Per funzionalità epatica si intende il funzionamento del fegato. Attraverso alcuni esami, è possibile diagnosticare e monitorare lo stato di salute del fegato. Scopri quali.
Per funzionalità epatica si intende il funzionamento del fegato. Attraverso alcuni esami, è possibile diagnosticare e monitorare lo stato di salute del fegato e prevenire malattie o disfunzioni. Quando il fegato è danneggiato, rilascia alcuni enzimi. Analizzando questi enzimi, è possibile fare valutazioni approfondite sull’indice di funzionalità epatica. Le analisi del sangue per il fegato sono lo strumento principale per capire se il fegato funziona in modo corretto.
Gli esami della funzionalità epatica sono fondamentali per diagnosticare, analizzare ed eventualmente curare le malattie del fegato. Sono in prevalenza analisi del sangue e più sono approfondite, più è possibile ottenere un quadro clinico ben definito e redigere un profilo epatico accurato.
Il fegato infatti è uno degli organi più importanti del nostro organismo e svolge funzioni metaboliche fondamentali: produce la bile ed è implicato nella trasformazione degli alimenti assorbiti. I processi metabolici in cui è determinante sono l’emulsione dei grassi e la sintesi di colesterolo e trigliceridi. Attraverso una misurazione costante e continuativa delle proteine e di tutti gli enzimi che entrano in gioco in questi processi, è possibile valutare lo stato di salute del fegato e un eventuale danno epatico.
Quando il medico ritiene che un paziente abbia subito un danno epatico o che ne sussista il rischio, è probabile che prescriva una serie di esami per il fegato. L’esame per la funzionalità epatica inizia con il classico prelievo di sangue. In generale, il medico decide di analizzare lo stato di salute del fegato e degli enzimi presenti al suo interno in questi casi:
Il medico può decidere di prescrivere esami per il fegato anche in presenza di determinati sintomi: affaticamento, ittero (occhi e pelle gialli), nausea, appetito scarso, urina molto scusa e feci molto chiare. La presenza di questi sintomi può essere il segnale di un danno al fegato. Prima di qualsiasi esame del sangue, per avere indici di riferimento chiari e non falsati bisogna evitare cibi, bevande e farmaci perché alterano i risultati e non consentono di ottenere una diagnosi veritiera.
Attraverso gli esami per la funzionalità epatica, si analizzano in prevalenza le transaminasi e la bilirubina. Due esami soltanto anche se il fegato svolge una grande varietà di funzioni (sintesi, cataboliche, di accumulo e di escrezione). Se un paziente dovesse fare tutti gli esami disponibili per il fegato, infatti, il dispendio economico sarebbe notevole. Per questo motivo (e per facilitare la diagnosi), il medico prescrive solo questi due esami specifici per il fegato che consentono di ottenere un quadro clinico definito e preciso dello stato di salute del fegato.
Le transaminasi sono gli enzimi che trasformano gli aminoacidi in energia e sono implicati nella sintesi del glucosio. Se il fegato non funziona o ha subito un danno di qualsiasi tipo, le cellule del fegato si danneggiano e le transaminasi si riversano nel sangue. Se le transaminasi sono alte, significa che hanno aumentato la loro concentrazione nel sangue e che siamo in presenza di un danno epatico.
Esistono due tipi di transaminasi: le GOT o AST (glutammato – ossalacetato transaminasi o aspartato transaminasi) e le GPT ALT (glutammato – piruvato transaminasi o alanina transaminasi). Nei soggetti sani, la loro presenza nel sangue è minima e attraverso il loro monitoraggio è possibile ipotizzare previsioni sullo stato generale di salute del cuore e dell’apparato muscolo-scheletrico.
Se la cellula è intatta, gli enzimi rimangono all’interno (o fuoriescono in minima parte). Se invece è in corso un fenomeno infiammatorio causato da un virus o da un batterio, può accadere che la membrana cellulare si sgretoli e consenta alle transaminasi AST e GPT di uscire nel torrente sanguigno.
