In Italia non esiste una vera e propria legge contro il femminicidio, tuttavia c'è una normativa che contrasta la violenza di genere
Con quali strumenti la legge in Italia contrasta il femminicidio? In che modo la legislazione prende in considerazione il femminicidio? Cosa c’entra il Codice Rosso? Tecnicamente parlando, non esiste una vera e propria normativa contro il femminicidio, ma più un insieme di norme di contrasto alla violenza di genere, tra cui rientra anche il femminicidio.
Il termine femminicidio fa parte della lingua italiana ormai dal 2009 e si riferisce all’uccisione di una donna con la quale si ha, o si ha avuto, un legame familiare/affettivo. Quando parliamo di legge sul femminicidio, generalmente ci riferiamo al decreto legge n. 93 del 14 agosto 2013, convertito nella legge n. 119 del 15 ottobre dello stesso anno.
Tale normativa non considera diversamente l’omicidio dal femminicidio: in pratica, non inasprisce la pena nei casi in cui l’omicidio sia ai danni di una donna. Il trattamento nei confronti di chi assassina è identico, in quanto il femminicidio viene disciplinato come altre forme di omicidio. Tuttavia sono stati introdotte alcune modifiche nel Codice Penale in qualità di aggravanti. Ma quali sono?
Prima di elencarle, dobbiamo considerare cosa rientra nel concetto di violenza di genere. Oltre a quella più raccontata, la violenza sessuale, esistono molte tipologie di violenza di genere (che spesso la società non riconosce), tra cui quella psicologica, quella persecutoria (come lo stalking e lo stupro), quella economica e, appunto, il femminicidio.
Come riportano deQuo e La Legge per tutti, esistono diverse aggravanti nel codice penale che, appunto, vengono considerate quando parliamo di femminicidio. Ad esempio, viene attribuita un’aggravante nei casi di reato di stalking nei confronti di una donna in stato di gravidanza. In aggiunta, tale aggravante viene considerata anche nel caso in cui la vittima subisce il reato di stalking da parte di un coniuge, un ex coniuge o qualsiasi altra persona con cui ha, o ha avuto, una relazione affettiva. In questo caso, è previsto un aumento della pena.
Invece nel caso di reato di violenza sessuale, c’è il medesimo aggravante con pena maggioritaria, ma viene considerata anche l’età della vittima, cioè se siamo di fronte a una minorenne. In questo modo, la pena passa dai 6 ai 12 anni. Incremento della pena anche per il delitto di minacce: la multa può arrivare anche a 1.032 euro.
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Oltre alle aggravanti, il femminicidio prevede diverse tutele per le donne vittime di una delle forme di violenza di genere che abbiamo elencato finora. Per fare un esempio, esiste una misura (pre)cautelare che alcuni organi istituzionali possono emanare in determinati casi.
Di fatto la polizia giudiziaria può disporre, su autorizzazione del magistrato pubblico ministero, l’allentamento urgente dalla casa familiare e il divieto dell’accusato di avvicinarsi ai luoghi abitualmente frequentati dalla vittima. I motivi di tale allonamento possono essere riconducibili a violenza in caso di assistenza familiare (caregiver), abuso di mezzi di correzione e disciplina, minaccia grave, stalking, prostuzione e pornografia ai danni di minori. Tale provvedimento può riguardare sia una donna sia un uomo.
Un’altra tutela è stata introdotta nel 2009 e riguarda l’ammonimento del questore. In pratica, invece della querela, la vittima di stalking può richiedere al questore di convocare lo stalker per intimargli di cambiare il proprio comportamento, altrimenti inizierà un processo penale. Tale ammonimento può essere impiegato anche in caso di violenza domestica.
C’è anche il patrocinio a spese dello Stato tra le tutele delle vittime di violenza di genere. In pratica la vittima di maltrattamenti in famiglia, mutilazioni femminili, violenza sessuale di gruppo e staliking può chiedere il gratuito patrocinio a prescindere dal proprio reddito.
Inoltre, la vittima può essere costantemente informata circa l’applicazione o la modifica delle misure nei confronti di chi commette violenza. È poi previsto l’arresto obbligatorio in caso di flagranza di reato e chi viene allontanato dalla casa familiare può essere controllato attraverso braccialetto elettronico o tracciato con intercettazioni telefoniche.
La legge in Italia sul femminicidio chiama in causa anche la normativa sul Codice Rosso, disciplinata dalla legge n. 69 del 19 luglio 2019. Introdotta contro la violenza di genere, prevede nuove misure come la procedura di emergenza nei casi di violenza domestica, stalking e maltrattamenti familiari.
Di fatto, appena viene avvertito dalla polizia di maltrattamenti, atti persecutori o violenze sessuali, il Magistrato del Pubblico Ministero deve sentire la vittima entro massimo 3 giorni dall’inizio del procedimento e valutare se applicare immediatamente la misura cautelare (come appunto l’allentamento d’urgenza).
Il Codice Rosso prevede anche tempi abbastanza dilatati per sporgere denuncia: rispetto ai 6 mesi precedentemente previsti, la vittima ha tempo fino a 12 mesi. Oltre a ciò, segnaliamo:
Tra le pene invece troviamo:
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Al momento la normativa italiana non prevede una legge specifica in tema di violenza contro le donne con disabilità. Tuttavia, come abbiamo visto precedentemente, presenta una pena maggiorata nel caso di reato commesso contro una persona con disabilità. ;
A oggi però il tema della violenza sulle donne disabili non viene studiato nei minimi dettagli. Basti pensare che i dati più recenti in materia sono datati 2014, ormai 10 anni fa. Una statistica molto strana, visto che tra le tutele presentate finora figura anche la casistica secondo la quale la violenza avvenga nel contesto dell’assistenza familiare, cioè chi assume il ruolo di caregiver familiare. Come ha raccontato ad Ability Channel Silvia Lisena del Gruppo Donne Uildm, i caregiver possono rientrare nell’identikit di chi perpetra violenza.
“I carnefici sono molteplici” e “non solo partner di sesso maschile, ma anche per esempio caregiver, quindi anche i genitori, gli assistenti personali oppure anche operatori in campi sociali o sanitari, per esempio fisioterapisti, personale medico, volontari di centri ricreativi”.
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Ultima modifica: 05/06/2023