Ci sono morti nel calcio che hanno segnato un'epoca e che rappresentano, a tutti gli effetti, momenti indelebili. Ecco le morti più famose
Le morti nel calcio sono come tutte le altre e questo articolo vuole essere un omaggio a personalità che hanno segnato il mondo del calcio e che hanno lasciato qualcosa di indimenticabile nell’immaginario collettivo.
Una premessa è d’obbligo: abbiamo deciso di fare una selezione e ci scusiamo anticipatamente se non troverete qualche nome. I morti nel calcio sono davvero molti e elencarli tutti avrebbe significato scrivere un articolo troppo lungo. Ecco le morti che hanno segnato il mondo del calcio.
Così Gianluca Vialli aveva chiamato il tumore al pancreas scoperto nel 2017. Un “ospite indesiderato”. Un compagno di viaggio che avrebbe evitato volentieri e che il 6 gennaio se l’è portato via in una clinica di Londra. Gianluca Vialli è stato un campione e non solo sui campi da calcio italiani. Un campione che ha saputo vestire diversi ruoli nei suoi 58 anni di vita: calciatore, allenatore, opinionista, consigliere e infine Capo Delegazione della Nazionale di Calcio Italiana. Nell’immaginario collettivo, a seguito della vittoria agli Europei 2020 della Nazionale Italiana, rimarrà l’abbraccio a fine partita con il suo amico di sempre Roberto Mancini. Uno dei momenti più emozionanti, come lui stesso ha dichiarato: “In quel gesto c’erano tanti sentimenti in un colpo solo: non solo la gioia per aver raggiunto un traguardo inaspettato, ma anche il ricordo della finale di Coppa Campioni persa nel ’92 contro il Barcellona e la paura per le mie condizioni di salute. È stato un abbraccio più bello degli assist che gli facevo da calciatore“.
Il più grande di tutti. O comunque, quello che ha segnato il calcio moderno come lo conosciamo. Il 29 dicembre 2022 ci ha lasciato Pelè, il campione brasiliano che lottava da qualche anno contro una terribile forma di tumore al colon. Una morte annunciata, Pelè era sparito dai radar e si vedeva sempre meno. Difficile raccontare cosa abbia significato per il calcio Pelè: più di 1200 gol segnati, 3 campionati del mondo vinti e una infinità di giocate, dribbling e momenti indelebili. Pelè è stato il calcio, per almeno un ventennio.
Il capitano dello scudetto della Roma, Agostino di Bartolomei, decise di suicidarsi sparandosi un colpo di pistola Smith & Wesson il 30 maggio 1994 a San Marco, la frazione dove viveva a Castellabate. Una morte tragica e con un significato ben preciso.
Si sparò nel petto dieci anni dopo la finale di Coppa dei Campioni persa, all’Olimpico, contro il Liverpool ai rigori. Nella sua lettera d’addio, Di Bartolomei parla di motivazioni legate alla sfera economica e ad investimenti sbagliati. Sono in molti invece a legarla a problemi di depressione dovuti al mancato inserimento nel mondo del calcio.
Sono tante le morti nel calcio legate a condizioni incurabili come la Sla. Uno è Stefano Borgonovo, calciatore della Fiorentina morto nel 2013. Stefano la chiamava la “stronza” e cercò di sconfiggerla, invano, per 5 anni. Prima di lui era capitato all’ex calciatore della Roma e del Genoa, Gianluca Signorini.
La lista, in realtà, è più lunga e ci sono nomi che non possono non essere citati. Armando Segato, Campione d’Italia con la Fiorentina ed Ernesto “Tito” Cucchiaroni, argentino della Sampdoria diventato bandiera della Sampdoria. Poi ancora Fulvio Bernardini, Giovanni Bertini e Pietro Anastasi.
Secondo uno studio condotto da Ettore Bighi con Elisabetta Pupillo, il rischio Sla “tra gli ex-calciatori è circa 2 volte superiore a quello della popolazione generale. Analizzando la Serie A, il rischio sale addirittura di 6 volte, ma la vera novità consiste nell’aver evidenziato che i calciatori si ammalano di Sla in età più giovane rispetto a chi non ha praticato il calcio”.
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Ci sono morti nel calcio che rimangono impresse più di altre. Sono le morti che avvengono sul rettangolo di gioco e che lasciano sgomenti tifosi e telecronisti. Partiamo da Miklos Feher, calciatore del Benfica che si accasciò a terra durante un Benfica-Vitoria Guimaraes. Morì in pochi minuti a causa di una malformazione cardiaca, poi diagnosticata. Era il 25 gennaio 2004 e Miklos aveva soli 24 anni.
