Adolfo Damian Berdun giocatore della Briantea84 e capitano della nazionale argentina di basket in carrozzina racconta la sua infanzia e i suoi esordi da giocatore in questa bella intervista…
Le radici argentine
“Io sono cresciuto in Argentina, le mie radici sono la…mi mancano gli amici con cui avevo finito le superiori…la famiglia…i posti dove uno è cresciuto. Io sono ormai in Italia da 16 anni, oggi ne ho 37, quindi sono tanti anni che sono qua…ormai penso più in italiano che in spagnolo perché quando sto pensando le parole le dico in italiano. Casa mia è l’Argentina e l’Italia è la mia seconda casa che mi ha accolto in una maniera fantastica…Io sto molto bene qua ma la realtà che quando si parla dell’Argentina mi brillano gli occhi…”
Il bambino terribile
“All’asilo ero terribile – racconta Adolfo Damian Berdun – alle elementari chiamavano spesso i miei genitori per la mia condotta…io sono fiero di come sono stato da piccolo, sono contento di quello che ho fatto, sono contento che le maestre abbiano chiamato i miei genitori 100 volte, sempre per la condotta perché a scuola ero bravino, non ho mai avuto un 10 ma neanche un 1…”
I genitori di Adolfo Damian Berdun
“Papà era una persona molto severa – confessa Adolfo Damian Berdun – lui era molto più grande di mamma e quindi forse la sua crescita è stata diversa, una persona molto severa dove quello che diceva era un ordine che andava eseguito molto bene. Io ho avuto la fortuna di avere un papà così perché quando ero piccolo mi lamentavo ma la realtà è che oggi mi ricordo tante cosa di lui che sembrano banali…a tavola tu dovevi mangiare con le mani sopra, non potevi mettere il gomito, non potevi sdraiarti, così come altre cose…all’epoca mi sembrava brutto invece è un’educazione incredibile, con poco, solamente con lo sguardo…”
“Mamma era diversa, era quella che ci dava più libertà…se chiedevamo a papà di uscire per andare a giocare la risposta era no! Allora andavamo da mamma che andava poi a convincere papà…fantastica mamma…”
I figli
“Ho la fortuna di avere due figli e penso che questo sia il vero amore. Uno fa per i figli cose che non pensava di fare mai e loro ti restituiscono questo con il sorriso o con un no…”
“La mia figlia grande si chiama Amparo e vive in Argentina invece Federico che a 5 anni vive in Italia. Amparo significa…uno ricorre ad Amparo quando ha dei problemi e chiede una soluzione e l’Amparo ti aiuta a trovarla”.
“Lui ha 5 anni e prova a imitarmi quando sale nella carrozzina da passeggio o in quella da gioco, appena finiamo gli allenamenti si siede subito a fare qualche giro oppure prende i suoi giocattoli e gli toglie la gamba sinistra, questo è l’eroe, come mio papà…lui ancora imita il padre…”
Il basket in carrozzina
“Sin dal giorno in cui ho conosciuto la pallacanestro in carrozzina – prosegue Adolfo Damian Berdun – che sarà stato sei mesi dopo l’incidente sono andato in un posto dove giocavano a basket in carrozzina nel mio paese, la squadra si chiamava Adyr, e quel giorno li che un ragazzo mi ha detto “vuoi giocare?” Io all’epoca andavo in giro con le stampelle ma ho detto si perché volevo divertirmi, avevo 13 anni…quel giorno mi sono seduto su quella carrozzina di gioco e da lì fino ad oggi è stato fantastico e sono cresciuto insieme alla mia passione che è giocare al basket”.
Il capitano della nazionale
“Sono il capitano della nazionale argentina, gioco in nazionale dal 99, siamo andati a giocare un panamericano in Messico e da lì ho cominciato a giocare in nazionale…”
“Nel 2005 quando mi hanno dato la “cinta” da capitano mi portava l’ego personale molto alto. Io ero il capitano, io ero più degli altri. Infatti ho sbagliato per parecchi anni, il capitano non è più di nessuno, anzi il capitano deve essere sempre disponibile per tutti, deve essere un esempio dentro e fuori dal campo”.
La partita più bella di Adolfo Damian Berdun
“Nel 2013 siamo andati a giocare una Coppa America in Colombia, era la qualificazione al mondiale in Corea del Sud – ricorda Adolfo Damian Berdum – Facciamo molto bene il nostro girone e quando giochiamo una partita importante contro la Colombia potevamo perdere fino a 10/12 punti e continuavamo ad essere primi nel girone. Questo significava giocare poi con un’avversaria più facile, il Venezuela. Giochiamo contro la Colombia e perdiamo con più di 12 punti e anziché finire primi finiamo terzi e anziché incontrare il Venezuela ci sarebbe toccato il Brasile”.
“Il Brasile vinceva sempre contro di noi. Dopo la partita con la Colombia andiamo negli spogliatoi molto tristi per doverci giocare la qualificazione al mondiale contro il Brasile. Ricordo di essermi chiuso in bagno a piangere tanto. Quella notte facciamo una riunione nella stanza di qualcuno e parliamo tutti noi giocatori, solo i giocatori e diciamo delle cose importanti perché il giorno dopo ci giocavamo la qualificazione ai mondiali di Corea contro il Brasile…E’ stata una partita fantastica dove tutti noi, da chi non ha giocato a chi ha giocato per tutta la partita, abbiamo fatto tutti quello che dovevamo fare per vincere…per me è stata la prima volta che abbiamo vinto contro il Brasile, anzi per tutti noi credo…erano 19 anni che l’Argentina non andava al mondiale. Quella è stata la partita più bella, la più emotiva…poi ci sono state tante altre soddisfazioni…”
Il futuro
“Penso che quando smetterò di giocare al basket, penso oggi che sarò nel giro del basket – conclude Adolfo Damian Berdun – non so se come allenatore, se starò con qualche società ma credo che il basket ancora oggi mi dia tanto, mi ha dato tanto e mi sta ancora dando tanto…sarebbe una buona cosa se poi io restituissi qualcosa al basket…”