Il reddito di base universale europeo è stata un'iniziativa di raccolta firme iniziata nel 2020 e che puntava a un cambio dei diritti sociali
A seguito della crisi economica innescata dalla pandemia da Coronavirus e dalla guerra in Ucraina, diversi temi di stampo socio-economico sono stati sollevati dall’opinione pubblicata italiana, come il salario minimo e il reddito di base universale europeo. Due misure che appaiono come soluzioni eterogenee e fondamentali contro l’aumento della forbice sociale tra ricchi e poveri, e soprattutto per combattere la precarietà e lo sfruttamento lavorativo.
Al momento il contesto italiano è ancora agli albori di certi discorsi, tuttavia con la campagna elettorale in fermento (qui la nostra guida con le proposte dei candidati sulla disabilità), viste le elezioni anticipate previste per il 25 settembre 2022, è opportuno chiarire una volta per tutta cosa si intende per reddito di base universale e perché se ne parla tanto nel contenente europeo.
Per rispondere a questa domanda, bisogna osservare cosa dice l’iniziativa “Avvio dei redditi di base incondizionati per tutta l’Europa“, i cui sostenitori definiscono il reddito di base universale europeo – o meglio, il reddito di base incondizionato – in 4 punti:
Leggi anche: Bonus 2022, l’elenco completo delle agevolazioni in corso previste
La raccolta firme di questa iniziativa volta a introdurre il reddito di base europeo è iniziata il 25 settembre 2022 e si è conclusa il 25 giugno 2022. Purtroppo però il 20 luglio 2022 è stato comunicato che le firme raccolte non sono sufficienti (296.365). Nonostante questo risultato però, l’Italia è stato uno dei maggiori sostenitori di questa iniziativa, seconda solo a Slovenia e Spagna e sopra la Germania, come dimostrano le seguenti percentuali:
Paese | Dichiarazioni di sostegno | Soglia | Percentuale |
Austria | 3.817 | 13.395 | 28,50% |
Belgio | 2.188 | 14.805 | 14,78% |
Bulgaria | 5.375 | 11.985 | 44,85% |
Cipro | 238 | 4.230 | 5,63% |
Croazia | 1.234 | 8.460 | 14,59% |
Repubblica Ceca | 719 | 14.805 | 4,86% |
Danimarca | 1.290 | 9.870 | 13,07% |
Estonia | 2.952 | 4.935 | 59,82% |
Finlandia | 2.805 | 9.870 | 28,42% |
Francia | 13.532 | 55.695 | 24,30% |
Germania | 70.417 | 67.680 | 104,04% |
Grecia | 10.147 | 14.805 | 68,54% |
Irlanda | 2.100 | 9.165 | 22,91% |
Italia | 62.007 | 53.580 | 115,73% |
Lettonia | 4.152 | 5.640 | 73,62% |
Lituania | 678 | 7.755 | 8,74% |
Lussemburgo | 218 | 4.230 | 5,15% |
Malta | 205 | 4.230 | 4,85% |
Paesi Bassi | 10.623 | 20.445 | 51,96% |
Polonia | 2.223 | 36.660 | 6,06% |
Portogallo | 4.459 | 14.805 | 30,12% |
Romania | 2.538 | 23.265 | 10,91% |
Slovacchia | 630 | 9.870 | 6,38% |
Slovenia | 6.776 | 5.640 | 120,14% |
Spagna | 72.569 | 41.595 | 174,47% |
Svezia | 3.897 | 14.805 | 26,32% |
Ungheria | 8.576 | 14.805 | 57,93% |
Leggi anche: Infortunio sul lavoro, dati Inail: casi mortali in aumento di quasi il 10%
Ultima modifica: 10/08/2022