Nel 2016 non si è parlato di altro: i casi di meningite in Toscana continuavano a presentarsi. Ma perché la malattia si era concentrata soprattutto in alcune zone di questa regione?
Alcuni casi di Meningite in Toscana
Un bambino di soli otto anni era stato ricoverato all’ospedale Meyer di Firenze a causa di una meningite di tipo C. Le condizioni del bimbo, allora in prognosi riservata, sembravano essere migliorate nelle ore successive. Un episodio che va ad aggiungersi ad alcuni decessi.
A Livorno, dopo un mese di ricovero, morì Lilia Agata Caputo, ex insegnante sessantaquattrenne contagiata da meningite pneumococcica. Secondo la Usl, questa forma non è contagiosa e, per questo, deve essere differenziata da quella di origine meningococcica, per la quale è prevista una profilassi antibiotica a tutti coloro che negli ultimi giorni hanno avuto contatti stretti e prolungati o in ambiente chiuso con il soggetto in questione.
A Firenze, invece, morì di meningite C una romena di 45 anni che aveva frequentato un rinomato locale notturno del capoluogo toscano. Per questo motivo la Usl Toscana ha fatto scattare un piano di profilassi generale.
Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (datati novembre 2016), dall’inizio del 2015 in Toscana sono stati notificati 57 casi di meningite da meningococco C (31 nel 2015, 26 nel 2016), responsabili di 12 decessi (6 nel 2015, 6 nel 2016).
Il piano vaccinale per bloccare la meningite fu finanziato con la manovra del 2015, mentre per il 2017 erano stati destinati al nuovo Piano nazionale vaccini altri 100 milioni di euro che diventano 127 nel 2018 e 186 nel 2019.
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Come mai la meningite ha colpito così tanto la Toscana?
Nel 2016, in un’intervista a Il Tirreno, Fabio Voller, all’epoca coordinatore dell’osservatorio di epidemiologia dell’Agenzia regionale di sanità Toscana, disse che la causa dietro la diffusione della meningite in Toscana fu la natura virulenta del batterio.
“si chiama St11 – disse Voller – e ha una letalità del 30%. Questo batterio ha specificità tutta sua: non crea infatti un numero elevato di portatori, ma passa in particolari condizioni cliniche o di immunodepressione dei soggetti e colonizza facilmente”.
Ma come mai non si sviluppava in maniera così diffusa anche nelle altre regioni italiane? “Nelle altre regioni ci sono anche altre forme batteriche; in Toscana solo questa praticamente. Sono in gran parte identici i casi di meningite che abbiamo registrato nel nostro territorio, nel 90% dei casi è per il batterio St11”.
Gli fece eco Giulia Piccini, scientist di VisMederi, una società di ricerca e servizi qualificati delle Scienze della Vita e della Sanità Pubblica, che in un’intervista a Siena News spiegò che “in Toscana è presente un ceppo di meningococco di tipo C particolarmente invasivo. Ha una letalità abbastanza alta. Si stima che circa l’84% dei casi avvenuti in regione siano dovuti a questo ceppo, mentre nelle altre zone d’Italia è responsabile del 40% delle malattie”.
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I dettagli della meningite toscana
In Toscana, tra il 2015 e il 2016, in particolare nella zona compresa tra Firenze, Prato, Pistoia ed Empoli, vi è stata un’epidemia provocata principalmente dal meningococco di sierogruppo C ed in particolare l’St11, ritenuto il ceppo più insidioso che colpisce anche persone adulte.
L’St11 infatti, una volta entrato nel sangue è in grado di determinare uno stato di sepsi con una letalità pari al 40%. Nei casi più gravi si può verificare un danno al tessuto e può quindi rendersi necessaria l’amputazione di dita o arti.
La particolarità della “meningite toscana” è che colpì persone di età superiore ai 50 anni, che in genere non sono considerate a rischio per il meningococco. Secondo i risultati di alcuni studi, la spiegazione risiederebbe nel fatto che i soggetti normalmente maggiormente a rischio, ovvero i bambini, gli adolescenti ed i giovani adulti, ad oggi il più delle volte sono protetti dal vaccino contro il meningococco C, il quale quindi è diventato sensibile nei confronti di nuovi soggetti non immunizzati, come gli adulti.
La campagna toscana contro il meningococco C: chi deve vaccinarsi?
Visto l’aumento dei casi di meningococco C registrati nel 2015 anche nella fascia più adulta della popolazione (circa 56 casi, di cui 18 solo dall’inizio del 2016), l’Istituto Superiore di Sanità adottò una serie di misure atte a prevenire la diffusione del batterio responsabile, la più efficace delle quali fu senza dubbio il vaccino anti-meningococco, che assicura una protezione sia diretta che indiretta della persona che vi si sottopone, proteggendo così anche la popolazione generale.
