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Intervista a Nunzio Bellino: “La mia vita con Sindrome di Ehlers-Danlos”

Intervista a Nunzio Bellino: "È stato difficile accettare la mia sindrome e superare gli ostacoli. Il corto? Racconta la mia infanzia".

L’abbiamo imparata a conoscere grazie a Gioia Di Biagio, ma la Sindrome di Ehlers-Danlos ha molti interpreti di vita che provano a usare le proprie storie per sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema. Uno di questi è Nunzio Bellino, 31enne di Napoli con questa malattia rara che, qualche tempo fa, ha fatto conoscere le sue vicende attraverso un cortometraggio, “Elastic Heart”.

Nunzio Bellino: “Ci ho messo tanto tempo per accettare la sindrome di Elhers-Danlos”

Visto che Nunzio Bellino esprime un importante concetto di Disabilità Positiva, abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui e il regista e sceneggiatore dell’opera, Giuseppe Cossentino, 34enne di Napoli.

Partiamo con Nunzio Bellino. Quando hai scoperto di avere la sindrome di Ehlers-Danlos?

“L’ho scoperto quando sono andato in coma. Il dottore mi ha detto che ho questa sindrome e mi ha indicato la dott.ssa Bassotti di Milano, la quale mi ha identificato la sindrome.”

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Come sei riuscito ad accettare e convivere con questa sindrome?

“Da bambino avevo già notato di avere qualcosa di strano: quando mi toccavo la mano, mi sembrava più elastica, mi sentivo diverso. Ci è voluto un tempo molto lungo per accettarmi, perché non è facile: i bambini erano cattivi e curiosi con me allo stesso tempo.”

In numerose interviste racconti che sei stato bullizzato. Secondo te, come si può combattere la cultura dell’odio (sempre più attuale) che disprezza il diverso?

“Io avevo un ‘amico’ che un giorno, all’improvviso, ha pubblicato online parole come ‘Sei un mostro’, ‘Ti devi uccidere’, ‘Fai schifo’, ‘Non hai il fisico bello’. Gli altri mettevano anche ‘Mi piace’. Ma sai come l’ho fermato? Non me ne f***e proprio, vado avanti, sorrido e faccio le cose che amo, come la recitazione e la musica.”

A proposito di questo, sei stato protagonista di un cortometraggio che ti riguarda, “Elastic Heart”. Ci racconti brevemente la storia dell’opera e qual è il messaggio che vuoi diffondere?

“Il cortometraggio parla della mia storia, della mia infanzia con mia madre (morta all’età di 10 anni). Perdere una persona cara è bruttissimo, superare gli ostacoli non è facile, ma ricordo certi sentimenti, come andare a comprare con lei un gelato. Nell’opera racconto anche l’incontro con questo mio ‘amico’, che si trasforma nel cattivo amico. E poi resta il vuoto, come se mia madre parlasse dal cielo.”

Hai ricevuto feedback o critiche in merito al corto?

“Mi aspettavo molte critiche, invece sono arrivati un sacco di commenti positivi. Feedback negativi no, giusto qualche persona gelosa che, invece di darmi la forza, fan finta di non guardare. Alcune persone sono invidiose, invece di essere una famiglia e di aiutare gli altri anche con la diversità. Io sono aperto a tutto, perché è giusto raccontare le altre storie, è importante anche per le generazioni future a cui dobbiamo lasciare qualcosa.”

Immagino conoscerai Gioia Di Biagio: come te, lei è una delle personalità rappresentativa della battaglia contro una sindrome, in grado di sensibilizzare l’opinione pubblica su un certo tema. Quant’è importante che esistano queste figure?

“Un giorno un ragazzo mi ha contattato su Instagram raccontandomi che la sua ragazza e la sua cugina avevano questa sindrome e voleva sapere a chi poteva rivolgersi. Io gli ho dato tutte le informazioni, non nascondo le cose, se posso aiutare lo faccio. Invece alcune persone fanno finta, come se fossero loro i protagonisti: non è bello così.”

