Il 13 giugno 2022 Fabio Ridolfi se n’è andato, anche se non come avrebbe voluto. A darne l’annuncio è il fratello Andrea, che all’Associazione Luca Coscioni ha fatto avere un messaggio: “Fabio è finalmente libero”. Una libertà però ottenuta dopo ore di attesa con l’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale e la sedazione profonda e continua, e non attraverso il suicidio assistito, così come disciplinato dalla sentenza 242/2019 della Corte Costituzionale sul caso Dj Fabo – Cappato.
“Oggi vogliamo innanzitutto unirci al dolore della famiglia di Fabio – hanno dichiarato Filomena Gallo e Marco Cappato in una nota dell’Associazione Luca Coscioni -. Da domani continueremo a batterci affinché non si ripetano simili ostruzionismi e violazione della volontà dei malati. Continueremo in ogni caso a fornire aiuto diretto alle persone che si rivolgeranno a noi per far valere il loro diritto di decidere sulla propria vita”.
Chi era Fabio Ridolfi e perché non ha avuto accesso al suicidio assistito
Fabio Ridolfi è scomparso all’età 46 anni. L’uomo abitava a Fermignano e da 18 anni conviveva con la tetraparesi da rottura dell’arteria basilare, con conseguente immobilità del proprio corpo: Fabio era costretto a letto 24 ore su 24, tanto che poteva comunicare unicamente attraverso un puntatore oculare.
A causa di questa sua particolare condizione, Ridolfi è passato alle cronache italiane per esser stato il terzo marchigiano a chiedere (per poi ottenere) il suicidio assistito. E lo ha fatto attraverso un appello del 18 maggio scorso: “Gentile Stato italiano, da 18 anni sono ridotto così. Ogni giorno la mia condizione diventa sempre più insostenibile. Aiutami a morire”.
Il messaggio di Ridolfi è stato accompagnato da una segnalazione dell’Associazione Luca Coscioni, che ha lamentato un presunto ritardo da parte dell’Azienda Sanitaria Unica Regionale delle Marche nel dare il via libera alla pratica, nonostante la relazione medica al Comitato Etico fosse stata inviata il 15 marzo 2022.
E in effetti, a distanza di 24 ore dall’appello del marchigiano, l’Associazione ha comunicato che il parere a favore del suicidio assistito nel caso Ridolfi era stato ammesso l’8 aprile 2022, ma nessuno a 40 giorni distanza aveva avvertito il diretto interessato. Dopo questa scoperta, Fabio era diventato il secondo italiano ad aver ottenuto l’accesso al suicidio assistito, dopo il caso del novembre 2021 di Mario (nome di fantasia), un 43enne paralizzato da 10 anni a causa di un incidente stradale.
Nonostante il via libera al suicidio assistito però, non erano stati spiegati i dettagli riguardanti il farmaco da utilizzare e la modalità di somministrazione. Un vuoto decisionale a cui Ridolfi decise di rispondere il 27 maggio 2022, diffidando l’ASUR Marche dal rispondere a tale ritardo in tempi celeri.
Ma alla fine il 6 giugno 2022 il 46enne marchigiano ha cambiato rotta, optando per la sedazione profonda: “Da due mesi la mia sofferenza è stata riconosciuta come insopportabile. Ho tutte le condizioni per essere aiutato a morire. Ma lo Stato mi ignora. A questo punto scelgo la sedazione profonda e continua anche se prolunga lo strazio per chi mi vuole bene”. E così, poi, la notizia della sua morte, arrivata qualche ora fa.
Leggi anche: Esiste una proposta di legge per l’eutanasia in Italia?
Differenza tra eutanasia e suicidio assistito
Il caso di Fabio Ridolfi è analogo ad altri vissuti in passato, e pone al centro dell’attenzione un fenomeno legislativo intricato, difficoltoso e complesso – nonostante lo scorso anno un referendum in materia abbia tentato di sciogliere qualche nodo. Al momento, possiamo riconoscere:
- Eutanasia attiva: il medico causa direttamente la morte del malato;
- Eutanasia attiva volontaria: il medico agisce su richiesta esplicita del malato;
- Eutanasia passiva: quando il medico si astiene da praticare cure che tengono in vita la persona malata;
- Suicidio assistito: il malato termina la propria vita autonomamente di fronte a un medico, il quale fornisce solo gli strumenti.
Cosa dice la legge in Italia sul suicidio assistito?
Nel Bel paese non esiste una legge ad hoc in materia di eutanasia e suicidio assistito, ma il tema è retto principalmente dalla sentenza della Consulta sul caso di Dj Fabo, che non punisce l’accesso al suicidio assistito se il paziente è tenuto in vita con trattamenti di vita artificiali, se ha una patologia irreversibile che è fonte di intollerabili sofferenze psicologiche e fisiche e se la persona è capace di intendere e di volere.
Leggi anche: Eutanasia in Italia: proposte di legge, casi di cronaca e referendum