Come previsto dal calendario vaccinale, la vaccinazione contro il meningococco C fu sempre offerta gratuitamente nei seguenti casi:
- ai nuovi nati (13 mesi di vita) secondo le modalità indicate nel calendario regionale;
- a tutti i ragazzi di età compresa tra gli 11 ed i 20 anni non vaccinati in precedenza o che sono già stati vaccinati ma necessitano di un richiamo;
- ai soggetti a rischio individuati nel calendario vaccinale della regione.
In quei tempi la Regione estese la vaccinazione gratuita anche a tutti i cittadini tra i 20 ed i 45 anni e a coloro di età superiore a quest’ultima che vivono nella provincia considerata a rischio. Ma delle persone a cui è stato consigliato il vaccino (che sono più di un milione) aderì solo un numero inferiore a 200.000.
Che cos’è la meningite?
La meningite è una malattia provocata dal batterio noto con il nome di Neisseria meningitidis, un ospite frequente delle alte vie respiratorie se si considera che dal 2 al 30% dei bambini e dal 5 al 10% degli adulti sono portatori di ceppi di meningococco.
La trasmissione avviene per contagio diretto attraverso le vie respiratorie (goccioline di saliva, secrezioni nasali e respiratorie). Per contrarre la meningite meningococcica il contatto con la persona affetta o portatrice deve avvenire in un ambiente chiuso e ad una distanza molto ravvicinata.
Il meningococco è responsabile di circa il 25% di tutti i casi di meningite batterica e di più del 60% dei casi osservati nei bambini sotto i cinque anni e nei giovani di età compresa tra i 2 e i 21 anni.
Esistono ben 13 sierogruppi di meningococco, e di questi sei (A, B, C, X, Y e W-135) sono responsabili di quadri patologici gravi, che in alcuni casi possono condurre a morte se non trattati tempestivamente. I sierogruppi più diffusi in Italia ed in Europa sono B e C; la malattia è più evidente in inverno ed all’inizio del periodo primaverile.
Come so di avere la meningite?
È fondamentale, per poter mettere in atto un intervento il più tempestivo possibile, saper riconoscere i sintomi con cui la meningite si manifesta, come cefalea, nausea, vomito, febbre, rigidità del collo, sonnolenza ed emorragie cutanee improvvise.
Nei neonati e nei bambini, mal di testa e rigidità del collo possono essere assenti o difficili da identificare; solitamente i bambini piccoli presentano febbre ed inappetenza mostrandosi inattivi ed irritabili. Può manifestarsi un rigonfiamento in corrispondenza della fontanella.
Se trattata precocemente, l’evoluzione della malattia può essere favorevole. I malati di meningite sono considerati contagiosi durante la fase acuta dei sintomi, nei giorni immediatamente precedenti la loro comparsa e per circa 24 ore dall’inizio della terapia antibiotica mirata.
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Cosa fare se si è contagiati dalla meningite?
Se si risulta positivi alla diagnosi di meningite è necessario sottoporsi alla profilassi antibiotica entro e non oltre le 48 ore dalla diagnosi stessa. A questa procedura in realtà deve essere sottoposto anche chi ha dormito o mangiato nella stessa casa della persona contagiata, chi è entrato in contatto con la sua saliva, chi le è stato vicino in treno, in areo, o di banco durante i 7-10 giorni antecedenti la comparsa dei sintomi. Tale trattamento inoltre è consigliato anche ad in sanitari che sono stati esposti alle secrezioni respiratorie del paziente.
Quale vaccino fare contro la meningite?
La vaccinazione contro la meningite, efficace in oltre il 90% dei casi, non comporta effetti collaterali importanti, e la sintomatologia che può verificarsi si risolve in genere nel giro di pochi giorni. Proprio per questo, il vaccino può essere effettuato anche in gravidanza, senza incorrere in alcun rischio.
La vaccinazione anti-meningococco C, disponibile dal 2006, rientra nei vaccini raccomandati dal Piano Nazionale Vaccinazioni (PNV): in generale infatti, più è estesa la copertura vaccinale, minore è la diffusione della malattia.
Ma in seguito al contagio di un ragazzo di 22 anni che era vaccinato, il timore sull’efficacia del vaccino si è diffuso. È da ricordare però che il vaccino normalmente copre il soggetto per almeno cinque anni, anche se i termini possono variare di caso in caso, a seconda degli anticorpi che vengono prodotti.
Nelle persone che ne producono molti, la copertura della vaccinazione può arrivare anche a dieci anni. In linea di massima comunque, la fine del periodo di protezione si considera intorno agli otto anni dalla vaccinazione: un richiamo quindi è senz’altro consigliabile.
Ad oggi in diverse regioni d’Italia è diffusa una scarsa adesione alla vaccinazione, secondo molti dovuta alla disinformazione che non fa altro che generare paure ingiustificate. Un parere medico diffuso ritiene infatti che il vaccino anti-meningococco sia uno strumento utile non solo per la protezione del singolo ma anche della comunità in cui esso vive e si relaziona ogni giorno.
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