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Non è bello nemmeno che il tema delle malattie rare sia un po’ politicamente poco affrontato. Quali dovrebbero essere secondo te le mosse delle istituzioni per migliorare la consapevolezza in materia?

“Ho provato a contattare le istituzioni, ma c’è un muro. Pensano ad altre cose, è come se noi non esistiamo, siamo invisibili: è la cosa brutta di questa generazione. Anche la televisione, non tutti accettano la nostra diversità. Qualche tempo fa sono stato a Storie Italiane, e ringrazierò sempre Eleonora Daniele che mi ha fatto simbolo della trasmissione. In quell’occasione, ho spinto fortemente per fare un monologo perché il mio obiettivo non è diventare una figura di un certo tipo, ma voglio far capire che ci sono altre cose oltre.”

Veniamo a te, Giuseppe Cossentino. Quant’è importante che l’arte racconti la diversità?

“Credo sia fondamentale. Il cinema è un veicolo abbastanza potente per raccontare sia qualsiasi forma di diversità sia la disabilità. In pratica è uno specchio per l’allodole, un diffusore per questo tipo di problematiche che spesso non vengono affrontate dalla televisione tradizionale e dalle istituzioni.”

Nel merito del corto, qual è stata la strategia di realizzazione? Su quali idee e caratteristiche ti sei basato per raccontare la storia di Nunzio Bellino?

“Nunzio Bellino e io ci siamo incontrati nel 2016, in quell’occasione lui mi raccontò della sua storia e della sua sindrome. Noi sceneggiatori e registi dobbiamo prima documentarci su ciò che vogliamo mettere in scena, così ho voluto sapere tutti i particolari della sua storia, e lui me l’ha raccontata nei minimi dettagli. Più che la patologia, ho provato a raccontare i sentimenti che si nascondono dentro una patologia rara. Sono andato oltre quello che si nasconde dietro l’elasticità della pelle di Nunzio, per questo il corto si chiama ‘Elastic Heart’: sono andato verso le emozioni, i sentimenti e le sensazioni che ha Nunzio, che mi ha raccontato e che ha voluto esternare. Sono sensazioni in cui si possono immedesimare chiunque abbia una patologia rara.”

Ultimamente l’arte racconta diverse storie riguardanti la diversità. Secondo te, qual è il linguaggio più idoneo per raccontare certe vicende?

“Deve essere un linguaggio semplice e non troppo articolato, abbastanza immediato e veloce. Il mondo è diventato abbastanza frenetico. Pensa che dopo il cortometraggio, Nunzio e io – dato che siamo al tempo del Coronavirus e chi ha la sindrome di Ehlers-Danlos è un soggetto fragile – abbiamo girato anche un spot, ‘La voce degli Invisibili’, in cui abbiamo usato un linguaggio abbastanza immediato per i social. Oggi il mondo va veloce, la società è fluida, quindi cerco sempre di usare un linguaggio che possa arrivare ai più. Anche ‘Elastic Heart’ è arrivato a un pubblico vasto e distante per la facilità di ricezione, oltre alla risonanza che la stampa italiana gli ha dato.”

Ultima modifica: 26/10/2020

Angelo Andrea Vegliante

Da diversi anni realizza articoli, inchieste e videostorie nel campo della disabilità, con uno sguardo diretto sul concetto che prima viene la persona e poi la sua disabilità. Grazie alla sua esperienza nel mondo associazionistico italiano e internazionale, Angelo Andrea Vegliante ha potuto allargare le proprie competenze, ottenendo capacità eclettiche che gli permettono di spaziare tra giornalismo, videogiornalismo e speakeraggio radiofonico. La sua impronta stilistica è da sempre al servizio dei temi sociali: si fa portavoce delle fasce più deboli della società, spinto dall'irrefrenabile curiosità. L’immancabile sete di verità lo contraddistingue per la dedizione al fact checking in campo giornalistico e come capo redattore del nostro magazine online.