Gli European Para Youth Games, noti anche semplicemente con l’acronimo EPYG, sono competizioni sportive internazionali per giovanissimi e giovani atleti con disabilità, in una fascia d’età che va dai 12 ai 23 anni. All’interno della rassegna sono raccolte diverse discipline con un duplice obiettivo: coltivare i talenti paralimpici di domani; dare la possibilità alle giovani e ai giovani con disabilità di accedere e praticare uno sport paralimpico.
Qual è la storia degli European Para Youth Games?
A oggi gli EPYG vantano sei edizioni. La prima e la seconda edizione sono andate in scena nel 2011 e nel 2012 a Brno (Repubblica Ceca), con la Nazionale di casa che fu in grado di conquistare il primo posto nel medagliere in entrambe le annate. La terza edizione invece è stata organizzata a Varazdin, in Croazia, con l’arrivo di 223 atleti provenienti da 22 paesi europei. Ad aggiudicarsi il medagliere stavolta fu la Spagna (61 medaglie).
Il 2017 fu l’anno della quarta edizione, ospitata dall’Italia a Savona. Un’annata molto importante, poiché la rassegna riuscì a raccogliere oltre 500 atleti da 26 paesi. Il medagliere fu vinto dalla Germania (37 medaglie d’oro, 27 argenti e 12 di bronzo). Nel 2019 invece si volò a Pajulahti, in Finlandia, tappa confermata anche per la sesta edizione nel 2022 (invece che nel 2021, rinvio causa pandemia da Covid): nel secondo appuntamento finlandese, l’Italia è riuscita a ottenere uno storico terzo posto nel medagliere con 42 medaglie, superata solo da Spagna e Francia.
Non molti sanno però che dietro gli EPYG c’è una mano italiana, precisamente quella dell’attuale presidente del Comitato Italiano Paralimpico Luca Pancalli, il quale ha rivelato ad Ability Channel che gli EPYG sono nati quando lo stesso numero uno del CIP era Segretario Generale del Comitato Paralimpico Europeo.
“A un certo punto – racconta nella nostra intervista – con i miei colleghi ci interrogavamo su quale fosse il ruolo di un’organizzazione a livello europeo, che cosa potesse fare”. E così, “partendo dall’esperienza personale italiana, che era quella di vedere pochi giovani e bambini e di vedere poche famiglie che portano i propri figli disabili a una scelta di percorso sportivo, ci inventammo questa sorta di giochi giovanili”.