andare incontro a ricadute.
Il programma psicosociale comprende capacità di gestione della malattia, riabilitazione, educazione familiare, terapia cognitivo-comportamentale e terapia di gruppo.
E’ quindi grazie ad interventi di questo tipo e soprattutto al sostegno familiare, che molte persone colpite da questa malattia riescono ad acquisire un minimo di indipendenza e a condurre una vita, per quanto possibile, soddisfacente.
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Come comportarsi con i malati di schizofrenia?
Le persone con schizofrenia possono aver bisogno di alcuni sostegni pratici, come il sostegno emotivo, essere accompagnati a visite mediche o ai gruppi di sostegno e aiutarlo nel conoscere la propria condizioni. A ogni modo, è opportuno tenere nota dei comportamenti della persona, così da non farsi trovare mai impreparati.