“L’intento è quello di mettere a fuoco una condizione – afferma il Prof. Cornelio – che sta diventando sempre più pesante, cioè i malati neurologici costituiscono ormai una grande popolazione di persone con disabilità e cronicità, e quindi con problemi che vanno al di là delle semplici cure mediche, questo richiede un’azione a 360° sulla persona, per la quale, appunto i criteri non sono più soltanto medici e tecnologici, ma sono quelli di utilizzare dei sistemi di trattamento o di inclusione che si rifanno al cosiddetto “Universal Design”, che, in pochissime parole è un sistema che si occupa delle persone a 360° al di là delle loro incapacità o delle loro debolezze che li consente di mettere tutti quanti sullo stesso piano per una vita sociale attiva…turismo…sport…o altro che siano tutti sullo stesso livello…”
“Per rendere le cose più facili e possibili – spiega il ricercatore Paolo Cornelio – vi farò vedere delle immagini che ho preparato: quando parliamo di inclusione, possiamo vedere attraverso queste immagini che parliamo di una cosa molto semplice, ovvero che l’inclusione è esattamente il contrario dell’esclusione, vuol dire cioè dare modo a chiunque di partecipare e di non sentirsi escluso dal sistema delle comunità o di qualsiasi realtà. Come si sviluppa l’inclusione? L’inclusione è un fenomeno che si sviluppa attraverso l’utilizzo dell’Universal Design che è uno strumento che può essere come una chiave inglese, un compasso… pensiamo ad un ingegnere…ai suoi strumenti…il suo compasso, il suo metro, la sua matita. Se l’Universal Design, che è lo strumento, viene usato in modo corretto abbiamo un’azione efficace che altro non è che ottenere, nel nostro caso una società, che non faccia sentire nessuno escluso dalla realtà”.
“Penso che sia molto importante – conclude il Prof. Ferdinando Cornelio – che ci sia la coscienza a livello della società nel suo complesso e delle Istituzioni in particolare di queste necessità, nel non settorializzare gli interventi nel senso che io possa dire…do la pillolina e risolvo il problema…noi dobbiamo pensare che nel campo di queste malattie il problema è a 360°, coinvolge la medicina ma coinvolge anche la famiglia e la società…quelli che vivono nella società e quelli che lavorano nella società. Questo tipo di coscienza è quello che noi vogliamo suscitare con questo tipo di manifestazioni”.
Ultima modifica: 11/02/2020