Analisi critica delle politiche di Donald Trump contro diversità, disabilità, LGBTQ+ e altro ancora: quali sono effetti e conseguenze
Donald Trump contro la diversità. O meglio, il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump contro svariate categorie umane di diversità. Dal 20 gennaio 2025, giorno di insediamento del tycoon alla Casa Bianca, gli USA stanno vivendo una stagione di forte repressione politica, lavorativa, culturale e sociale nel campo della diversità. Con effetti e conseguenze che tratteremo approfonditamente in questa sede.
A colpire però è il tono ancora più feroce, violento e aggressivo con cui Trump conduce questa battaglia contro la diversità: più marcato, più polarizzante, più ideologico, più disinformativo. Estremo, a dirla tutta, ma nella realtà dei fatti non così inusuale per il suo personaggio.
Perché dietro a tutta questa scenografia politica, si nasconde uno scritto d’autore al passo coi tempi. Come la storia ci ha già insegnato, Trump è un accentratore estremista, forte di una politica discriminatoria e belligerante. E lo sta ampiamente dimostrando.
What a week, huh? Captain, it’s Wednesday (“Che settimana, eh?”, “Capitano, è Mercoledì”) è il celebre meme con protagonisti Tintin di Hergé, il cane Milou e il capitano Haddock. E la sensazione vissuta da molti americani – ma anche qui in Italia – è la stessa: sembrano già passati svariati anni dall’insediamento di Trump, eppure finora il suo operato è solamente di tre mesi. Un periodo in cui comunque il tycoon ha voluto far sentire la sua pressione mediatica, sociale e politica, sia a livello nazionale che internazionale. Distribuendo però limiti, costrizioni, estremismi.
Prendiamo come spunto principale l’inchiesta del New York Times del marzo scorso, da cui emerse che l’amministrazione trumpiana censurò e/o eliminò diverse parole dai siti ufficiali governativi e non solo: parole che però riguardavano principalmente minoranze umane. Nel lunghissimo elenco di termini svaniti abbiamo accessible, anti-racism, antiracist, biologically female, biologically male, black, climate science, community diversity, community equity, disabilities, disability, discrimination, discriminatory, diverse, vulnerable populations, women e women and underrepresented.
La lista è molto più lunga di così, e chiama in causa tantissime categorie umane (come i sex workers). Tuttavia il punto resta sempre lo stesso: la cancel culture trumpiana desidera omologare ogni persona, scartando completamente la diversità. Non è solo un fatto culturale, in quanto le attuali politiche di Trump hanno investito diversi settori della vita sociale e umana.
Siamo di fronte a una sorta di difesa della parte conservatrice americana contro una presunta discriminazione al contrario: una narrazione però che appare fortemente strumentale (e strumentalizzata) e che punta a giustificare il ridimensionamento dei diritti delle minoranze e l’indebolimento della coesione sociale.
La CNN ricorda che una delle prime mosse perpetrate dal presidente statunitense all’inizio del suo mandato è stata la chiusura definitiva dei programmi DEI (Diversity, Equity, Inclusion) nelle assunzioni e negli appalti federali. È il 20 gennaio 2025 e sul sito della Casa Bianca appare un comunicato apertamente bellicoso.
“L’amministrazione Biden ha imposto programmi di discriminazione illegali e immorali“, si legge fin dalle primissime righe, a cui fanno seguito altri concetti: “La pubblicazione di questi piani ha dimostrato un immenso spreco pubblico e una vergognosa discriminazione. Tutto questo finisce oggi“. “Programmi discriminatori” è il leitmotiv che apparirà più avanti lungo il testo, riferendosi sempre ai DEI.
Un’offensiva dialettica – molto cara alla comunicazione del repubblicano – che ha investito anche l’ambito della ricerca scientifica. MedPageToday spiega che agli scienziati dei Centers for Disease Control and Prevention è stato chiesto di rimuovere il proprio nome o di non pubblicare sulle riviste scientifiche le ricerche in cui ci siano parole che rimandino all’ideologia di genere (che in realtà non esiste).
Queste le parole bandite: gender, transgender, pregnant person, pregnant people, LGBT, transsexual, non-binary, nonbinary, assigned male at birth, assigned female at birth, biologically male, biologically female.
A conti fatti, sembra che la battaglia politica e sociale di Trump sia contro la diversità, e anche più in profondità contro l’ideologia woke, una cultura che si basa sulla consapevolezza delle ingiustizie sociali e sulla rivendicazione dei diritti delle minoranze, principalmente in termini di orientamento sessuale, identità di genere, origini etniche e disabilità.
Una battaglia che non conosce confini, visto che l’aggressività del tycoon è arrivata Oltreoceano. Secondo quanto riporta il Corriere della Sera, Trump ha intimato alle grandi aziende europee (principalmente in Spagna e Francia, sembrerebbe anche in Italia) di conformarsi al nuovo flusso socio-culturale intrapreso dagli Stati Uniti d’America. Un’ingerenza vera e propria, che non fa altro che ribadire la necessità di omologazione (dittatoriale) alla base della politica trumpiana.
Lo smantellamento dei programmi della DEI, la politica della cancel culture contro la diversità e le pressioni ad aziende interne ed esterne i confini statunitensi: la politica di Trump sta destrutturando ogni possibilità di creare una società equa e accessibile a chiunque.
