Ci sono malattie che non si vedono, ma che possono comunque travolgere una persona e/o un familiare. Stiamo parlando dell’eterotopia nodulare periventricolare, una delle “tantissime” malattie invisibili che fanno parte del nostro mondo e che appartengono alle cosiddette malattie rare genetiche.
Cos’è l’eterotopia nodulare periventricolare?
L’eterotopia nodulare periventricolare (PNH) è una malformazione cerebrale che risulta da un posizionamento anomalo di parte dei neuroni (le cellule nervose) nella parte profonda del cervello invece che nella corteccia cerebrale. Questi neuroni si raggruppano in agglomerati che vengono chiamati noduli e sono individuabili tramite risonanza magnetica.
La malattia genetica (il cui acronimo è PNH) è connessa all’epilessia (soprattutto per quanto concerne il genere femminile) e in alcuni casi può essere associata ad anomalie cardiache e difetti di coagulazione del sangue. La maggior parte delle persone colpite dall’eterotopia nodulare sono donne.
Trasmissione dell’eterotopia
Per quanto riguarda la trasmissione di questa malattia genetica, si sispetta che sia ereditaria. Il sospetto diagnostico viene avanzato sulla base della risonanza magnetica cerebrale e la conferma viene dall’analisi molecolare del gene FLNA. Per dirla in modo semplice, l’eterotopia consiste in una malformazione genetica che non consente ai neuroni di salire al cervello attraverso la corteccia cerebrale. Il feto si sviluppa quindi in maniera differente rispetto alla normalità.
Nel caso in cui venga diagnosticata l’eterotopia nodulare periventricolare, è buona prassi iniziare un percorso genetico approfondito che vada a indagare tutto il ramo genealogico. La trasmissione è prevalentmeente femminile quindi è probabile che sia la madre a trasmetterlo alla figlia. Il gene maschile non dovrebbe intervenire nella trasmissione, ma non ci sono evidenze scientifiche inconfutabili: la malattia è ancora poco conosciuta e ci si muove sempre con estrema cautela.
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Eterotopia nodulare e figli
Attualmente non abbiamo notizie certe sull’ereditarietà dei geni perché la malattia non è stata studiata ancora in modo profondo. Ciò che sappiamo attualmente è che se la donna con questa patologia rimanesse incinta, c’è il 50% di possibilità di trasmettere la malattia. Nel caso in cui non venisse trasmessa al feto maschile o femminile, la gravidanza verrà portata a termine senza alcun problema e il figlio nascerà sano.
Nel caso in cui la malattia sia trasmessa, il figlio maschio potrebbe non venire alla luce. Per svilupparsi infatti, il feto maschile potrebbe aver bisogno di tutto il corredo genetico. Diciamo volutamente POTREBBE perché la malattia ha ancora alcuni lati che devono essere approfonditi.
Per quanto riguarda la prole femminile invece, il feto dovrebbe svilupparsi in modo naturale ma potrebbe essere soggetto a forme più o meno gravi di epilessia. Anche qui le informazioni sono in divenire: solo esami approfonditi come la risonanza magnetica o il prelievo di sangue possono aiutare il genetista a capire di più sul singolo caso. Ad ogni modo, esistono casi di eterotopia nodulare asintomatica e i medici non possono escludere che una madre asintomatica possa avere una figlia asintomatica.
La speranza della scienza
Quando ci si trova di fronte a queste malattia, c’è solo una cosa da fare: affidarsi alla scienza. Fino a qualche anno fa, malattie come queste non erano neanche catalogate: chissà quanti “aborti spontanei” sono stati scambiati per un semplice volere della natura. Adesso invece la storia è diversa: gli studi genetici hanno portato alla luce questa malattia e attraverso esami approfonditi è possibile saperne di più sul futuro.
Per la madre non dovrebbe essere difficile capire se il feto (maschile o femminile) abbia contratto la malattia attraverso esami “classici” come la risonanza magnetica o il prelievo del sangue. Un’informazione fondamentale e decisiva che mette in guardia la madre di fronte al destino, qualsiasi esso sia.
Come si cura l’epilessia
Chi sviluppa forme di eterotopia nodulare periventricolare sintomatica, può avere attacchi di epilessia. La terapia dell’epilessia mira a prevenire la ricorrenza delle crisi che possono incidere sulla qualità di vita del paziente. Il 50% delle crisi inizia ad essere gestito in maniera totale dopo il primo farmaco, mentre un ulteriore 13% risulta controllato dall’introduzione di un secondo farmaco.
Secondo la Lega Internazionale contro l’Epilessia, si parla di farmacoresistenza solo quando ci sia una mancata risposta ad almeno due farmaci ben tollerati. Il trattamento delle crisi deve essere personalizzato, considerando diversi aspetti come ad esempio:
- il tipo di epilessia
- il tipo di crisi
- l’età del paziente
- la tollerabilità del trattamento
- le potenziali interazioni con altri farmaci
- le condizioni mediche del paziente
(articolo aggiornato il 01/08/2022)