“Ospitali a casa tua“. Una delle frasi più pronunciate quando si parla d’immigrazione è diventata realtà. Da circa un anno, infatti, a Firenze, un disabile intellettivo di 56 anni ha accolto un tunisino disoccupato di 55. Qual è il risultato?
Quando “Ospitali a casa tua” diventa uno slogan positivo
La storia – riportata da SuperAbile e dal Corriere – narra la vicenda di Claudio, disabile italiano e addetto alle pulizie in una casa di cura che, un anno fa, ha accolto nella sua dimora Chedli, di origine tunisina. I due hanno cominciato a vivere assieme grazie all’associazione Auser Volontario Abitare Solidale, la cui mission è “trasformare ‘il problema abitativo’ in nuove opportunità per la costruzione di una comunità più coesa e solidale”. Una convivenza, dunque, nata dalla possibilità di realizzare una società più inclusiva a tutti i livelli.
Come avviene la coabitazione
Il principio base è lo scambio di servizi, in sostituzione del tradizionale contratto d’affitto. Simbolicamente, di fatto, Chedli partecipa alle spese per l’utenze della casa e dà una mano nell’assistere Claudio. O anche nelle varie mansioni quotidiane: cucinare, lavare, stirare, spazzare e così via. Tutto ciò all’interno di un alloggio in zona Campo di Marte, monitorata dai servizi sociali. La casa è abbastanza spaziosa: “un salottino, una sala da pranzo e due stanze, quella di Claudio con un letto matrimoniale, quella di Chedli con un lettino”.
Claudio: “Da solo non riuscirei a fare tante cose”
Insomma, grazie a questa opportunità, “Ospitali a casa tua” assume connotati positivi, mostrandoci che l’integrazione è sempre possibile. È lo stesso Claudio, infatti, ad ammettere, senza il suo nuovo coinquilino, non riuscirebbe a fare tante azioni quotidiane. “Se riesco ad avere una vita così bella, lo devo interamente a Chedli, che mi sostiene in tutto. A lui mi sono molto affezionato”. Un’amicizia che, spesso e volentieri, si ritrova anche in cucina. “I piatti di Chedli sono squisiti. La sera mangiamo sempre insieme e cucina sempre lui”. Assieme sono anche andati in vacanza a Rimini: “È stata una settimana da urlo, ci siamo divertiti tantissimo”, testimoniano i due. “Non siamo più soli, possiamo chiacchierare, ridere, scherzare e vivere dignitosamente”.
Chedli: “Senza Claudio, sarei in mezzo alla strada”
Lo stesso tunisino ammette che, grazie a questo programma, la sua vita ha acquisito nuova dignità: “Se non ci fosse lui, rischierei di stare in mezzo a una strada. Sto cercando lavoro ma alla mia età sono pochi a darti una possibilità di assunzione”.
Abitare solidale: “Cerchiamo sempre volontari”
Il progetto dell’associazione è solo all’inizio, ma punta ad ampliare ancora di più le possibilità di coabitazione. “La storia di Claudio e Chedli ci dimostra come aprire la propria casa a un’altra persona significhi spalancare nuove opportunità di vita”, a detta di Gabriele Danesi, coordinatore di Abitare Solidale. Un’iniziativa che vuole migliorarsi ancora di più: “Cerchiamo volontari che possano accompagnare le persone nella convivenza, affinché possano imparare a conoscersi e diventare coinquilini”.
Fonte immagini: Corriere e pagina Facebook Auser Abitare Solidale