Le conseguenze della Guerra in Israele per i bambini disabili di Gaza (e non solo) sono devastanti. Scopriamo alcune storie dal Medio Oriente
È passato poco più di un anno dall’attacco di Hamas, che ha sancito l’inizio di ciò è oggi in molti chiamano la Guerra in Israele. Un conflitto che ha destabilizzato ancora di più un equilibrio in Medio Oriente già molto precario, e che ora vede coinvolti anche il Libano e l’Iran.
Questo avvenimento bellico si incastra in quadro ancora più complesso relative alle tensioni tra Israele e Palestina, e che potrebbe chiamare in causa anche gli Stati Uniti d’America, la Russia e la Cina. Tanto che adesso c’è chi paventa lo scoppio della Terza Guerra Mondiale.
In mezzo a queste dinamiche geopolitiche però ci sono sempre le persone, in particolare i civili, che nulla hanno a che fare con questa dimensione: donne, uomini, bambini e anziani che, senza averlo mai desiderato, si trovano a vivere con la costante paura di essere la prossima vita di questo conflitto.
E così come accaduto durante la guerra in Ucraina, anche la guerra in Israele colpisce le persone con disabilità, soprattutto i bambini disabili. Da Gaza arrivano report e storie che ci dimostrano come questo conflitto abbia condannato a morte (quasi) certe persone con determinate condizioni e/o patologie pregresse e abbia cambiato la vita di chi prima una disabilità neanche ce l’aveva.
La condizione dei bambini disabili a Gaza viene ampiamente descritta in un report pubblicato il 30 settembre 2024 da Human Rights Watch, dal titolo “Hanno distrutto ciò che era dentro di noi’: bambini con disabilità durante gli attacchi di Israele a Gaza”.
A emergere, intanto, è un dato: il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF) ha riferito di migliaia di bambini a Gaza che il 7 ottobre 2023 hanno acquistato una disabilità a causa di ferite causate da armi esplosive. Prima di quella data, erano 98mila i bambini con una disabilità.
Ed è proprio chi ha una disabilità che vede ridotte le possibilità di sopravvivere in questo conflitto. Da una parte gli attacchi del governo israeliano, dall’altra il blocco illegale alla striscia di Gaza hanno già inflitto particolari traumi e sofferenze per i bambini palestinesi disabili.
Al fine di descrivere appieno la situazione corrente, Human Rights Watch ha intervistato 20 familiari di bambini con disabilità, un bambino disabile e 13 operatori sanitari e umanitari, analizzando anche diverse cartelle cliniche e oltre 50 video/fotografie che mostrano le conseguenze degli attacchi.
Ciò che emerge è una situazione di sicurezza precaria e ulteriori difficoltà mentre lottano per rispettare gli “ordini di evacuazione dell’esercito israeliano e la mancanza di un efficace preavviso di attacchi”. Una condizione che in qualche modo abbiamo imparato a conoscere durante i primi mesi della Guerra in Ucraina, attraverso la storia di Dimitri, un giovane ucraino con disabilità che riuscì a scappare dal proprio paese dovendo però affrontare numerosi ostacoli.
In questo contesto, molti bambini con disabilità stanno lottano per poter accedere a cure mediche e forniture, dispositivi di assistenza, cibo e acqua. Ad esempio, HRW ha documentato che spesso le cure mediche, che dovrebbero essere immediate, sono state accompagnate da lunghe attese, e alcuni dei bambini feriti sono stati sottoposti a interventi chirurgici senza anestesia.
Un trauma nel trauma, che altresì si accompagnano ad altre conseguenze psicologiche durature. Due anni fa SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) scriveva che le conseguenze della guerra hanno un effetto devastante su tutti gli individui, in particolare per madri in gravidanza e bambini: “Aumenta la nascita prematura e la mortalità infantile. I bambini più grandi mostrano livelli aumentati di ansia e depressione e circa il 30-40% sviluppa PTSD. Tutto ciò porta a una salute mentale e fisica peggiore fino all’età adulta”. Un trama che si potrebbe estendere per circa “3 generazioni”.
