Un fenomeno sociale fin troppo silente e poco raccontato che però, in base alle stime di Hikikomori Italia, riguarda circa 100mila persone. È quanto afferma ai microfoni di Ability Channel Marco Crepaldi, psicologo, presidente e fondatore dell’associazione nazionale, il quale delinea anche le caratteristiche tipiche di un Hikikomori: sono “ragazzi spesso molto giovani che decidono di abbandonare la scuola, il lavoro e gli amici e si ritirano nella propria camera da letto”.
Alla base di questa sindrome – ancora oggi non riconosciuta da DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) -, ci sarebbe “una difficoltà adattiva sociale che porta questi ragazzi a vivere con molta pressione il giudizio degli altri e quindi vivere in modo molto negativo le relazioni interpersonali”.
Siamo dunque di fronte a un disturbo dell’adattamento molto complesso, che può durare mesi o addirittura anni, e che non va frainteso con la dipendenza dai videogame e da internet, attualmente lo stereotipo più diffuso. Il sintomo più evidente è la decisione di isolarsi e restare soli, che “dipende proprio da questa forte sensazione di essere diversi dagli altri, dal modello dominante della società, dal modello vincente, e questa differenza porta a subire pressioni e bullismo”.
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Che cos’è la Sindrome di Hikikomori?
Per spiegare la Sindrome di Hikikomori, dobbiamo distinguerla da altre condizioni e/o patologie che possono sembrare simili, come depressione, ansia sociale o dipendenza da internet. Si tratta di un disturbo molto difficile da studiare e approfondire, poiché da una parte non è riconosciuta come una vera e propria sindrome, dall’altra non esistono dati ufficiali ma solo stime generiche.
Con la comparsa del Covid, il tema dell’isolamento è emerso prepotentemente nella società occidentale, e così anche tutte quelle storie che finora non avevano un nome conclamato. I primi casi di Hikikomori sono stati registrati in Giappone, ma con la diffusione sempre maggiore dell’isolamento forzato a causa della pandemia, sono stati notati episodi anche in Italia. Eppure non stiamo parlando di un fenomeno così sconosciuto, visto che nel 1998 la parola “hikikomori” fu utilizzata per la prima volta per indicare proprio questo fenomeno di isolamento.