Luca Paiardi è un architetto torinese con la passione per la musica, il tennis in carrozzina e il viaggio. Questa è l’intervista esclusiva realizzata in collaborazione con Offcarr, l’azienda leader in Italia per la produzione delle carrozzine sportive ed ortopediche.
“Secondo me l’essere in carrozzina se sei una persona che ha avuto un’evoluzione interiore ti può aprire più porte, ti può migliorare…se sei una persona che invece non è riuscita a fare i conti con se stessa allora ti peggiora. Così esordisce Luca Paiardi – O diventi migliore o diventi peggiore rispetto a come eri…perchè ti mette alla prova, sono come le prove che chiunque passa nella vita…”
“Ho avuto paura di morire, non della carrozzina…ho avuto un periodo in cui ho rischiato la mia vita coscientemente…ero anche abbastanza credente…adesso, da un pò di tempo è un periodo un pò più di dubbio, però ho anche pregato tanto perché io volevo vivere…volevo vivere, volevo far l’amore perchè mi piaceva e mi piace molto…”
“Da ragazzino giocavo a calcio, come penso la maggior parte dei ragazzini – racconta Luca Paiardi – Ero duttile, uno di quei giocatori che vanno molto di moda, che non sono estremamente specifici, quindi, tranne il portiere credo di aver giocato in tutti i vecchi ruoli: terzino, libero, stopper, mediano, mezza punta, ala, centravanti…tutti gli ho fatti. Ero tifoso della Juventus…poi mi sono disamorato del calcio e di tutto quello che gravita intorno al calcio, gli interessi economici…quella parte che non rende più per me il calcio interessante…mi sono innamorato del tennis perchè ho trovato uno sport al cui interno ci sono dei valori molto forti…anche negli spettatori! Mi sono stupito come tutti applaudissero il gesto tecnico e nessuno trasse contro…questo credo sia un grandissimo aspetto culturale che nel calcio manca”.
“Devo dire grazie alla mia prima insegnante che mi ha trasmesso questa passione, Margherita Vigliano, lei è stata tra l’altro deus ex machina del tennis in carrozzina in Piemonte ma anche in Italia perchè è stata allenatrice della nazionale maschile e femminile, una persona speciale che mi ha trasmesso la passione per questo sport e per lo sport in generale e per la cultura sportiva che è quella del fair play, dello sport come obiettivo personale, anche come un valore positivo per superare anche delle difficoltà per riabilitare la mente e il corpo”.
“Il tennista che mi piace si chiama Shingo Kunieda, è paragonabile a Federer nel tennis in carrozzina, è un giocatore giapponese estremamente tecnico, fortissimo. Chi è appassionato di tennis e ha la possibilità di vederlo giocare dal vivo è veramente uno spettacolo della natura”.
“La musica per me è una modalità espressiva di contatto con il mio inconscio, con la mia parte interiore: mi aiuta sia ad esprimere quello che sento più profondamente sia a conoscerlo, quindi non è solo divertimento ma è una cosa più importante che, secondo me, dovrebbero provare tutti, ci vuole un pò di pratica come qualsiasi arte o disciplina da intraprendere ma da delle sensazioni e fa scoprire dei mondi incredibili e, soprattutto, rende la vita migliore”.
“La mia prima passione è il rock – prosegue Luca pirati – però in un’accezione di sperimentazione, con Stearica negli anni abbiamo abbandonato la voce, siamo un gruppo strumentale, un gruppo che improvvisa, che le proprie composizioni partono dall’improvvisazione, quindi vuol dire che è proprio un dialogo, un ascolto, con le persone con cui suoni per poi codificare dei brani che rispecchiano dei paesaggi sonori”.
“Io suono il basso elettrico, che è il punto di congiunzione, visto che siamo un trio, tra la chitarra e la batteria”.
“Ho iniziato studiando economia, poi dopo la lunga ferma non volontaria dovuta al mio incidente ho cambiato e deciso di fare l’architetto; lavoro part time per il Politecnico di Torino e sono anche molto contento di avere questa possibilità perchè trovo che sia un ateneo importante e rilevante in Italia. Abbiamo iniziato a parlare anche dopo un pò di tempo dei temi sull’accessibilità, sull’inclusione delle persone con disabilità all’interno dell’ateneo sia dal punto di vista degli studenti che dal punto di vista dei colleghi dell’amministrazione che dei professori stessi che possono avere una disabilità e poter essere coinvolto in un progetto attivo su una tematica del genere mi rende ancora più felice”.
“Viaggiare è un fattore di crescita molto importante per chiunque, persone che siano disabili o non lo siano, di qualsiasi colore della pelle e di qualsiasi estrazione sociale…ci si arricchisce viaggiando. Il paese che ho più nel cuore è l’Italia, e girare l’Italia è sempre un’esperienza fantastica, nelle sue contraddizioni…ma proprio nelle sue contraddizioni il trovare delle realtà positive che si muovono in direzioni positive questo mi rende molte volte orgoglioso del mio paese…girando un pò in Europa e fuori dall’Europa le contraddizioni ci sono un pò dappertutto. Mi piace molto girare, andare fuori dall’Italia però se mi chiedi quale paese ho nel cuore ti dico il mio!”
“Mi sono reso conto che i miei viaggi – conclude Luca Paiardi – sono sempre stati fatti in compagnia, o con un amico o con una compagna o con un gruppo di amici. Da solo ho viaggiato solo per il tennis, perchè il tennis l’ho sempre vissuto come uno sport individuale, però io penso che il viaggio sia condivisione, anche quando si viaggia da soli, perchè si viaggia per conoscere, per incontrare, per arricchirsi dagli incontri e dalle conoscenze che si fanno in giro per il mondo…”
Ultima modifica: 17/02/2020