Gli effetti del Covid del primo lockdown sono stati devastanti, anche per i bambini con disabilità. Le enormi restrizioni imposte dall’inizio del 2020 hanno tagliato e squarciato la vita sociale, lavorativa, scolastica e affettiva, ridefinendo sempre più il nostro modo di vivere nella società moderna. In questo contesto abbastanza problematico ci sono le storie di categoria, che raccontano di una ripresa non facile per nessuno.
Ecco gli effetti del Covid e del lockdown sui bambini con disabilità
A definire un quadro esaustivo della questione è il Bilancio di Missione dell’Associazione La Nostra Famiglia. Tra le varie condizioni, emerge chiaramente quanto gli effetti del Covid e del lockdown sui bambini con disabilità abbia riguardato diverse sfere umane.
Sul lato psicologico, ad esempio, come spiega il Direttore Sanitario dell’associazione Massimo Molteni, “fino all’inizio dell’estate 2020, la tenuta dello stato di salute dei bambini è stata strettamente correlata alla capacità di tenuta delle rispettive famiglie: a riprova che la famiglia, quando presente, è fondamentale per il loro benessere”.
Quindi gli effetti del Covid sui bambini disabili hanno trovato terreno fertile in base a determinate condizioni, come le risorse economiche e tecnologiche possedute dalla propria famiglia. Di fatto, beni e servizi come un personal computer o una connessione internet erano divenuti preziosi come lingotti d’oro. E sul piano emotivo abitare in una casa con un giardino o un balcone poteva fare la differenza nella battaglia per la gestione dello stress.
Tuttavia, come spiega il comunicato dell’associazione, il peggio deve ancora venire: “Il problema ha invece cominciato a manifestarsi durante il secondo lockdown: dal tardo autunno sono cominciati ad aumentare gli indicatori di disagio anche tra i nostri piccoli pazienti. I prossimi anni ci diranno quale è stato il prezzo da loro pagato in termini di ridotte opportunità di cura”.
Le cure, appunto. Perché le condizioni di salute sono state fortemente minate da un contesto generale particolarmente provante: oltre alle fatiche economiche della propria famiglia, sono state registrate le sospensioni forzate e repentine delle attività extra-ospedaliere e specialistiche ambulatorie, minando corposamente le attività e la salute dei bambini disabili.
“Dal nostro osservatorio – sottolinea ancora Molteni – i principali costi che hanno subìto i nostri bambini sono stati la contrazione di opportunità di terapia: un danno pesante, perché la finestra terapeutica della maggiore efficacia degli interventi in età evolutiva è abbastanza stretta”.
Secondo il Direttore Generale dell’associazione Marcello Belotti, “i bambini non possono essere considerati piccoli adulti, quanto piuttosto dei portatori di bisogni specifici in ambito sanitario, socio-sanitario, educativo e sociale”.
Dello stesso avviso è la Presidente Luisa Minoli, la quale sostiene che “i bambini sono il futuro e la speranza del nostro Paese ma credo che occorra passare da una attenzione emotiva ai bambini ad una attenzione fattiva, sociale, politica, economica e culturale”. L’obiettivo? “Renderli protagonisti, farsi carico della loro fragilità che può essere fisica, psicologica, sociale, educativa e pensare a soluzioni inclusive nuove ed inedite perché possano crescere”.
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Ordine degli Psicologi: “La Dad? Mancata organizzazione strutturata”
La didattica a distanza, divenuta nota con l’acronimo DAD, è spesso stata al centro di numerose polemiche, poiché accusata di creare differenze abbastanza marcate tra gli alunni in base a condizioni sociali, economiche e di salute. Un esempio lo abbiamo avuto alla fine del 2020, quando da un report dell’Istat emerse che la DAD aveva messo a rischio l’inclusione scolastica dei ragazzi disabili.
Successivamente la dott.ssa Paola Medde, consigliera dell’Ordine degli Psicologi, illustrò in una nostra intervista quanto la didattica a distanza avesse influito negativamente sugli alunni per “la mancata organizzazione strutturata”, facendo esporre la salute psicofisica a “una situazione dannosa” e creando “un isolamento dal contesto scolastico e domestico”.
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