Simona Ciappei ha da poco compiuto 42 anni, è di Pisa e ha la Miopatia Metabolica Mitocondriale, associata ad altre patologie autoimmuni. La sua è una storia un po’ nota, vista la sua dinamica social importante riguardo la questione dei concerti accessibili ai disabili.
Di fatto, al centro della storia di Simona, va sottolineata l’esigenza di combattere per i propri diritti, sempre e comunque. La Disabilità Positiva di questa storia risiede nella volontà di non farsi ostacolare nemmeno dalla Miopatia Metabolica Mitocondriale.
Anche Simona ci ha contattato con il desiderio di voler raccontare la propria visione della vita, e poter diffondere la propria Disabilità Positiva dal punto di vista di una persona con Miopatia Metabolica Mitocondriale. Così, l’abbiamo intervistata.
“Trovo che sia importante sensibilizzare le persone su situazioni che non conoscono affinché ci si possa unire per risolvere ciò che non va. Heyoka dà questa splendida opportunità”.
“Ho notato che si dà sempre molta importanza all’abbattimento delle barriere architettoniche, ma mai a quelle mentali. Non tolgono importanza alle prime, ma ho voluto dar voce a tutte quelle persone che provano ‘vergogna’ o si sentono in difficoltà a far valere il proprio diritto al divertimento. Come se una persona disabile non dovesse neppure pensare allo svago.
Tutti noi ci dedichiamo a qualcosa che ci fa star bene, che ci fa smettere di pensare ai problemi della nostra vita per andare avanti. Credo che, per una persona disabile, questo sia ancora più importante, poiché oggi si rischia (proprio per i problemi di barriere architettoniche e mentali) l’isolamento e di conseguenza, la depressione. Ho scelto la questione concerti perché la musica è un antidepressivo naturale“.
“No, non mi sento una fonte d’ispirazione. Sono solo arrabbiata e rammaricata nel constatare che non tutti gli esseri umani abbiano gli stessi diritti (oltre che doveri). E detesto il fatto che non siamo noi a sentirci diversi, ma sono gli altri a farci sentire tali”.
“Credo che il problema sia alla radice. Non c’è la giusta educazione al problema. Si pensi che nel 2019 non si riesce a pensare ad un qualcosa di già accessibile a tutti, ma continuiamo a parlare di abbattimento delle barriere. La legge è del 1989.
Ci vuole un radicale cambio di mentalità. Pare che vada avanti solo la tecnologia, ma non l’intelletto delle persone: qualcosa non torna. Si potrebbe iniziare mettendo un ministro della disabilità che sia disabile al governo. Alla fine, è vero che le situazioni le capisce solo chi le vive sulla propria pelle”.
“Io ho sempre pensato che non serva a niente lamentarsi di una situazione senza fare niente per cambiarla. E poi, non sono mai riuscita, sin da piccola, ad accettare le ingiustizie. Questa è la mia essenza. Diciamo semplicemente che la malattia, anzi, le mie malattie hanno intaccato solo il corpo, ma non il mio modo di essere, la mia coscienza. Certe cose devono cambiare per i più giovani, per le nuove generazioni. Trovo giusto evitargli sofferenze aggiuntive se esiste una soluzione”.
“Sfruttare le conoscenze del mio stato di disabilità per farle capire agli altri ed, assieme, poter cambiare ciò che non va. Dico sempre: non mi focalizzo mai sul problema, ma cerco una soluzione”.
Ultima modifica: 21/12/2022