Il motoneurone è un neurone motorio localizzato all'interno del sistema nervoso centrale che trasporta il segnale per controllare i muscoli
Il motoneurone è un neurone motorio localizzato all’interno del sistema nervoso centrale (SNC) e del sistema nervoso periferico (SNP). Il suo compito è imprescindibile: si occupa infatti di inviare e trasportare i segnali di movimento all’interno dell’organismo.
Il malfunzionamento di questi motoneuroni (che a loro volta si dividono in motoneuroni superiori e motoneuroni inferiori) comportano un grave deficit per l’organismo e la comparsa di patologie croniche incurabili come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), la sclerosi laterale primaria (SLP), l’atrofia muscolare progressiva (AMP), la paralisi bulbare progressiva (PBP), la paralisi pseudobulbare, l’atrofia muscolare spinale (SMA). Ad oggi sono tutte malattie degenerative di cui non ci conoscono a fondo le cause.
Per capire l’importanza del motoneurone, bisogna partire dal sistema nervoso centrale (SNC). Il sistema nervoso centrale è formato dal cervello e dal midollo spinale. Il cervello è racchiuso nella scatola cranica ed è a diretto contatto con il midollo spinale che raccoglie, integra e smista le informazioni provenienti dal cervello e le smista a tutto l’organismo.
Il cervello è formato da una parte esterna di neuroni (detta anche corteccia cerebrale o sostanza grigia) e una parte più interna in cui si trovano le fibre nervose che trasmettono impulsi. Tutte queste fibre sono circondate da mielina (a meno che il soggetto non sia colpito da sclerosi multipla). Alla base del cervello si trovano il cervelletto e il tronco encefalitico, che si connette in maniera endemica con il midollo spinale.
Il motoneurone è una cellula nervosa motoria ricca di ramificazioni (dentriti e assoni) attraverso le quali riesce a connettersi con le altre cellule. Fa parte sia del sistema nervoso centrale (motoneurone superiore), sia di quello nervoso periferico (motoneurone inferiore). Il motoneurone quindi è parte integrante del nostro sistema nervoso (con neuroni e interneuroni) e dal cervello e dal midollo spinale, si connettono alle fibre muscolari mediante le sinapsi.
Attraverso il motoneurone, i segnali elettrici generati dal sistema nervoso centrale raggiungono il midollo spinale (attraverso quello superiore), poi raggiungono il sistema periferico (attraverso quello inferiore) e le fibre del tessuto muscolare favorendo la contrazione e il movimento. Ogni movimento volontario quindi è possibile solo grazie al funzionamento di questo processo, che entra in gioco anche nel caso dei riflessi spinali. Ad ogni movimento, il nostro cervello genera un segnale nervoso che parte dalla corteccia cerebrale e scende lungo il midollo spinale.
A questo punto entrano in gioco i motoneuroni, che dal punto di vista somatico sono classificati in quattro categorie a seconda della funzione che svolgono all’interno dell’organismo. I più importanti sono i motoneuroni alfa, che sono i più grandi del corpo umano e consentono di inviare un segnale a una media di 90 metri al secondo. La loro funzione è quella di connettersi alle cellule muscolari scheletriche. Poi ci sono i motoneuroni gamma, che invece non superano i 25 metri al secondo di capacità.
Quando pensiamo al sistema nervoso centrale, dobbiamo immaginare quindi un gigantesco e complesso circuito elettrico fatto di nodi e connessioni che consente al nostro organismo di compiere azioni e di espletare le proprie funzioni vitali. Un ruolo fondamentale in questo processo è giocato dagli interneuroni, ovvero da quelle cellule neuronali che connettono per esempio i neuroni sensoriali ai motoneuroni.
Questa connessione è fondamentale: per continuare la metafora del circuito elettrico, è come se gli interneuroni fossero gli adattatori. I motoneuroni, oltre a intervenire in maniera preponderante nei movimenti volontari sono coinvolti anche nei riflessi muscolari, fondamentali per preservare l’integrità delle unità motorie e per svolgere attività normali come passeggiare.
Col passare degli anni, il corpo è soggetto a invecchiamento e il trasferimento degli impulsi da una parte all’altra del corpo diviene più lento. In particolar modo, con l’avanzare dell’età i motoneuroni persono la capacità di innervare le fibre veloci, che vengono di conseguenza rimpiazzate da fibre più lente. Ecco a cosa è legato il concetto di perdita di forza: gli anziani non sono più in grado di avere la reattività di quando erano giovani proprio a causa di questo meccanismo fisiologico. In questo processo di invecchiamento naturale diventa fondamentale aver “allenato” il nostro sistema nervoso.
L’allenamento fisico infatti rinvigorisce e rinforza tutto il sistema nervoso e mantiene efficiente lo smistamento dei segnali all’interno dell’organismo. Un corpo atletico è in grado di rallentare questo processo fisiologico e soprattutto è in grado di mantenere giovani i meccanismi che regolano il movimento umano. Alimentazione sregolata, vita sedentaria, abuso di alcolici e mancanza di allenamento invece finiscono con l’influire in maniera negativa sul sistema nervoso centrale, che va incontro ad un invecchiamento precoce.
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Il malfunzionamento dei motoneuroni ha conseguenze nefaste sull’organismo e determina la comparsa di patologire invalidanti e incurabili come la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), la sclerosi laterale primaria (SLP), l’atrofia muscolare progressiva (AMP), la paralisi bulbare progressiva (PBP), la paralisi pseudobulbare, l’atrofia muscolare spinale (SMA). Ad oggi, non esistono terapie farmacologiche o cure capaci di contrastare la progressiva degenerazione dei motoneuroni.
Si tratta di una condizione cronica e incurabile che peggiora nel corso degli anni e che può diventare sempre più invalidante. Gli studi scientifici quindi sono rivolti all’individuazione di terapie capaci di alleviare il dolore nel tentativo di ritardare il più possibile l’ultimo stadio. Le aspettative di vita, ad ogni modo, sono impietose. L’unico farmaco approvato per la SLA con efficacia dimostrata in diverasi studi è il riluzolo, capace di arrestare il decorso della malattia andando a contrastare in modo efficace l’azione eccitotossica del glutammato.
In caso di SLA, la morte sopraggiunge entro i 5 anni dalla comparsa dei primi sintomi. Sono rarissimi i casi in cui i pazienti riescano a sopravvivere per una decina d’anni. Anche in caso di paralisi bulbare progressiva, le statistiche sono devastanti: i pazienti muoiono entro i 3 anni dalla comparsa dei primi sintomi.
Se il paziente è affetto da atrofia muscolare, invece, non è escluso che riesca a vivere anche 5 anni o poco più. La più magnanima fra queste malattie incurabili è la sclerosi laterale primaria: alcuni pazienti riescono a convivere con questa malattia anche vent’anni.
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Ultima modifica: 26/10/2020