La Malattia di Pompe è una patologia rara, eriditaria, cronica e, alle volte, mortale. Perché è così difficile diagnosticarla?
La Malattia di Pompe fa parte dell’ampio elenco delle Malattie Rare. Di fatto, nel mondo si stima che siano solo 10 mila individui a esserne colpiti. In Italia, invece, il dato ammonta a 300 casi.
Conosciuta anche come glicogenosi di tipo 2, è un malattia neuromuscolare, ereditaria (dai genitori prende due copie del gene difettoso), cronica e debilitante. Spesso, risulta mortale. Può colpire individui di vario tipo, indipendentemente dalla razza e dall’età.
Questa patologia dipende dall’accumulo lisomiale. In pratica, la Malattia di Pompe è caratterizzata dall’accumulo di glicogeno all’interno delle cellule o di alcuni organuli, portando alla degradazione di svariate tipologie di molecole.
In che modo? Il glicogeno si ammucchia a causa del difetto di un enzima, l’acido alfaglucosidasi, danneggiando cuore e muscoli vari, tra cui anche quelli deputati alla respirazione. Nelle forme infanti gravi, ad esempio, i malati che superano i due anni di vita sono costretti in carrozzina.
Durante il primo anno, al contrario, può intervenire insufficienza cardiaca data dall’indebolimento muscolare progressivo. La progressione della malattia, inoltre, dipende da quando la stessa esordisce.
Proprio perché la patologia varia a seconda del momento d’esordio, esistono 3 forme che possono comparire in relazione alla condizione. In questo modo, capiamo anche quali sono i sintomi distintivi:
Dunque, oltre ai problemi muscolari, respiratori e cardiaci, la malattia di Pompe è caratterizzata da grave ipotonia (soprattutto nei bambini), epatomegalia progressiva e difficoltà alla suzione e deglutizione. Negli adulti, invece, troviamo la miopatia progressiva dei cingoli, talvolta il primo sintomo della malattia.
Ricapitolando, nei neonati i sintomi sono diversi:
Per quanto riguarda i bambini e gli adulti, invece, dipende dall’esordio della malattia. Generalmente troviamo:
Come accade per altre Malattie Rare (come la Malattia di Still, di Gaucher e di Fabry), molti dei sintomi sono simili ad altre patologie. Questo comporta un’alta difficoltà di realizzare una diagnosi corretta.
Vista anche la rarità dei casi, spesso non è neanche riconosciuta. In che modo è possibile avere una conferma della presenza della Malattia di Pompe? Attraverso un saggio biochimico di misurazione dell’attività enzimatica della GAA (il gene coinvolto nella mutazione).
Tuttavia, tale attività è assente nei bambini con la forma classica (altra difficoltà di diagnosi), mentre nelle altre tipologie ci sono diversi livelli di attività residua.
Inoltre, per riuscire ad avere una diagnosi il più tempestiva possibile, la Malattia di Pompe è stata inserita nel programma dello screening neonatale. Grazie a questo, infatti, la patologia è diagnosticabile tramite la villocentesi o l’amniocentesi.
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No, non esiste una cura alla Malattia di Pompe. Dal 2006, però, esiste una terapia enzimatica sostitutiva a base di alglucosidasi alfa.
Come funziona? Attraverso iniezioni periodiche dell’enzima prodotto via ricombinante. Se è vero che risulta efficace nelle forme infantili, è altrettanto dimostrato che nei casi tardivi porta solo alla stabilizzazione della malattia.
Ultima modifica: 10/11/2020