Coronavirus e riapertura scuola: tutti in classe dal 14 settembre. Quali sono le principali linee guida da seguire per tutelare la salute?
Il 13 maggio 2020 la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha confermato che la riapertura della scuola è prevista per settembre 2020, ma non possiamo ancora parlare della Fase 3 di normalizzazione. Cioè, non si potrà tornare a scuola come se il nuovo Coronavirus non esistesse.
Per questo motivo, il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato delle linee guida sulla riaperture della scuola a cui bisognerà scrupolosamente attenersi. Ecco cosa c’è da sapere.
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Il 16 giugno 2020, la ministra Azzolina ha dichiarato a Radio 24 di aver proposto “alle regioni il 14 settembre. A breve daremo le linee guida. Già dal 1° le scuole riapriranno per consentire agli studenti che ne hanno bisogno di recuperare eventuali lacune” (Il Messaggero).
Queste ipotesi sono state confermate con un’ordinanza dello scorso 24 luglio, in cui la ministra confermava il 14 settembre come data di riapertura generale e il 1° settembre per la ripartenza delle attività di recupero. Alcune regioni, però, hanno deciso in autonomia un’altra data.
Al 14 settembre hanno riaperto Emilia-Romagna, Lombardia, Lazio, Molise, Toscana, Marche, Liguria, Piemonte, Valle d’Aosta, Sicilia, Veneto e provincia di Trento. Il 16 settembre riaprirà il Friuli-Venezia Giulia, il 22 settembre la Sardegna e, infine, il 24 settembre toccherà ad Abruzzo, Campania, Basilicata, Calabria e Puglia.
Con il verbale n.100 del 12 agosto 2020, il CTS ha confermato che nelle scuole i bambini con età superiore ai 6 anni dovranno indossare una mascherina chirurgica (non quelle di stoffa), soprattutto nel caso in cui non sia possibile garantire il distanziamento fisico. I bambini al di sotto dei 6 anni non hanno l’obbligo di indossare il dispositivo di protezione individuale.
Per gli insegnanti e gli studenti sordi, invece, saranno presto disponibili delle mascherine trasparenti. A tal proposito, abbiamo intervistato l’azienda che sta lavorando con il Governo alla realizzazione di questi importanti DPI: “Sì, sono dispositivi di protezione individuale di categoria 1”.
Tuttavia, nel caso in cui una persona abbia una disabilità non compatibile con l’uso del DPI, potrà non indossarla. Le famiglie, inoltre, sono invitate a concordare con la scuola le soluzioni più idonee per garantire il regolare coinvolgimento nelle lezioni in sicurezza (verbale n. 94 del Comitato Tecnico Scientifico del 7 luglio 2020).
Infine, saranno le scuole a fornire quotidianamente le mascherine chirurgiche – grazie agli 11 milioni di dispositivi al giorno concessi dal Commissario straordinario per l’emergenza.
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Nel caso in cui vi siano sintomi simil-influenzali o la temperatura corporea supera i 37,5°, lo studente o l’operatore scolastico dovrà restare a casa. Tuttavia, all’ingresso delle scuole non sarà effettuato nessuna rilevazione della temperatura: toccherà a ognuno di noi sensibilizzarsi sul tema con coscienza e tutela della salute collettiva.
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No, le scuole potranno scegliere banchi monoposti tradizionali oppure innovativi.
I docenti possono sottoporsi su base volontaria e gratuita a uno screening preventivo di 2 fasi:
Più recentemente, invece, la ministra Azzolina ha annunciato che anche gli studenti saranno sottoposti ai test sierologici. In particolare, in un’informativa al Senato, ha spiegato che “durante l’anno saranno fatti test a campione anche agli studenti per provare a ridurre il più possibile il rischio per avere la massima sicurezza” (Repubblica).
Tutte le informazioni utili per trattare possibili casi di contagi sono contenute nel Rapporto “Indicazioni operative per la gestione di casi e focolai di Sars Cov 2 nelle scuole e nei servizi educativi dell’infanzia“.
Il ritorno in classe e il servizio scolastico tornerà regolare, e quindi sono garantite le lezioni in presenza. La didattica a distanza o digitale sarà una soluzione complementare e integrata nella scuola secondaria di secondo grado. Negli altri casi, la didattica a distanza sarà possibile per motivi emergenziali.
Già in passato sul sistema digitale della didattica a distanza qualcosa non ha convinto. A dipingere un quadro della situazione è stata la prof.ssa Tina Naccarato, docente di laboratorio nel corso di specializzazione per il sostegno all’Università Cattolica di Milano e tutor coordinatore Scienze della Formazione Primaria Università della Calabria.
A OMAR, la professoressa ha spiegato che la didattica a distanza “non è una soluzione per i più giovani”. Ad esempio, “per la scuola dell’infanzia presenta numerosi problemi, anche a causa della mancanza di padronanza nell’uso degli strumenti tecnologici, è da escludersi. Può essere efficace a partire dalle classi più alte della scuola primaria, ma solo ed esclusivamente con un’adeguata supervisione da parte dei genitori”.
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Il rischio di perdere gli alunni, però, è dietro l’angolo. “È necessario un atteggiamento attento e vigile, spirito collaborativo e tempo da dedicare. E qui si innesca il rischio di burn out per le famiglie, che in questo periodo si fanno carico del lavoro, della cura parentale e della cura educativa”.
Un pensiero corre verso anche gli studenti disabili e ricoverati negli ospedali. “Non è sempre facile attuare, per il docente, le misure necessarie a garantire un supporto individualizzato – racconta Naccarato -. Diversa è la situazione di bambini e ragazzi che frequentano la scuola da casa o dall’ospedale. Per loro questa situazione ha dei risvolti che definirei addirittura positiva: è più facile entrare in classe e sentirsi inclusi”.
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Ultima modifica: 26/10/2020