La Lingua dei Segni è una lingua vera e propria, composta da aspetti verbali e non verbali, con una propria grammatica e sintassi
La Lingua dei Segni è una vera e propria lingua, in quanto per essere funzionale non è necessario semplicemente gesticolare, ma richiede di conoscere, comprendere e comunicare un sistema codificato di segni delle mani, espressioni del viso e movimento del corpo.
Viene utilizzata principalmente dalle persone sorde o sordomute, ed è una comunicazione verbale che contiene aspetti non verbali (l’intonazione delle espressioni del viso) e verbali (i segni). Inoltre, la Lingua dei Segni ha una sua sintassi e una sua grammatica precisa.
La Lingua dei Segni non va confusa con il linguaggio dei segni, anche se possono apparire equivalenti: il perché è da ricercare nel termine “linguaggio”, che indica la capacità innata degli esseri umani di comunicare tra loro attraverso una o più lingue, indipendentemente dal mezzo che si utilizza (voce, mani, corpo). Da qui capiamo che il termine “lingua” riguarda un sottoinsieme specifico del “linguaggio”.
In giro per il mondo esistono diverse lingue dei segni che, a seconda della cultura predominante, determinano una variazione dei segni: così come accade con le lingue vocali infatti, anche le lingue dei segni mostrano differenze tra di loro. Per questo motivo, possiamo riconoscere per ogni paese una determinata lingua:
A conti fatti dunque, la Lingua dei Segni non può essere considerata una lingua universale poiché ogni paese ha precise differenze, come per qualsiasi lingua vocale. Nel 2017 l’Organizzazione della Nazioni Unite ha dato vita alla Giornata internazionale delle lingue dei segni, che si celebra ogni anno dal 2018 il 23 settembre.
L’origine della lingua è un po’ avvolta nel mistero, in quanto sembrano esserci vari filoni che attribuiscano la paternità a uno o a un’altra personalità. Molto probabilmente si è trattata di un’evoluzione storica, un processo che ha visto numerosi protagonisti determinare la nascita di questa lingua.
Basti pensare che ci sono diverse notizie – seppur poco chiare – dell’esistenza di una comunicazione visiva fin dall’antichità, ma il primo a descriverne la sua natura sarebbe stato Charles-Michel de l’Épée, considerato il padre dei sordi e ricordato come l’Abbé de L’Épée: fondatore ed educatore della Scuola di Parigi per sordi, nella seconda metà del 1700 decise di realizzare una Lingua dei Segni per i suoi studenti, aggiungendo dei segni da lui creati che avevano corrispondenza con elementi sintattici e grammaticali della lingua francese.
Il successore di l’Épée, Ambrogio Sicard, continuerà a studiare la Lingua dei Segni, un lavoro che affascinerà Thomas Hopkins Gallaudet, studioso statunitense, che inviterà in America Sicard. Quest’ultimo dirà di avere troppi impegni nella capitale francese, e quindi propose Laurent Clerc come sostituto, che appunto nel 1816 si imbarcò insieme a Gallaudet per fondare la prima scuola per alunni sordi in America e divenire il primo professore sordo nel Nuovo Mondo.
In America la diffusione della lingua per sordi di natura francese diventa capillare: nel Connecticut nasce il primo istituto per sordi, precisamente a Hartford. La LSF, combinata con alcuni segni legati alla cultura locale, darà vita alla Lingua dei Segni Americana (ASL).
In Italia invece la Lingua dei Segni sembra essere giunta durante la prima metà dell’Ottocento, ma inizialmente fu proibita nelle classi. La scossa a livello internazionale fu data da William C. Stokoe che nel 1960 scrisse un libro, dal titolo “Sign Language Structure: An Outline of the Visual Communication System of the American Deaf”, attraverso il quale riconobbe la natura linguistica dei segni: in pratica, dimostrò che questo modo di comunicare fosse in grado di esprimere qualsiasi messaggio, visto che si reggeva su un impianto lessicale e grammatico ben definito.
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Come detto precedentemente, anche questa lingua – come quelle vocali – presenta aspetti verbali e non verbali che la rendono a tutti gli effetti espressione di un linguaggio. Sostanzialmente, non abbiamo la semplice produzione di gesti banali, bensì una forma di comunicazione che deve tener conto del movimento del corpo, delle mani e del viso.
Ad esempio, compiere un gesto con una o due mani può cambiare il significato di una frase. O anche, l’espressione del viso sostituisce il tono della voce. Questo ci fa capire che viaggia su un canale visivo-gestuale. Per quanto riguarda questa lingua, essa è composta da:
La Lingua dei Segni Italiana, abbreviata con LIS, è stata riconosciuta per legge solo nel 2021 ad opera dell’allora ministra della Disabilità Erika Stefani. Fu il Decreto Sostegno Bis a introdurre questa novità, attraverso l’articolo 34-ter (Misure per il riconoscimento della lingua dei segni italiana e l’inclusione delle persone con disabilità uditiva): in pratica, il decreto “riconosce, promuove e tutela la lingua dei segni italiana (LIS) e la lingua dei segni italiana tattile (LIST)”. Inoltre, riconobbe anche le figure d’interprete LIS e LIST.
Ultima modifica: 26/10/2023