Un compositore, un filosofo che con saggezza sa raccontare la vita: Ezio Bosso. L’emozione ha il potere di rendere qualcosa ancora più bella e coinvolgente. Come un pianista di talento che, lasciandosi trasportare da quello che sente, trasforma un’esibizione in un uragano di sensazioni. Un grande maestro che per la prima volta si esibisce sul grande palco italiano, tutti quegli sguardi attenti e curiosi su di lui pronti ad ascoltare…
“La musica è una fortuna che noi tutti condividiamo e che ci insegna la cosa più importante che esista, ascoltare.”
“L’emozione mi fa parlare anche peggio del solito”, dice Ezio Bosso. Risate. E’ divertente, intelligente, brillante. La sua malattia, avida, queste cose non gliel’ha portate via, sono sue, gli appartengono. Si sta prendendo il suo corpo, le sue capacità di coordinare i movimenti e di articolare il linguaggio..ma non la sua anima. La SLA è meno forte di lui, un uomo, un’artista che non si arrende, non gliela dà vinta, e continua a fare ciò che è nato per fare: la musica.
“La dodicesima stanza”, il titolo del suo primo album. Racconta di una teoria antica che dice che la vita sia composta da dodici stanze, le dodici in cui lasceremo qualcosa di noi che ci ricorderanno. Dodici sono le stanze che ricorderemo quando passeremo l’ultima. Ci sono dei momenti in cui entriamo in una stanza che non ci è molto simpatica, una stanza buia e piccolissima, dalla quale sembra che non riusciremo ad uscire. Ma anche quella stanzetta angusta ci insegna e ci regala qualcosa.
Nessuno può ricordare la prima stanza perché quando nasciamo non vediamo, ma pare che questo accada nell’ultima stanza che raggiungeremo. E quindi si può ricominciare, poiché la dodicesima stanza è l’ultima solo perché gli diamo un numero.
Nato a Torino nel 1971, Ezio Bosso ha imparato a leggere lo spartito prima delle lettere, e a 4 anni già suonava. Nel 1985 entra come bassista negli Statuto con cui resta per soli tre anni spinto dal suo amore per la musica classica. A 16 anni debutta come solista in Francia e inizia a girare le orchestre di mezza Europa, ma è l’incontro con il maestro Ludwig Streicher che segna la svolta della sua carriera artistica, indirizzandolo a studiare Composizione e Direzione d’Orchestra all’Accademia di Vienna.
Tiene corsi in Giappone e a Parigi partecipando alla vita musicale della scena contemporanea di quegli anni con Gerard Caussèe, Pierre Yves Artaud, Laura Chislett. Tra le varie orchestre da lui dirette compaiono la London Symphony, la London Strings, l’Orchestra del Teatro Regio di Torino, la Filarmonica ‘900 e l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
Vincitore di importanti riconoscimenti, come il Green Room Award in Australia (unico non australiano a vincerlo) o il Syracuse NY Award in America, la sua musica viene richiesta nella danza dai più importanti coreografi come Christopher Wheeldon, Edwaard Lliang o Rafael Bonchela e nel teatro da registi come James Thierrèe.
In ambito cinematografico ha collaborato con registi di fama internazionale tra cui Gabriele Salvatores per il quale ha comporto la famosa e innovativa colonna sonora per quartetto d’archi del film “Io non ho paura”, ma anche per “Quo Vadis baby?” e per “Il ragazzo Invisibile”.
Poesia per le orecchie, che possiamo riascoltare, ancora: http://video.repubblica.it/dossier/sanremo-2016/sanremo-2016-bosso-al-piano–following-a-bird–incanta-l-ariston/228141/227432?ref=twhr
Un maestro di vita, oltre che di musica. Un esempio vivente di come la voglia di vivere e di essere ciò che si è destinati ad essere vincano su ogni cosa. E non c’è malattia che tenga.
Ultima modifica: 15/05/2020