In vista delle Elezioni Europee cambia la par condicio, tanto da attirare critiche feroci soprattutto dai giornalisti della RAI. Ma come mai?
Da alcune ore sui social media è diventato virale un filmato in cui vengono sovrapposti diversi giornalisti dei telegiornali RAI mentre leggono un comunicato dell’USIGRAI (il sindacato dei cronisti delle televisione pubblica) contro la norma modificata dalla Commissione di Vigilanza sulla par condicio, che amplierebbe ancora di più la possibilità da parte dei membri del partito di maggioranza di essere mediaticamente esposti durante le campagne elettorali.
Cosa sta effettivamente succedendo e com’è cambiata la norma della par condicio? Per comprenderlo, dobbiamo prima di tutto sintetizzare di cosa stiamo parlando e poi spiegare quali sono state le decisioni della Vigilanza RAI e dell’AGCOM. Lo facciamo in questo approfondimento.
La par condicio (che significa “uguale condizione”) è un complesso sistema di regole basate su quanto promulgato dalla Legge n. 28 del 2000 e dalla Legge n. 515 del 1993. Questo sistema fu introdotto dall’allora governo di centrosinistra di Massimo D’Alema per arginare il potere mediatico di Silvio Berlusconi, all’epoca leader di centrodestra, che poteva fare affidamento sulle reti televisive Mediaset durante la campagna elettorale. Fu l’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro a utilizzare questa espressione.
Questa normativa è un agglomerato di regole per televisioni pubbliche e private che ha l’obiettivo di garantire la parità di accesso agli spazi di informazione politica a tutti i partiti che concorrono per una determinata tornata elettorale.
Nonostante l’importanza di questa legge, a distanza di 24 anni non è mai stata modificata, tanto che risulta obsoleta e vetusta: infatti una delle critiche più note a suo riguardo è l’impossibilità di contemplare la propaganda online e le campagne elettorali realizzate sui social media, poiché ai tempi internet non aveva un peso così importante nelle nostre vite.
Gli organi che controllano il rispetto della par condicio essenzialmente due: l’AGCOM per le emittenti radiotelevisive private, mentre per la RAI abbiamo la Commissione parlamentare di vigilanza. E qui che nasce la seconda grande critica, in quanto il consiglio dell’AGCOM è formato da quattro persone nominate dal Parlamento e il presidente viene scelto dal presidente del Consiglio, mentre per sua natura la Commissione di vigilanza RAI è composta da parlamentari (20 deputati e 20 senatori). Uno scenario che viene spesso contestato, in quanto non tutelerebbe l’indipendenza e l’imparzialità dalla politica.
A ogni modo durante i periodi di campagna elettorale, la principale funzione della par condicio è regolare il tempo che ogni programma di comunicazione politica dedica a ciascun partito. Per cui, tutti i partiti politici che si candidano durante un periodo elettorale devono avere la garanzia di accesso ed esposizione all’interno delle trasmissioni.
Il rispetto di questa normativa però è molto labile, innanzitutto perché non sempre viene assicurato ampio spazio a tutti i partiti durante la campagna elettorale (è il caso ad esempio delle liste meno note o più piccole). Inoltre, è molto difficile comprendere cosa rientra nell’accezione di programma di “comunicazione politica”, ai quali appunto si dovrebbe applicare la par condicio.
Secondo quanto si legge nella Legge n. 28 del 2000, si parla di “programmi contenenti opinioni e valutazioni politiche” come “tribune politiche, dibattiti, tavole rotonde, presentazioni in contraddittorio di programmi politici, confronti, interviste e ogni altra trasmissione nella quale assuma carattere rilevante l’esposizione di opinioni e valutazioni politiche”. Oggi però molte trasmissioni non rientrano in questo insieme, poiché hanno un’altra natura, a causa dei cambiamenti e dell’evoluzione dei linguaggi televisivi.
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Nell’aprile 2024 le modifiche apportate dalla Commissione di Vigilanza della RAI alla par condicio hanno destabilizzato gli ambienti politici e cittadini, e soprattutto quelli giornalistici. Andiamo con ordine.
Il 9 aprile 2024 viene data notizia che la Vigilanza RAI ha dato il via libera a una proposta di Fratelli d’Italia, della Lega e di Noi Moderati che punterebbe a dare più spazio di parola al Governo, senza però prima aver trovato un’intesa con le opposizioni.
L’emendamento tanto vociferato stabilisce che, fino alle elezioni europee, i programmi di informazione “qualora in essi assuma carattere rilevante l’esposizione di opinioni e valutazioni politico-elettorali, sono tenuti a garantire la più ampia possibilità di espressione, facendo in ogni caso salvo il principio della ‘notiziabilità’ giornalistica e la necessità di garantire ai cittadini una puntuale informazione sulle attività istituzionali e governative”.
Si tratta di una formulazione che lascia margine d’interpretazione, ed è proprio su questo che nascono le critiche più feroci. In pratica, chi non è d’accordo sottolinea che questa modifica permetterebbe ai rappresentanti della maggioranza di presidiare talk show e programmi televisivi durante il periodo della campagna elettorale, visto che non avranno più vincolo di tempo.
Invece chi è favorevole alla modifica ricorda che tale disposizione non garantirebbe più spazio in qualità di candidati elettorali, poiché verrebbe concesso unicamente “su materie inerenti all’esclusivo esercizio delle funzioni istituzionali svolte”. Ciò però non convince i critici, che comunque in essa vedono la possibilità per gli esponenti della maggioranza di poter indirettamente fare campagna elettorale.
Dopo questa decisione, il sindacato dei cronisti USIGRAI ha diffuso il seguente comunicato: “Il servizio pubblico ridotto a megafono del Governo. Ministri e sottosegretari non avranno alcun vincolo di tempo nei programmi e potranno dire ciò che vorranno purché riferito all’attività istituzionale. Con la norma approvata dalla maggioranza di governo in commissione di Vigilanza, nei programmi di approfondimento giornalistico della Rai, si ritorna all’Istituto Luce. Ai soli rappresentanti del governo sarà garantita una puntuale informazione sulle attività istituzionali governative. Tutto questo alla vigilia del voto per le Europee. Non solo viene aggirata la par condicio, ma anche il contraddittorio con l’opposizione. Questo vale anche per la norma che consentirà a Rainews di trasmettere integralmente i comizi politici, preceduti da una sigla e senza mediazione giornalistica. Cosa che peraltro in questi mesi il direttore di Rainews (lo stesso che sul palco di Fratelli d’Italia parlava di “noi” e “loro”) ha regolarmente imposto alla redazione per i comizi della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni (senza alcuna sigla)”.
Anche l’AGCOM ha modificato la par condicio per le emittenti privati, ma tali cambiamenti sono indicativi al modo in cui controllare che tale norma venga rispettata. In particolare, durante la mattina di venerdì 12 aprile 2024, l’organo ha spiegato che “non si limiterà a valutare la quantità di tempo fruita dai soggetti politici nella programmazione, ma considererà le fasce orarie in cui l’esposizione dei soggetti avviene, sulla base degli ascolti registrati dall’Auditel. Inoltre, nella valutazione dei programmi di informazione, si terrà conto anche della loro periodicità”. La novità principale riguarda le fasce orarie, oltre al fatto che si darà più peso agli interventi in prima serata.
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Ultima modifica: 12/04/2024