Il linfoma di Hodgkin è un tipo di cancro del sistema linfatico che fa parte del sistema immunitario. Scopri come si diagnostica e si cura
By DC_Studio da Envato Elements
Il linfoma di Hodgkin è un tipo di cancro del sistema linfatico che fa parte del sistema immunitario. Prende il nome dal medico inglese Thomas Hodgkin, che lo descrisse per la prima volta nel 1832. È caratterizzato dalla presenza di cellule anomale chiamate cellule di Reed-Sternberg, grandi cellule cancerose presenti nei linfonodi.
Il linfoma di Hodgkin può colpire persone di tutte le età, ma è più comune nei giovani adulti tra i 15 ei 35 anni e negli individui di età superiore ai 55 anni. Nonostante sia un tipo di cancro, il linfoma di Hodgkin ha un’alta percentuale di guarigione, soprattutto quando viene diagnosticato precocemente e trattato in modo adeguato.
I sintomi di questo cancro sono spesso comuni ad altri e possono variare da persona a persona e se compaiono, il consiglio è quello di consultare un medico o un oncologo per una valutazione accurata e una diagnosi appropriata. Alcuni segni comuni possono includere:
La diagnosi del linfoma di Hodgkin coinvolge una combinazione di diversi approcci, tra cui:
Come sempre ricordiamo che questo articolo ha uno scopo puramente informativo e non sostituisce il parere di un medico, l’unico a poter indirizzare il paziente verso il miglior trattamento utile.
Il linfoma di Hodgkin è uno dei trionfi più significativi nell’ambito dell’oncologia moderna. Oggi, la prospettiva di guarigione è notevolmente elevata. Per i pazienti giovani, il tasso di successo di circa il 87% per le pazienti e l’85% per i pazienti maschi affetti da linfoma di Hodgkin.
La strategia terapeutica si basa principalmente sull’impiego combinato di polichemioterapia e radioterapia. Il regime di polichemioterapia maggiormente utilizzato, noto come ABVD, è stato sviluppato da un eminente ricercatore italiano di nome Gianni Bonadonna.
Tale regime combina l’uso di farmaci come adriamicina o doxorubicina, bleomicina, vinblastina e dacarbazina. Nei casi in cui la malattia si trovi in uno stadio avanzato, sono adottati schemi terapeutici più aggressivi, mentre la radioterapia viene impiegata come terapia di consolidamento per debellare le aree affette da una malattia voluminosa, comunemente definita anche come “bulky disease” in inglese.
Un elemento di grande rilevanza prognostica è rappresentato dalla PET (tomografia ad emissione di positroni) eseguita dopo i primi due cicli di terapia ABVD. Nel caso in cui l’esito della PET risulti negativo e il trattamento prosegua, le probabilità di guarigione sono estremamente elevate. L’introduzione della PET per la valutazione precoce della risposta al trattamento ha consentito di ridurre l’intensità delle sessioni di chemioterapia e radioterapia per i pazienti con prognosi favorevole.
In alcuni pazienti, la chemioterapia di prima linea potrebbe non essere sufficiente, mentre in altri casi si verifica una recidiva del linfoma dopo un iniziale periodo di remissione, rendendo la malattia refrattaria alla chemioterapia. In tali circostanze, è possibile ricorrere a trattamenti intensivi e al trapianto di cellule staminali ematopoietiche. Questo trapianto può essere di tipo autologo, con l’utilizzo delle cellule staminali provenienti dallo stesso paziente, oppure allogenico, impiegando cellule staminali ematopoietiche provenienti da un donatore esterno.
I progressi della ricerca hanno aperto la strada allo sviluppo di nuovi farmaci mirati specificamente per il linfoma di Hodgkin. Un esempio di ciò è rappresentato dal brentuximab-vedotin, un anticorpo monoclonale che riconosce l’antigene CD30 presente sulle cellule cancerose e trasporta una tossina in grado di distruggerle selettivamente. Altri esempi includono gli inibitori dei checkpoint come il nivolumab e il pembrolizumab, che rimuovono gli ostacoli che frenano le risposte antitumorali dei linfociti T.
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Ultima modifica: 15/09/2023