Ma quali sono i tipi di disabilità che oggi conosciamo? Ma ancora prima, cosa si intende per disabilità e qual è la differenza con handicap?
Nel corso degli anni il linguaggio riguardare la disabilità è profondamente cambiato, con l’obiettivo socio-culturale di sottolineare che prima viene sempre la persona, e poi la condizione.
In un certo qual modo, questo nuovo paradigma linguistico, introdotto dalla Convenzione ONU in materia, ha permesso non solo di riconoscere le persone con disabilità per ciò che sono, cioè individui, ma ha anche aiutato a comprendere che la disabilità è una condizione, che presenta diverse tipologie e categorie di differenziazione. Ma andiamo con ordine.
La disabilità è una situazione di limitazione o perdita di una particolare capacità di svolgere una determinata attività. Ad esempio, se una persona non presenta una gamba, essa presenta una disabilità nel camminare.
Dunque la condizione non definisce la persona in quanto tale, ma descrive solo una sua caratteristica. Da qui possiamo anche comprendere che tutte le disabilità non sono uguali, ma ogni limitazione e/o perdita richiede un approccio specifico e verticale, al fine di impedire che tale limitazione diventi un ostacolo per lo stesso individuo. Un esempio sono le barriere architettoniche, il principale ostacolo per una persona in carrozzina – quindi non è la carrozzina o la disabilità a essere l’ostacolo.
Oltretutto, è abbastanza complesso – e forse farisaico – mettere la disabilità a confronto con la normalità, in quanto sarebbe necessario definire il termine “normale”. Tecnicamente parlando, ognuno di noi potrebbe vivere una disabilità nella propria vita, temporanea o permanente che sia: tutto dipende dalla gravità e dai livelli della disabilità specifica.
Veniamo quindi alla questione centrale del discorso, cioè le tipologie di disabilità esistenti. A oggi abbiamo l’International Classification of Functioning dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, la quale può riguardare tutti, non solo chi ha una disabilità, e ha una visione di insieme sanitaria molto ampia.
Sostanzialmente, l’ICF tratta le persona come individuo con funzionalità in ambito personale, sociale e biologico, e si basa su 5 classi: funzioni corporee/psicologiche, strutture corporee (anatomiche del corpo), attività di esecuzione di un compito da parte di un individuo, partecipazione di vita e fattori ambientali/contestuali (tutto ciò che dipende dal mondo esterno e dal contesto di vita, e anche gli strumenti che una società dà).
Da qui capiamo che l’ICF non classifica in base alle conseguenze di una malattia, di una condizione o di una disabilità, ma si concentra sulle capacità e sul funzionamento della persona: in soldoni, l’individuo è posto al centro.
Ancora più nel dettaglio, riguardo alle disabilità specifiche, oggi possiamo riconoscere 4 forme: sensoriale, motorie, psichiche e intellettive. Ciò ci aiuta a comprendere ancora di più che la disabilità consiste nella compromissione di un aspetto data da una limitazione e/o perdita di una componente di noi stessi.
Ciò si differenzia dall’handicap, in quanto tale termine indicata la conseguenza dell’inserimento della persona con disabilità all’interno di una società: sostanzialmente, l’handicap indica dove la società non riesce a garantire diritti alla persona disabile. L’Organizzazione Mondiale della Sanità riconosce diverse tipologie di handicap, tra cui: orientamento, integrazione sociale, autonomia economica, lavorativa, indipendenza fisica e mobilità.
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Ultima modifica: 03/05/2024