La Poliomielite è una grave malattia infettiva a carico del sistema nervoso centrale che colpisce soprattutto i neuroni motori del midollo. I più colpiti in genere sono bambini dagli uno ai cinque anni, ma possono essere coinvolte anche le persone adulte.
La patologia è provocata dal polio-virus (di cui esistono tre forme, 1, 2 e 3, tutte patogene), che si moltiplica nelle cellule nel cavo orale, nella faringe, nelle tonsille, nei linfonodi del collo e dell’intestino tenue.
Il virus invade il sistema nervoso nel giro di poche ore e distrugge le cellule neurali colpite, causando disabilità quali la paralisi dei muscoli delle braccia e delle gambe.
La poliomielite è stata segnalata per la prima volta in forma epidemica nell’Europa di inizio XIX secolo e poco dopo negli Stati Uniti. La diffusione della polio ha raggiunto un picco negli Stati Uniti nel 1952 con oltre 21mila casi registrati. In Italia, nel 1958, furono notificati oltre ottomila casi. L’ultimo caso americano risale al 1979, mentre nel nostro paese è stato notificato nel 1982. Fortunatamente, grazie alla vaccinazione obbligatoria dal 1966, la malattia è scomparsa. Dal 2002 anche tutta l’Europa è stata dichiarata libera da polio che però rimane ancora oggi presente in alcuni paesi del mondo, come in Nigeria, India, Pakistan.
Il virus della polio si trasmette da persona a persona, principalmente per via oro-fecale (ingestione di cibo e acqua contaminati), in quanto i soggetti contagiati lo eliminano per alcune settimane con le feci; ma, all’inizio, per un periodo limitato, la trasmissione del virus può anche avvenire per via orale, tramite le goccioline di saliva (per esempio con un colpo di tosse o degli starnuti). Anche chi non manifesta i sintomi della poliomielite può trasmettere il virus.
L’uomo rappresenta l’unico serbatoio naturale del virus della poliomielite, che può colpire persone di tutte le età ma principalmente si manifesta nei bambini sotto i tre anni.
Nel 10% dei casi la poliomielite si presenta nella forma più grave, la forma paralitica. La paralisi può manifestarsi dopo dieci, quindici giorni dall’inizio dei sintomi influenzali tipici della forma febbrile non paralitica, ma il più delle volte non è preceduta da malattia minore. Generalmente in seguito ad una poliomielite paralitica, un paziente su quattro sviluppa un’invalidità permanente grave, uno su quattro una invalidità moderata e due su quattro guariscono senza nessuna paralisi residua. Il recupero dipende dal tipo di danno: predispongono a sviluppare un danno più grave ad esempio l’età più avanzata, una recente tonsillectomia, la gravidanza, uno stato di immunodeficienza, presenza di ferite e lesioni e lo svolgimento di attività fisica in concomitanza al manifestarsi dei primi sintomi della forma paralitica. Esiste infine una forma paralitica chiamata bulbare, caratterizzata dal fatto che l’infezione va a colpire i centri deputati al controllo dei muscoli respiratori, della deglutizione e del cuore. E’ caratterizzata da una percentuale più elevata di mortalità.
L’igiene costituisce un’ottima forma di prevenzione, intervenendo sulla trasmissione oro-fecale, ma non è sufficiente a eliminare la malattia perché la trasmissione, come già detto, può avvenire anche tramite le secrezioni respiratorie.
L’unica arma di prevenzione è rappresentata dalla vaccinazione antipolio. Esistono due tipi di vaccino, entrambi efficaci nel prevenire la malattia:
Per l’immunizzazione dei nuovi nati oggi viene utilizzato il vaccino esavalente, che oltre a proteggere contro la polio previene anche la difterite, il tetano, l’epatite virale B, la pertosse e le infezioni invasive da HIB.
Il ciclo di base è costituito da tre dosi di vaccino effettuate per via intramuscolare da praticare entro il primo anno di vita contemporaneamente alle altre vaccinazioni infantili; una quarta dose di richiamo viene praticata nel corso del terzo anno. Non sono previsti attualmente altri richiami.
Entrambi i tipi di vaccino (Salk e Sabin) sono molto efficaci e la protezione è praticamente assoluta. La durata della protezione è molto lunga; verosimilmente, anche se non vi è certezza, la protezione dura tutta la vita.
Circa la metà dei bambini che ricevono vaccini esavalenti, così come il vaccino Salk singolo o le altre combinazioni, non ha nessuna reazione. La maggior parte degli altri bambini presenta solo reazioni lievi. L’evento più frequente è la febbre, mentre reazioni locali, che si verificano nel 20% dei casi in genere entro 48 ore dalla vaccinazione, si manifestano con dolore e rossore nel punto dove è stata eseguita l’iniezione e durano in genere un paio di giorni.
In caso di reazioni locali usare panni freddi o farmaci a base di paracetamolo, se necessario, per ridurre il dolore.
Se si verificasse una reazione importante o insolita, rivolgetevi al vostro medico. In questo caso va fatta la segnalazione di evento avverso ed è importante avvisare il servizio di vaccinazione.
Nelle forme non paralitiche è necessario solo riposo a letto per diversi giorni e possono essere eventualmente utilizzati dei farmaci analgesici e antipiretici. Nelle forme paralitiche è indispensabile il ricovero in ospedale per tenere sotto controllo l’evoluzione dei sintomi e per poter intervenire il più precocemente possibile in caso di bisogno. La fisioterapia è importante durante la convalescenza: la possibilità di recupero muscolare infatti è ottimale nei primi sei mesi, ma si possono avere miglioramenti anche per due anni.
Ultima modifica: 08/03/2020