La maternità surrogata è una forma di procreazione assistita molto dibattuta, e non è legale in tutto il mondo. Scopriamo cosa sappiamo
Il significato di maternità surrogata (alcune volte abbreviata con GPA) risiede nell’atto di una donna di portare avanti contrattualmente una gravidanza per conto di terzi, noti legalmente come genitori intenzionali o committenti.
Colei che porta avanti la gravidanza viene definita madre surrogata, poiché porta in grembo un bambino per conto di altri. Al momento del parto, la responsabilità del nascituro sarà contrattualmente dei genitori che hanno richiesto la surrogazione.
In sostanza dunque, l’atto di portare avanti la gravidanza per conto di altri, fino al momento del parto, indica la maternità surrogata, nota anche come surrogazione di maternità, gestazione d’appoggio, gestazione per altri o gravidanza surrogata.
Nel linguaggio comune e politico, spesso questa pratica viene definita come “utero in affitto” (e quindi non c’è alcuna differenza tra le due terminologie). Nonostante sia una forma di procreazione assistita molto nota, soprattutto in Italia, l’atto in sé non è legale in ogni parte del mondo, e spesso viene vietato.
Come funziona la maternità surrogata? In linea generale, esistono due pratiche che permettono a una madre surrogata di portare avanti la gravidanza per conto di altri:
Al momento della nascita, oltre al percorso di adozione, il nascituro può diventare legalmente responsabile dei genitori intenzionali in virtù di un eventuale legame intenzionale-genetico e in base alla normativa vigente nel Paese che tutela questa pratica.
Chi può richiedere la maternità surrogata? Ci sono diversi casi che portano le persone a scegliere il percorso della surrogazione. Il più noto è quando una coppia vive problemi di fertilità di uno o di entrambi i potenziali genitori. In altri casi, possono richiederla anche i genitori omosessuali e i single, tutto dipende dalla normativa vigente.
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Cosa significa essere una madre surrogata? Il significato di questo ruolo è già stato spiegato nei paragrafi precedenti: una donna che presta il proprio corpo per una gravidanza per conto di terzi.
Dunque, come si fa a diventare una madre surrogata? La risposta, almeno in Italia, è inesistente, in quanto la nostra normativa non tutela tale pratica, ma anzi la vieta e la sanziona penalmente.
Secondo l’avvocata Susanna Lollini, intervenuta a Il Corriere della Sera, ci sono comunque determinate caratteristiche per fare la madre surrogata, caratteristiche prese dalla regolamentazione degli Stati Uniti d’America: “Deve essere sana. Deve avere massimo 35 anni, perché una donna giovane corre un rischio minore di patologie in gravidanza come il diabete o l’ipertensione”.
Inoltre “deve avere già dei figli suoi, per due ragioni: innanzi tutto perché sono una buona indicazione della sua capacità di portare a termine una gravidanza e poi perché in caso di complicazioni nella gravidanza per altri, che dovessero compromettere la sua fertilità, non rischia di rimanere senza figli. Naturalmente deve essere sottoposta a valutazione medica e a valutazione psicologica”.
Alcune coppie prendono la scelta di affidarsi all’estero (in questo caso si parla di “turismo procreativo“), in quanto alcuni paesi nel mondo consentono la maternità surrogata. Così facendo le persone coinvolte non commettono reato, anche se una volta conclusa la pratica dovessero tornare nella nazione dove tale pratica è vietata.
Chi decide di intraprendere una gravidanza surrogata, incorre in particolari rischi per la salute? No, a parte quelli previsti da una gravidanza naturale. Infine, la madre surrogata può agire:
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Non tutte le nazioni del mondo difendono questa forma di procreazione assistita. In Canada ad esempio è proibita sia la forma retribuita che altruistica. Tra chi vieta questa pratica troviamo tantissime nazioni, come Francia, Germania, Finlandia, Bulgaria, Lussemburgo, Croazia, Finlandia, Repubblica Ceca, Cipro, Malta, Romania, Spagna, Slovenia, Slovacchia, Norvegia e Polonia. In altri paesi invece la storia è diversa, sebbene qualche limitazione resta:
In Italia questa forma di procreazione assistita è vietata e sanzionata penalmente. Come si legge nel 6° comma dell’articolo 12 della legge n.40/2004, “chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro”.
I limiti imposti dalla normativa vigente però non riguardano solamente la pratica all’interno del Paese, ma anche all’estero. Di fatto l’Italia non riconosce facilmente la genitorialità di un bambino/figlio nato da surrogazione, in quanto tale genitorialità viene riconosciuta solo per atto biologico.
Le motivazioni che portano un Paese a vietare la gravidanza per altri sono diverse, come il rischio di sfruttamento della madre surrogata e il del traffico di minori. Per questo motivo, anche i paesi che tollerano questa pratica cercano di disciplinarla il più possibile.
Nonostante ciò, per le coppie che non possono avere figli risulta essere un’importante soluzione ai propri problemi – tenendo anche conto che in nazioni come l’Italia il processo di adozione è molto complicato.
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Ultima modifica: 21/06/2023