AST e ALT sono due enzimi della famiglia transaminasi, un gruppo di proteine capaci di prendere parte a questo processo di sintesi del glucosio. Non sono gli unici enzimi coinvolti nei processi metabolici, che partono da amminoacidi differenti ma seguono sempre lo stesso iter: una porzione amminica passa da un amminoacido a una molecola acida e si trasforma in un altro amminoacido.
Dal punto di vista clinico, le transaminasi più importanti sono due: l’aspartato transaminasi (detta anche AST, GOT o GOT AST) e l’alanina transaminasi (detta anche ALT o GPT). AST produce l’acido glutammico partendo dall’aspartato, GPT o ALT parte invece dall’alanina.
Quando si fanno gli esami del sangue, è necessario monitorare i valori di AST nel sangue. Nella normalità, un uomo senza patologie ha valori che oscillano normalmente fra i 10 e i 45 UI/I, mentre per le donne oscilla tra i 5 e i 31 UI/I. Quando il livello di AST è particolarmente elevato, è possibile che l’organismo stia rispondendo a un eventuale danno al fegato, al cuore o all’apparato scheletrico.
Per destare una seria preoccupazione, i valori devono essere almeno 10 volte quelli considerati “normali”. In caso di valori lievemente maggiori invece non c’è da preocccuparsi ed è facile che siano valori connessi ad alimentazione, utilizzo di farmaci o leggera infiammazione. Se il livello di AST invece è più basso rispetto alla norma è possibile che ci si trovi sia causato da diabete, dialisi o gravidanza.
AST e ALT sono due enzimi strettamente connessi tra di loro e di solito il medico prescrive l’analisi di entrambi. Quando l’organismo funziona a regime, il rapporto fra AST e ALT è attorno allo 0.8. Quando gli enzimi invece aumentano in modo considerevole, è possibile che la funzionalità epatica sia compromessa.
In linea di massima, l’AST è un po’ meno specifico per individuare un danno epatico perché l’aspartato amino transferasi si trova in altri organi oltre al fegato. L’ALT invece si trova in prevalenza nel fegato e rimane nel sangue per più tempo: di conseguenza, in caso di livello di ALT molto elevati, è molto probabile che il processo infiammatorio riguardi il fegato.
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La bilirubina è una sostanza derivante dalla degradazione dell’emoglobina. I globuli rossi esausti vengono prima scartati dalla milza e in seguito viene trasportata a livello epatico (finisce nel fegato) e viene metabolizzata. Se l’organismo funziona correttamente, la bilirubina viene eliminata in maniera definitiva. Quando è presente un danno epatico o una disfunzione, la bilirubina si accumula e causa ittero e ingiallimento delle sclere e della cute.
L’esame della bilirubina serve per valutare la concentrazione nel sangue e di conseguenza certificare la funzionalità epatica. Inoltre è fondamentale per diagnosticare l’anemia causata dal degrado dei globuli rossi. Per bilirubina diretta (o coniugata) si intende la bilirubina che arriva al fegato e viene trasformata (mediante l’acido glucoronico) in biluribina diglucuronide. La bilirubina indiretta invece indica la bilirubina che ancora deve essere trasformata e processata dal fegato.
Se aumenta il valore di bilirubina indiretta, è possibile che la causa sia: malattia emolitica, disfunzione epatica (cirrosi) o Sindrome di Gilbert (rarissima forma di ritardo del fegato che non è in grado di catturare la bilirubina circolante). Un aumento della birilubina diretta invece può essere causato da stasi biliare (epatite), cirrosi epatica, ostruzione delle vie biliari (calcoli) e malattie del pancreas. Sono rarissime invece le patologie ereditarie come le sindromi di Rotor, Dubin-Johnson e Crigler-Najjar.
Ultima modifica: 15/03/2021