Emina Ćerimović, direttrice associata per i diritti delle persone disabili presso Human Rights Watch, ha dichiarato che “gli attacchi illegali e la negazione degli aiuti da parte dell’esercito israeliano stanno danneggiando e traumatizzando i palestinesi in tutta Gaza, ma i bambini con disabilità stanno affrontando crescenti minacce alla loro vita e sicurezza”. La direttrice ha poi aggiunto che “i paesi che forniscono supporto militare a Israele dovrebbero sospendere i trasferimenti di armi finché le sue forze commetteranno gravi violazioni delle leggi di guerra impunemente, tra cui restrizioni illegali agli aiuti e attacchi agli ospedali”.
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“La sorella può andare in cantina, ma Dimitri no, perché ci sono le scale e sta in carrozzina: lui soffre e piange. Loro vogliono scappare dall’Ucraina, perché praticamente vivono sotto le sirene e le bombe. Quando Dimitri mi chiama, mi fa vedere che lui resta in casa con sua mamma, e tremano. Suo papà non può fare niente, io sono rimasta da sola e loro tutti i giorni mi chiedono di aiutarli a farli scappare dalla guerra”.
Queste le parole di Lidiya Popova, nonna del giovane ucraino Dimitri, che raccontava così ad Ability Channel la permanenza del nipote nella sua città natale, Chernivtsi, durante lo scoppio del conflitto. Parole quasi fotocopia di quanto emerge nel report di HWR.
“Il missile [munizione] stava colpendo il supermercato e ho perso conoscenza – racconta Leila al-Kafarna, madre di tre figli, riguardo un episodio accaduto il 24 ottobre 2023 in un centro commerciale di Nuseirat (nel centro della striscia di Gaza) -. Mi sono svegliato e tenevo ancora la mano di mio figlio, quindi ho iniziato a correre, e poi ho sentito come se mio figlio fosse leggero, come se non ci fosse peso sul braccio. Quindi, ho guardato e non ho visto mio figlio da nessuna parte vicino a me, ed è stato allora che ho scoperto che stavo tenendo solo il suo braccio”.
E ancora, in questi mesi Middle East Eye ha raccolto svariate storie di persone con disabilità vittime dell’esercito israeliano. L’ultima, in ordine di cronaca, è la storia di Duaa, una donna con paralisi cerebrale di 34 anni, incapace di parlare e muoversi autonomamente, è stata bruciata viva da un soldato israeliano, mentre era accampata nel cortile di una scuola trasformata in rifugio nel campo profughi di Jabalia, nel nord di Gaza.
A denunciare l’accaduto è il padre, Muhammed Ismail al-Hweihi: “C’era un soldato tra loro vestito in abiti civili che è andato alle tende, ha versato benzina sul legno e sul nylon e poi gli ha dato fuoco. Ha incendiato la tenda dove giaceva mia figlia Duaa. Guardavamo tutti mentre le fiamme lo avvolgevano, e carri armati e soldati sparavano ovunque. Non potevo urlare; non c’era nessuno con cui parlare. Con chi potevo parlare? Con i carri armati che non smettevano di sparare? […] Sono tornato, ma di lei non è rimasto nulla”.
Anche in Italia il tema è abbastanza aperto, come denuncia FISH: “Le persone con disabilità sono tra le più vulnerabili nei conflitti e pagano un prezzo altissimo in termini di sofferenza e discriminazione. Chiediamo alla comunità internazionale di intervenire urgentemente per garantire la protezione dei civili, con particolare attenzione ai più fragili, e di assicurare che vengano messe in atto tutte le misure necessarie per una soluzione pacifica del conflitto. Non c’è futuro senza pace”.
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Ultima modifica: 14/10/2024