Il nome di Greta Thunberg sta rimbalzando ovunque. Se ancora non ne aveste sentito parlare, ecco il quadro generale. È una sedicenne svedese che, ogni venerdì dall’agosto dello scorso anno, sciopera di fronte al parlamento del suo paese per chiedere maggiore attenzione e rispetto nei confronti del clima mondiale e degli accordi di Parigi.
Greta Thunberg ha la Sindrome di Asperger, disturbo imparentato con l’autismo che, a seguito degli scioperi internazionali dello scorso 15 marzo, è divenuto un tema sul quale dibattere, per forza di cose. Riuscendo, almeno nel nostro paese, a divenire un argomento di discriminazione umana.
La doppia lotta di Greta Thunberg
L’Huffington Post, citando lo Young Post, riporta alcune dichiarazioni di Greta Thunberg riguardo la correlazione tra la sua condizione e le sue battaglie ambientali. “Non credo sarebbe stato possibile senza – ha raccontato -, lavoro e penso in maniera un po’ diversa”.
Ecco che la parola diversità entra nel dibattito nazionale. Tanto che partono le dichiarazioni più disparate. Anche quelle di Maria Giovanna Maglie, intervenuta in radio a Un giorno da pecora: “Adesso non si può parlare male di Greta perché mi hanno detto che ha la sindrome di Asperger, e allora a quel punto il politically correct e il buonsenso mi vietano di dire quello che avrei detto se fosse stata sana: che l’avrei messa sotto con la macchina”.
La lotta di Greta Thunberg, dunque, diventa duplice. Non solo nel richiamare le vecchie generazioni a una maggiore cooperazione con le nuove per la salvaguardia del pianeta. Ma si trova anche a combattere con i sentimenti conservatori che inquadrano la società in base a delle etichette, nella quale ogni persona appartiene a una determinata categoria. E se tale categoria non rappresenta i canoni sociali condivisi, diventa qualcosa da disprezzare e demonizzare.
Così, la scrittrice ci riporta indietro nel tempo, agli anni del “guarda quell’handicappato”. Concetti e stereotipi medioevali che purtroppo ancora persistono. Pensando di trovare linfa vitale nella democratizzazione del parlare. Quando, in realtà, la democrazia sta nell’esprimere un concetto con fondamento culturale, e non per attaccare verbalmente il prossimo senza ritegno.
Se proprio volessimo parlare della diversità
Visto che l’Asperger di Greta Thunberg è stato più volte tirato in ballo, parliamone. Perché sì, che vi piaccia o meno, la diversità esiste e sotto varie forme. Non solo a titolo di gender, ma anche nel comparto sociale della disabilità. Scriviamo ‘comparto’ in quanto l’integrazione culturale della disabilità è ancora lontana dalla sua realizzazione.
Tuttavia, ci pensa Greta a sottolineare l’importanza della sua diversità, senza la quale non avrebbe combattuto così veemente tali battaglie climatiche. Il suo esempio è ciò che noi di Heyoka vogliamo esprimere ogni giorno: la disabilità positiva. Cioè, andare oltre al concetto stringato che si cela dietro una condizione, ma scoprire che ogni individuo ha delle potenzialità enormi che non aspettano altro di essere espresse.
Se proprio la volessimo tirare in ballo, quindi, dovremmo solo elogiare la disabilità dell’attivista svedese. Perché, nel suo razionalizzare in maniera diversa, è riuscita a impattare nel contesto internazionale in maniera devastante. Quindi, favorevoli o contrari alla sua campagna di sensibilizzazione, va ammesso lo strapotere mediatico che, da sola, Greta Thunberg è riuscita a ottenere. E sì, con la Sindrome di Asperger.
E se non ci riflettessimo troppo?
Tuttavia, una chiosa da lasciare ai posteri la dobbiamo fare. Perché, se oggi siamo qui a elogiare la diversità di Greta Thunberg, è anche a causa di chi pensa che la disabilità sia da denigrare. Una condizione che, il più delle volte, viene bollata come limite umano che rende incapaci. Incapaci e basta. Poiché, avere qualcosa in meno, ti rende incompleto e non in grado di dare un apporto significativo alla società.
Vale la pena sottolineare tutto ciò. In quanto la giovane svedese è riuscita a raccogliere adesioni in tutto il mondo grazie alla sua tenacia, mossa anche dal proprio stato, contro tutte le etichette possibili. Etichette che, guarda caso, sono nate all’indomani dei fatti del 15 marzo 2019. Come se la lotta ideologica mossa da chi viene catalogato come non in grado di essere inserito nella società, possa muovere paure antropologiche contro chi idealizza una società composta da individui uguali in ogni caratteristica.
Scimmiottare giudizi negativi riguardo alla sua sindrome di Asperger non aiuta nessuno: né chi vuole sposare la causa della piccola svedese, né chi vuole migliorare le proprie coscienze umane. Quindi, sì, viva la diversità di Greta. Rammentandoci che non è l’unica diversità positiva esistente. E che la diversità in sé non è un problema da tirare sotto con la macchina.