La Guerra in Ucraina ha provocato una crisi umanitaria anche alle persone con disabilità. In questa esclusiva, la storia del giovane Dimitri
La voce al telefono di Lidiya Popova è stanca, provata e appesantita dalle notizie che ogni giorno arrivano in Italia sulla Guerra in Ucraina e dalle preoccupazione per un pezzo della sua famiglia rimasto in patria: “Mi creda, sono distrutta: ho un figlio di 45 anni in carrozzina e un nipote in carrozzina sotto le bombe. Devo farli scappare”.
Popova ci sta raccontando la storia di Dimitri Yacovetz, suo nipote ucraino di 21 anni con distrofia muscolare di Duchenne bloccato nella città natale, Chernivtsi (nel sud-ovest dell’Ucraina), insieme alla madre Maria Yacovetz (42 anni) e alla sorella Anastasia (15 anni), almeno fino alla fine di marzo, quando un convoglio di volontari tenterà di salvarli.
In base alle ultime notizie, al momento Chernivtsi è risparmiata dai combattimenti, ma la paura regna sovrana, mentre le sirene suonano ormai ogni giorno. Inoltre è qui che, a pochi chilometri dal confine con la Romania, si dirigono rifugiati e feriti di guerra, diventando un vero e proprio centro di resistenza. Un luogo di transito per alcuni, un rischio enorme per chi è bloccato lì, qualora l’avanzata russa dovesse procedere.
“Devo farli scappare“, ci ripete più volte al telefono Lidiya Popova, la nonna paterna di Dimitri, di 64 anni. Da 22 la donna vive in Italia, ha la cittadinanza italiana e lavora nel campo dell’assistenza delle persone con disabilità: “Devo portarli qui, devo aiutarli a farli scappare dalla Guerra in Ucraina”. Ascoltiamo queste parole in silenzio, increduli di fronte a questa storia, impossibilitati anche solo a ricreare dentro di noi l’immagine del dolore provato, constatando come semplici spettatori cosa significa essere in pensiero per i familiari rimasti in Ucraina, in questo caso un nucleo composto da Dimitri e dalla sorella e dalla madre di quest’ultimo.
Lui, Dimitri, è un ventenne ucraino con disabilità ed è sempre in stretto contatto con la nonna Lidiya. “Dimitri è nato in Ucraina, e a 4 anni ha scoperto di avere una malattia grave, la distrofia muscolare di Duchenne – ci dice Popova -. Con il passare degli anni però è sempre andato a peggiorare”. Oggi Dimitri “non cammina più completamente, sta sulla carrozzina, e non mangia da solo. Grazie alla Uildm Pavia ho potuto mandare lì una carrozzina elettrica usata e due carrozzine normali. Inoltre, lavorando qui, inviavo tante medicine, ma lui è sempre peggiorato”.
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Il padre di Dimitri, Pavlo Yacovetz, 45 anni, figlio di Popova, è in Italia da 6 mesi per riabilitazione, anche lui in carrozzina, paraplegico a seguito di un’incidente che gli ha rotto la colonna vertebrale: “Lui portava sempre in braccio il figlio, ma adesso pesa 80 kg, mentre il padre è bloccato. Io sono riuscito a portare mio figlio in Italia, adesso sta al Maugeri di Pavia a fare riabilitazione, ma non può fare nulla, non può aiutarli: soffre tutti i giorni sentendo la famiglia in videochiamata“.
Le videochiamate, appunto, l’unico filo che unisce la famiglia divisa, e che permette di scoprire da vicino la quotidianità di chi ogni giorno vive con l’ansia, la paura e il timore di essere il prossimo obiettivo di una bomba, una vita spaventosa scandita dal suono delle sirene che preannunciano la necessità di trovare un riparo sicuro il prima possibile.
“La sorella può andare in cantina – ci sottolinea Popova -, ma Dimitri no, perché ci sono le scale e sta in carrozzina: lui soffre e piange. Loro vogliono scappare dall’Ucraina, perché praticamente vivono sotto le sirene e le bombe. Quando Dimitri mi chiama, mi fa vedere che lui resta in casa con sua mamma, e tremano. Suo papà non può fare niente, io sono rimasta da sola e loro tutti i giorni mi chiedono di aiutarli a farli scappare dalla guerra”. E come se non bastasse, non devono far capire di essere lì: “Non possono mai uscire di casa, alle 5 spengono tutto e non si fanno notare, vivono così, con paura, così da non farsi colpire dalle bombe”.
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Fortunatamente Dimitri e la sua famiglia non sono stati lasciati soli. La sezione di Pavia della Uildm (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare) si è mossa prontamente per tentare il tutto per tutto, per portare via la famiglia dall’Ucraina, tanto da riuscire a organizzare un viaggio per portarli in Italia (e non solo). In pratica, un convoglio di volontari – sostenuto con le spese di una raccolta fondi – raccoglierà la famiglia il 20 marzo 2022 alla frontiera tra Romania e Ucraina, per poi partire verso l’Italia con tappe a Verona il 21 marzo e a Pavia il 22.
“Siamo a conoscenza della storia di Dimitri da un po’ di tempo – ci riferisce al telefono Fabio Pirastu, presidente della Uildm Pavia -. La nonna è caregiver di una nostra associata e qualche tempo fa abbiamo aiutato la famiglia a portare il padre qui a fare un po’ di riabilitazione. Ora ci prepariamo a far uscire Dimitri dall’Ucraina e alla prima accoglienza”.
Un viaggio che però non sarà semplice, in quanto Dimitri e famiglia dovranno percorrere circa 40/50 chilometri che separano Chernivtsi dalla frontiera con la Romania: “Devono attraversare la distanza con la carrozzina, in taxi, in pullman, non lo so come – spiega la nonna -. Sono molto preoccupata, lui è un po’ pesante con la carrozzina, non so come faranno a caricarlo, ma non c’è altra soluzione“. Preoccupazioni che aumentano per la questione della frontiera e del lungo viaggio verso l’Italia, che richiederà 24/25 ore di tragitto: “Lui non può fare la fila alla frontiera, ha una disabilità, deve andare in bagno”. Intanto però la famiglia ha già fatto le valigie, “contano le ore e aspettano questo giorno con tanta ansia“.
Il giorno in cui Dimitri e la famiglia saranno in Italia però, ci sarà un altro ostacolo da superare: trovare una casa accessibile. “Io non ce l’ho – sottolinea Popova -, vivo in affitto in un monolocale, e ha anche 4 scale: è impossibile per Dimitri vivere qui, il rischio è che resti sempre in casa”. Anche qui la Uildm Pavia sta facendo il tutto per tutto: la raccolta fondi servirà anche “per impostare il periodo in cui la famiglia starà qui, anche perché non sappiamo se un giorno vorrà tornare in Ucraina. Noi faremo in modo che il periodo che passeranno in Italia sarà sereno per tutti, e in particolare per Dimitri”.
Lo stesso Dimitri ha accolto la notizia con gioia, come ci testimonia la nonna: “Lui è molto contento, ha pianto quando ha saputo che riuscivamo a organizzare questo viaggio, non riusciva a parlare. Anche suo papà lo stesso. Ma Dimitri mi ha anche detto che non mangia e non beve da due giorni: è importante che lo portano via da lì”. E lancia un appello: “Aiutatemi a trovare una casa per Dimitri”.
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Ultima modifica: 24/03/2022