Granchio blu: cos’è, perché è pericoloso e cosa c’entra la crisi climatica

Redazione:

Il granchio blu è una pericolosa minaccia per il nostro ecosistema marino, e per questo motivo il Governo lo vuole combattere, sebbene la sua proliferazione nei nostri mari è colpa nostra.

Questo crostaceo è presente da diversi anni sui nostri litorali, precisamente dal 2008, quando fu trovato per la prima volta in Basilicata, ma nel corso del tempo ha colonizzato anche altre coste italiane, tra cui Toscana e Veneto, aumentando corposamente la propria presenza nelle nostre acque. Come mai?

Che cos’è il granchio blu e quant’è grande?

Il granchio blu arriva da Oltreoceano, precisamente dal Nord America, dalla costa orientale degli Stati Uniti, ed è considerato il killer dei mari per la sua natura onnivora: in pratica, è capace di nutrirsi di quasi qualsiasi organismo vivente gli passi di fronte, come crostacei, pesci, cozze, vongole, meduse, vermi e uova. Si tratta di un essere vivente dalla forte competitività, aggressività e capacità di nuoto.

La grandezza del Callinectes sapidus (il nome scientifico di questo crostaceo decapode) può arrivare a 15 centimetri di lunghezza e 25 centimetri di larghezza, raggiungendo anche il chilo di peso: dimensioni elevate rispetto ai granchi a cui siamo abituati. È capace di sopravvivere a diverse temperature, tra i 3 e i 35 gradi. Viene chiamato così perché le chele degli esemplari maschi sono di colore blu, mentre quelle delle femmine sono rosse.

Perché il granchio blu è considerato pericoloso?

Vista la sua incredibile voracità, la sua presenza mina l’equilibrio eco-marino dei nostri litorali, e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: ad esempio, la raccolta di vongole e pesci sta subendo una grave flessione, così come la produzione di vongole, cozze e ostriche – sebbene in questo contesto va considerato anche lo sfruttamento dei mari da parte dell’uomo. Il danno però è anche ambientale, in quanto i granchi blu sono soliti rovinare le reti dei pescatori.

C’è anche da dire che la grande proliferazione del crostaceo è stata possibile per due motivi: in un anno la loro riproduzione è molto intensa; non ci sono predatori naturali nel nostro Adriatico. E questo rende complicato controllarne la diffusione.

A fronte di questa situazione, il governo Meloni ha stanziato 2,9 milioni di euro per contrastarne la diffusione attraverso il decreto legge Omnibus, che all’articolo 10 comma 1 dispone la possibilità per consorzi e imprese specializzate “alla cattura ed allo smaltimento della predetta specie”.

Perché dietro il granchio blu c’è il cambiamento climatico?

Come spiega il Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente, i granchi blu sono definiti “specie aliena” in quanto non è autoctona del Mediterraneo: di fatto, ha letteralmente invaso territori diversi dai suoi a causa del cambiamento climatico. Insomma, i nostri ambienti sono diventati più idonei per la loro sopravvivenza e la loro proliferazione.

In un’intervista a Il Gazzettino, Ernesto Azzurro, dirigente di ricerca all’Istituto per le Risorse biologiche e le biotecnologie marine del Consiglio nazionale delle ricerche (Irbim-Cnr) di Ancona, ha ribadito tutto questo: “Il nostro istituto lavora su modelli in cui si proietta la futura distribuzione di queste specie ittiche invasive rispetto ai diversi scenari di cambiamento climatico. Quello che osserviamo è una progressiva espansione del fenomeno. Queste specie amplieranno la loro presenza nel Mediterraneo per l’aumento delle temperature, ma anche della salinità. Prevediamo una progressiva e rapida espansione geografica di queste specie e, dall’altra parte, il declino di specie native del Mediterraneo, con minore affinità termica”.

Leggi anche: Cosa posso fare contro il cambiamento climatico? Qualche soluzione

Angelo Andrea Vegliante
Da diversi anni realizza articoli, inchieste e videostorie nel campo della disabilità, con uno sguardo diretto sul concetto che prima viene la persona e poi la sua disabilità. Grazie alla sua esperienza nel mondo associazionistico italiano e internazionale, Angelo Andrea Vegliante ha potuto allargare le proprie competenze, ottenendo capacità eclettiche che gli permettono di spaziare tra giornalismo, videogiornalismo e speakeraggio radiofonico. La sua impronta stilistica è da sempre al servizio dei temi sociali: si fa portavoce delle fasce più deboli della società, spinto dall'irrefrenabile curiosità. L’immancabile sete di verità lo contraddistingue per la dedizione al fact checking in campo giornalistico e come capo redattore del nostro magazine online.

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