Controllare le pensioni di invalidità lavorativa e le indennità di accompagnamento è una delle attività più ricorrenti in questo periodo di tagli e sacrifici. Questa è la storia di una persona che dopo aver ottenuto il riconoscimento della propria patologia e della conseguente disabilità, si ritrova a dover subire una visita di controllo per verificare se sussistono ancora gli elementi per l’erogazione del beneficio. La cosa paradossale è che si tratta di una patologia neuromuscolre degenerativa: in parole povere la sua condizione può solo peggiorare. Una storia come tante, certamente delle meno traumatiche.
Dimostrare che sono disabile. E’ capitato a me, come sta capitando in questo momento a tante altre persone.
Certo l’Italia è un paese in profonda crisi e bisogna risparmiare. C’è un decreto emanato dal Ministero dell’Economia per scoprire, credo, i falsi invalidi. Solo che risale al 2004, quando nel nostro paese, ci dicevano, andava tutto a gonfie vele.
Eppure solo in questi giorni si scopre che a Napoli una specie di organizzazione erogava falsi assegni di invalidità da molti anni. Con connivenze all’interno dell’INPS, con tanto di lista d’attesa. “Associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato, frode informatica aggravata, contraffazione di pubblici sigilli e falsità materiale” leggo su un quotidiano nazionale.
Mi viene spontaneo chiedermi dove fossero stati e cosa avessero fatto in questi anni quelle persone che da un lato convocavano i veri disabili e dall’altro non intervenivano sui falsi invalidi. Ma forse sono solo male informata…
Da ragazza ero una grande sportiva: nuotavo, sciavo, andavo in barca a vela, in canoa, sul windsurf. Non mi fermavo mai.
Superati i 20 anni mi accorgo che comincio a perdere qualche colpo. Quando mi allenavo cominciavo a sentirmi più affaticata. Diminuiva la resistenza nella corsa. Se salivo le scale mi stancavo più facilmente. Ma non mi preoccupavo. La vita continuava. Avevo successo nel lavoro e non potevo neanche lamentarmi sul lato affettivo. In fondo ero una persona fortunata, mi ripetevo.
Finchè un giorno la mia vita cambia definitivamente: mi viene diagnosticata la distrofia muscolare. Una malattia genetica e progressiva che colpisce inesorabilmente i muscoli. Ecco spiegate le mie stanchezze. Per fortuna si è manifestata ancora in modo lieve. La botta è brutta, difficile da accettare, ma c’è chi sta peggio.
Continuo a lavorare, mi costruisco una famiglia. Voglio guardare avanti con speranza, nonostante tutto.
Ma il destino non molla la presa. Un altro grave problema di salute. Che aggrava la distrofia muscolare. Esco dal coma, mi ritrovo in carrozzina; mi viene concessa l’inabilità lavorativa, che si ottiene quando si è in presenza di infermità fisiche o mentali che “impediscono una collocazione lavorativa continuativa e remunerativa”.
Ciò nonostante mi impongo di vedere il bicchiere mezzo pieno. La vita è sempre una grande occasione…
Un bel giorno ricevo la convocazione per la verifica della mia disabilità. La trovo umiliante ed offensiva. Ero stata valutata da commissioni mediche delle strutture sanitarie nazionali, oltre ai certificati degli specialisti. Mi sembra di rivivere un incubo.
Le leggi cambiano, le procedure pure. Si riparte da zero. Bisogna dimostrare di nuovo tutto. Se le strutture dello Stato non sono capaci di interagire tra loro, beh…chissenefrega…la patata bollente torna in mano a persone come me. La colpa è loro ma le conseguenze le pago io. Non solo. Nel mio caso vogliono oltretutto vedere se la mia condizione sia migliorata per poter riprendere eventualmente una attività lavorativa! Ma lo sanno come funziona una distrofia muscolare? Può darsi che scrivano indistintamente a tutti, ho concluso…
Pazienza… andrò a Milano per il controllo.
Ma cosa starà accadendo intanto in Campania, la regione con il più alto tasso di invalidità in Italia? Sembra che ci siano almeno mezzo milione di invalidi, quasi il 10% della popolazione. Le convocazioni le avranno fatte anche lì? Penso proprio di si…
Mi preparo per la visita. Un caro amico mi dice di stare tranquilla. In una intervista il Direttore Generale dell’Inps spiega molto serenamente l’origine e la procedura dei controlli. L’unico modo per essere esclusi dalle agevolazioni è non presentarsi. Non presentarsi significa ammettere di aver frodato lo Stato… In effetti che cosa avrei da temere? Che culo, sono disabile per davvero! Nessuna agitazione quindi.
Mi presenterò regolarmente. Già, ma penso ad un povero giovane con grave disabilità che vive nel paesino con due genitori anziani che non guidano. Se non riuscisse a presentarsi? Che gli fanno? Chissà se quel mio caro amico avrà un’altra occasione di chiederlo al Direttore Generale dell’Inps…
Vado alla visita. In città. Sono sempre quella fortunata io. Mi rilasso e mi addormento durante il viaggio….
Parcheggio accessibile. Numero di riconoscimento per il proprio turno di visita. Nessuna fila. Gli appuntamenti sono stati presi scaglionati. Medici preparati e cortesi. Prendono la mia documentazione con cura. Mi rassicurano sul futuro. Sognavo però…
Invece posto per l’automobile neanche a parlarne. Incontro tanta gente spaesata in attesa del proprio turno. Mi imbatto in un medico che sostiene che potrei svolgere lavori “adatti” a una persona come me! Ma per fortuna un suo collega mi rassicura. Me la cavo con un pò d’agitazione e la frase che mi viene detta: “Può andare e stia tranquilla” dovrebbe rasserenarmi. Sarà davvero così ?
Torno a casa la sera con l’amara sensazione che l’Italia sia un paese disabile, solo che non può dimostrarlo…
In fondo è meno fortunato di me…
Ultima modifica: 20/04/2020