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“Niente su di noi senza di noi”

Armanda Salvucci riperccorre le emozioni provate durante una sua lezione di fundraising a una classe di giovani con disabilità cognitiva

Lavoro da tredici anni come consulente e formatrice di fundraising. Oddio, direte voi, è grave? È qualcosa che si mangia?

Ecco questa è di solito la reazione che le persone hanno quando parlo del mio lavoro. In realtà è molto più semplice di quanto sembri, ovvero insegno alle associazioni non profit le strategie e le tecniche per raccogliere fondi che servono a finanziare le loro cause sociali.

In questi 13 anni ho formato tante persone e ogni corso è stato per me un’occasione per incontrare persone in gamba e appassionate che credono fortemente di poter cambiare il mondo. Perché vi sto raccontando questo, cosa c’entra con il titolo di questa rubrica?

Perché il 19 maggio si è concluso un percorso di formazione al fundraising molto intenso. Di solito i partecipant3 ad un corso di formazione sono dirigent3 e collaborator3 delle associazioni, anche di associazioni che si occupano di disabilità. Stavolta invece i destinatar3 della formazione erano proprio un gruppo di giovan3 con disabilità cognitive.

E questa è stata la cosa più emozionante e stimolante perché, per la prima volta, ho visto concretizzarsi il motto degli attivist3 con disabilità “Niente su di noi senza di noi“. Lo slogan fu adottato da Ron Chandran-Dudley dopo che, insieme ad altre 13 persone, abbandonò il 13° Congresso Mondiale di Rehabilitation, perché non avevano lo stesso diritto di parola nelle decisioni prese dall’organizzazione.

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I ragazz3 sono stati grandios3. Perché hanno seguito le lezioni con impegno, anche quando mi hanno odiato perché i concetti, pur semplificati, erano molto complessi. Perché sono divertent,3 curios3, credono nel loro progetto e lo vogliono portare avanti.

Ho rivisto me stessa in ognunə di loro, la loro rabbia era la mia rabbia, il loro dolore era il mio dolore, la loro voglia di rivalsa era la stessa mia.

Mi sono divertita moltissimo insieme a loro, mi sono emozionata all’idea che un giorno si presenteranno di fronte ad unə dirigentə d’azienda per fare una proposta. È stato bellissimo vederl3 cambiare in questi mesi di corso, diventare più bell3 e più luminos3. Quella bellezza che nasce quando si ha un obiettivo, quando ci si mette in gioco, nonostante tutto.

È proprio vero: ciascunə cresce solo se sognatə. Solo se c’è qualcun altrə che intravede delle potenzialità. E questə qualcunə ha un nome: Chiara, Alice, Manuela, Sara e Stefania rispettivamente educatric3 della Cooperativa Ceas, della Cooperativa Asso e della Cooperativa aCapo.

Pensavate che questo articolo non c’entrasse nulla con il titolo di questa rubrica? E invece c’entra… c’entra… Perché le persone con disabilità non vogliono che siano fatti progetti su di loro, ma con loro.

Ps. Per quanto mi riguarda continuerò a seguirl3 e a far sì che il loro progetto possa realizzarsi. E consiglio anche a voi di sostenerl3 e seguirl3 su www.siamoinonda.it e sulla pagina Facebook Inonda. Non ve ne pentirete.

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Ultima modifica: 16/06/2021

Armanda Salvucci

Laureata in Lingue e Letterature straniere europee, consegue un primo Master in Comunicazione di Impresa e Relazioni Pubbliche e un secondo in Project Management per le ONP e le ONG. Consulente e docente, per 9 anni, di fundraising presso la Scuola di Roma Fund-raising.it. Lunga è la sua esperienza nelle organizzazioni non profit. Come ideatrice del progetto Sensuability, affronta il tema sulla sessualità e la disabilità anche per Abilitychannel ed Heyoka, parlandone in modo ironico e leggero.