La Malattia di Fabry è una patologia rara di cui conosciamo poche informazioni. Quali sono i sintomi? Come si fa la diagnosi?
La Malattia di Fabry prende il nome da due dermatologi che, nel 1898, ne descrissero i sintomi: William Anderson (in Inghilterra) e Johannes Fabry (in Germania). Conosciuta anche come la Malattia di Anderson-Fabry, questa patologia rara è causata da un accumulo lisosomiale dovuto alla carenza dell’enzima alfa-galattosidasi A (alfa-GAL), ed è legata al cromosoma X. L’assenza di tale enzima comporta la globotriaosilceramide (GL-3 o Gb3) nei tessuti viscerali e nell’endotelio vascolare. I danni sono localizzati per lo più a livello renale, cardiaco e nel sistema nervoso centrale.
Stiamo parlando di una condizione multisistemica e progressiva che può colpire maschi e femmine di ogni età ed etnia. È anche una malattia ereditaria, con caratteristiche che evidenziano l’interesse del cromosoma X. Le madri portatrici dell’enzima difettoso possono trasmetterla ai figli con una probabilità del 50%, indipendentemente dal sesso del nascituro. Mentre i padri aventi tale patologia trasmettono il deficit solo alle figlie femmine. Secondo un recente articolo di Fanpage.it, la Malattia di Fabry “si presenta in un bambino su 80.000 all’anno”.
Questa patologia è stata inserita nell’elenco delle Malattie Rare, non solo per la sua incidenza, ma anche perché è difficile da riconoscere. Per una corretta diagnosi, ci vuole tempo. Attualmente non sono conosciuti sintomi specifici riguardanti questa condizione. Nonostante ciò, esiste un elenco di segni che possono identificare tale condizione:
In quanto rara, questa condizione è molto difficile da diagnosticare. Il primo step impone l’osservazione clinica, ossia la dimostrazione dell’esistenza di un deficit dell’enzima peculiarmente nei maschi emizigoti o l’esame del DNA sui villi coriali o sugli amniociti in coltura. Tuttavia, l’inattivazione casuale del cromosoma X rende complesso tale procedimento. Invece, per le femmine sono richiesti test molecolari.
Attualmente, la patologia è annoverata nell’elenco dello screening neonatale (peculiarmente rivolta ai feti maschi). Durante l’infanzia, alcuni sintomi possono essere esclusi, come l’artrite reumatoide e i dolori di crescita). Nell’età adulta, invece, può rientrarvi la sclerosi multipla.
Al momento, non esiste alcuna cura. Però, una volta effettuata la diagnosi, sono resi disponibili dei trattamenti per controllare i sintomi e la progressione della malattia. Ad esempio, esiste la terapia di sostituzione enzimatica: la somministrazione dell’enzima alfa-galattosidasi prodotto con tecniche di ingegneria genetica, trasmesso per infusioni endovenose da effettuare generalmente ogni 14 giorni. Per chi, invece, presenta specifiche mutazioni genetiche, vi è la terapia a somministrazione orale. Inoltre, alcuni sintomi possono essere trattati con farmaci specifici, mentre per altri è richiesta la dialisi o il trapianto renale.
Vi sono diverse realtà a cui ci si può rivolgere per avere maggiori informazioni riguardo alla malattia e alle risorse utili per affrontarla:
Ultima modifica: 01/06/2020