E tutto ciò sta già producendo effetti gravissimi. Innanzitutto la politica trumpiana si muove su un terreno di discriminazione pura nei confronti della diversità, abbandonando principi di equità e solidarietà, influenzando purtroppo le aziende a fare lo stesso.
In primis, come ci ricorda LifeGate, Meta ha disposto la fine dei programmi DEI, nonostante nel 2019 Mark Zuckerberg postava una sua immagine del profilo con la bandiera arcobaleno. E a stretto giro questa manovra aziendale è stata sposata anche da Ford, Mc Donald’s e Walmart. E non sono state le uniche.
Poi, c’è stata un’importante perdita di capitale umano in ambito lavorativo: come spiegava la CBS, i dipendenti federali con ruoli DEI sono stati messi in congedo, e di concerto sono stati annullati i corsi di formazione DEI e sono stati rescissi i contratti con i contraenti correlati alla DEI.
Tutto questo in nome di una caccia alle streghe contro la diversità e la cultura woke (trasmessa da un woke mind virus). Una battaglia, ormai con i contorni di una guerra aperta, che ha investito anche le università americane, in contrasto aperto con il presidente degli Stati Uniti d’America: esempio lampante di questa situazione è lo scontro tra Harvard e Trump, con il tycoon che ha bloccato i fondi all’ateneo (IlSole24Ore).
Un approccio che sta creando tantissime difficoltà anche alla ricerca scientifica. Come segnala TrendSanità, il problema non riguarda solamente la letteratura scientifica: il CDC ha eliminato i riferimenti alle persone transgender e all’identità di genere dal proprio sito web. Ciò comporta un profondo cambiamento anche per il set di dati e delle linee guida sanitarie per la ricerca pubblica, con una compromissione importante sulla prosecuzione di lavori fondamentali. Tutto ciò porta a un blocco della ricerca, e addirittura a una sua regressione.
Viste le premesse, i critici potrebbero descrivere la politica trumpiana come scellerata e pazza. A conti fatti però, il presidente americano sta solo ribadendo con forza ciò che più volte affermò durante la sua campagna elettorale – e ciò che gli abbiamo visto fare durante il primo mandato da presidente -, attraverso un operato estremo già noto, fatto di riduzione dei diritti nei confronti della diversità e con un approccio ultra-conservatore. Insomma, non bisognerebbe stupirsi di questa tendenza.
Infatti, come sempre, uno degli obiettivi di Trump è strizzare l’occhio allo zoccolo duro del suo elettorato, fatto di conservatori. Dai dati dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI), nel 2024 emerse chiaramente che il tycoon fu votato principalmente da uomini bianchi, tra i 45 e i 65 anni e non laureati.
A differenza del passato però, al suo secondo mandato Trump è riuscito a ottenere voti in più dalle minoranze, principalmente dagli elettori ispanici: in base ai dati diffusi da Le Grand Continent, il 46% di questa comunità ha votato Trump, contro il 32% delle elezioni del 2020, trainati soprattutto da uomini. Tutto ciò ha permesso al nuovo presidente degli Stati Uniti d’America di garantirsi un elettorato più eterogeneo, anche se lo zoccolo duro resta lo stesso.
Ma com’è stato possibile? A causa della situazione economica del Paese. Durante l’amministrazione Biden, il costo della vita è aumentato, e questo ha portato diversi elettori a cambiare sponda politica, più interessati a capire come arrivare a fine mese che ad altre questioni socio-culturali.
Come confermato da una stima del Washington Post, ben 4 elettori su 10 di origine latinoamericana hanno votato Trump per l’economia. Tutto questo nonostante Trump abbia pubblicamente utilizzato una dialettica aggressiva e grave contro le minoranze.
Eppure l’approccio ultra-conservatore di Trump sta già mostrando le sue crepe. Alcune le abbiamo già elencate, altre riguardano le conseguenze di una politica votata all’accentramento nazionalista e ideologica. Ad esempio, la guerra dei dazi non sembra essere l’arma di una superpotenza economica, bensì un pretesto per ridefinire gli equilibri geopolitici internazionali, senza scendere a compromessi, senza usare una sana dialettica, senza sedersi a tavolino con altri interlocutori. Ma a quale costo?
Il costo è stato definito da Pagella Politica. Storicamente i dazi non sono stati grandi alleati di Trump, visto che nel 2017/2018 portano a diverse perdite economiche. E – bisogna sempre ricordarlo – la guerra dei dazi ricade principalmente nelle tasche dei consumatori americani, con un considerevole aumento dell’inflazione: un cittadino statunitense non comprerà un bene importato a causa dei dazi, ma non è detto che acquisterà qualcosa di fattura statunitense.
Sostanzialmente, la verità è sempre la stessa. Il presidente americano Trump è, prima di tutto, un politico che deve tenere saldo il suo palcoscenico di fronte al proprio elettorato, quello dei conservatori. Anche a costo di peggiorare la situazione economica del proprio paese, poiché ormai le battaglie politiche si sono spostate su altri contesti e su altri strumenti:
Insomma, la guerra alla diversità di Trump serve sempre al solito scopo: accaparrare voti, accentrare il potere e costruire una narrazione basata sulla creazione di nemici dove non ce ne sono. Tutto questo, però, arrivando anche a minare la struttura economica del proprio Paese. È davvero necessario tutto ciò?
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Ultima modifica: 17/04/2025