Il Morbo di Wilson impedisce un fisiologico smaltimento del rame, un metallo importante per lo sviluppo di nervi, ossa, melanina e collagene. Se supera determinate concentrazioni però, può risultare pericoloso per l’organismo, ed è per questo che le quantità in eccesso vengono eliminate, in condizioni normali, attraverso la bile.
L’accumulo di rame negli organi e nei tessuti del corpo tipico della malattia di Wilson è dovuto ad un difetto del suo metabolismo: a causa di un’alterazione del gene ATP7B localizzato sul cromosoma 13, il rame assunto con la dieta non viene eliminato in maniera adeguata e così rimane nel corpo accumulandosi prevalentemente a livello di fegato e cervello ed in misura minore anche nei reni, nella cornea ed in altri tessuti.
Il gene ATP7B ha la funzione di favorire l’eliminazione delle dosi in eccesso di rame attraverso la bile; nel caso in cui, per una mutazione genetica, la sua funzione viene meno, il metallo si accumula in dosi così elevate da fuoriuscire dalle cellule e confluire nella circolazione sanguigna attraverso la quale poi raggiunge i vari distretti corporei.
Il rame presente nel nostro corpo è assunto attraverso la dieta ed il suo assorbimento si verifica a livello intestinale. Qui, si lega all’albumina (la più importante proteina plasmatica) raggiungendo così il fegato.
Una volta qui, in condizioni fisiologiche il gene ATP7B ha il compito di favorire il legame tra rame e ceruloplasmina, un’altra proteina plasmatica deputata al trasporto ed alla escrezione del rame.
In un individuo con Morbo di Wilson invece questo gene non è in grado di svolgere la propria funzione e quindi di favorire il legame con la ceruloplasmina. Il rame in eccesso rimane così legato all’albumina, non viene eliminato e si accumula nell’organismo determinando le prime alterazioni proprio a livello epatico (il fegato è il primo organo in cui giunge il rame assorbito con la dieta).
Di conseguenza:
I sintomi del Morbo di Wilson si manifestano in genere non prima dei sei anni (spesso è questo il tempo necessario al rame per accumularsi nell’organismo in quantità dannose). In alcuni casi la malattia più insorgere anche in tarda adolescenza o in età adulta (30-40 anni).
I primi sintomi si manifestano a livello del fegato, il primo organo dove giunge il rame assunto con la dieta dopo essere stato assorbito nell’intestino. La salute di questo organo peggiora progressivamente fino a giungere, nei casi più gravi, ad una situazione in cui non è più grado di assolvere le proprie funzioni (insufficienza epatica).
I segni tipici di un quadro di insufficienza epatica sono: ittero, dolore addominale, epatomegalia e splenomegalia e vomito.
Quando i livelli di rame raggiunti nel fegato non riescono più ad essere contenuti, il metallo raggiunge il cervello determinando alterazioni e sintomi diversi come tremori di tipo parkinsoniano, rigidità, difficoltà di parola, difficoltà nei movimenti, depressione, alterazioni nella coordinazione muscolare, disfagia, cambiamenti d’umore.
La cornea dell’occhio mostra invece un segno tipico della malattia di Wilson: si tratta del cosiddetto anello di Kayser- Fleischer, una formazione circolare di colore bruno-verdastro.
Se il rame si deposita a livello renale, le conseguenze sono importanti.
Nel caso in cui siano manifesti contemporaneamente l’anello di Kaiser-Fleischer, lesioni del nucleo lenticolare e segni di cirrosi epatica, la diagnosi non lascia alcun dubbio.
Se diagnosticato precocemente e trattato in maniera adeguata, il Morbo di Wilson può consentire, a chi ne è affetto, di condurre una vita più o meno normale. Ma se non curata, la malattia di Wilson è fatale, e la morte può sopraggiungere anche a distanza di pochi anni dalla comparsa dei primi sintomi.
La terapia si basa su:
Mirato a ridurre i depositi e controllare l’assorbimento intestinale del rame. Nel primo caso si ricorre alla somministrazione di due farmaci in particolare, la penicillamina e la trientina, due agenti chelanti che sequestrano il rame in eccesso e lo conducono ai reni per eliminarlo. La penicillamina risulta più efficace della trientina, ma è causa di effetti collaterali più importanti, proprio a livello renale.
Per ridurre l’assorbimento intestinale del rame invece può essere utile assumere dello zinco, in grado di prevenire quindi l’accumulo del metallo nel fegato. Questo rimedio è consigliabile quando la malattia è ancora ai primi stadi e quindi il rame non ha invaso gli altri tessuti.
La quantità di rame assunto con la dieta deve essere controllata limitando il consumo di alcuni cibi ad alto contenuto di questo metallo, come: noci, fegato, frutti di mare, cioccolata, funghi. L’apporto alimentare di rame non dovrebbe superare i 2 mg/giorno.
La fisioterapia si rivela utile nei pazienti che presentano la forma neurologica della malattia. La terapia fisica infatti può aiutare ad affrontare e migliorare problematiche quali l’atassia ed i tremori e può impedire l’insorgere di contratture conseguenti alla distonia.
Visti i numerosi rischi e le complicanze legate all’intervento chirurgico, si ricorre al trapianto di fegato solo in scenari di particolare gravità, ovvero:
In ogni caso, più precoce è l’intervento migliori saranno la prognosi e la qualità di vita.
Ultima modifica: 17/02/2020