Sempre nel 2004 la morte di Paulo Sergio De Oliveira, detto Serginho, calciatore del San Caetano, a causa di un arresto cardiaco. Poi c’è Catalin Hildan, 24enne morto in un un’amichevole tra Dinamo Bucarest e FC Oltenita, dopo 75 minuti, sempre a causa di un arresto cardiaco.
Fra le morti che hanno segnato un’epoca c’è quella di Marc Vivian Foe, il 26 giugno 2003. Camerun e Colombia si stavano sfidando nella semifinale della Confederations Cup in Francia. Minuto 75: Foe crolla a terra e muore in campo. Stessa sorte per Ben Idrissa Dermé nel 2017, il difensore del Burkina Faso morto per un attacco di cuore nel secondo tempo della partita del terzo turno.
Di sicuro, una delle morti che il mondo del calcio ha pianto di più è stata quella del difensore del Siviglia Antonio Puerta. Il 25 agosto 2007, il capitano stava giocando l’ennesimo match della sua storia contro il Getafe. Dopo mezz’ora di gioco, Puerta ha iniziato a barcollare e a cadere. Provò a rialzarsi, ma finì per cadere ancora una volta. Morì dopo qualche ora in ospedale.
Puerta in Italia, Morosini in Italia. Il suo addio ha sconvolto tutti. Durante la partita tra Livorno e Pescara in Serie B, il giocatore toscano si è sentito male e si è accasciato sul manto erboso. I medici del club sono entrati in suo aiuto ed è stato portato in ospedale, dove è morto poche ore dopo. Stessa sorte per Bruno Boban e per il capitano scozzese del Motherwell, Philip O’Donnel, Cristian Cesar Gomez e il calciatore camerunense Patrick Ekeng.
Il 4 marzo 2018 è stato il giorno della morte di Davide Astori, rinvenuto senza vita in un albergo di Udine che ospitava la Fiorentina poco prima della partita contro l’Udinese. L’autopsia ha confermato la morte cardiaca improvvisa a causa di una cardiomiopatia aritmogena silente. Per la prima volta, il calcio italiano per intero si fermò.
Fra le morti nel calcio causate dalla leucemia spiccano due nomi: Andrea Fortunato, morto a soli 23 anni, e l’ex calciatore di Sampdoria, Lazio e Inter Sinisa Mihajlovic. Fortunato era una delle promesse più affascinanti del mondo dal calcio, per molti era l’erede di Antonio Cabrini. Un difensore intelligente dotato di intelligenza e tecnica. Un giocatore tanto forte da ricevere la chiamata in Nazionale, ma un destino crudele in agguato.
Stesso male incurabile per Sinisa Mihajlovic, morto il 16 dicembre 2022 a causa del ripresentarti della leucemia. Sinisa era malato dal 2019 e aveva sempre lottato con un eroico coraggio. Anche nei momenti più bui della malattia, aveva sempre mostrato un carattere determinato ed elargito perle in tutte le conferenze. La sua morte è stata uno shock per il mondo del calcio, che sperava fortemente nella prima battaglia vinta da Mihajlovic. Invece il destino, anche qui, è stato crudele.
Un tumore ai polmoni si è portato via Pablito Rossi, il campione del mondo dell’Italia del 1982. Un giocatore fantastico che è diventato leggenda in quel mondiale di Spagna dove l’Italia partiva sfavorita. Il Brasile era la squadra più forte e dovette soccombere sotto i colpi di Pablito, autore di una tripletta. Paolo Rossi è morto il 9 dicembre 2020 a causa di un tumore ai polmoni in un ospedale di Siena.
Quando si parla di morte nel calcio, non si può non parlare di Diego Armando Maradona, uno dei più grandi calciatori del mondo. Un campione fuori dal normale, un uomo che ha segnato un’epoca e che ha fatto discutere in vita per i suoi vizi e i suoi eccessi. Anche la sua morte è avvolta nel mistero.
Ufficialmente Diego Maradona è morto in Argentina, a 60 anni, in una casa in affitto nel quartiere di San Andrés, a Benavìdez nel Tigre, dopo un intervento per un ematoma subdurale alla testa. La famiglia sostiene che Diego abbia ricevuto le cure sbagliate e a distanza di anni, si inseguono ancora accuse ed emergono nuovi dettagli sulla sua morte.
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Ultima modifica: 03/02/2023