L'attivista e la giornalista Valentina Tomirotti doppia un personaggio con disabilità in una serie Netflix. Ecco cosa c'è da sapere
Comunicato stampa Ufficio Stampa Pepitosa
Roma – “Il silenzio di una sala da doppiaggio è una prova di immedesimazione completa col personaggio a cui regalare la propria voce, cercando di dare colore, enfasi e carattere che deve trasparire da uno schermo: un’esperienza professionale non solo mediatica, ma di giusta rappresentanza sociale. Basta interpretare personaggi con disabilità mettendo in scena teatrini poco realistici e molto abilisti, perché il media fa opinione pubblica e di stereotipi non abbiamo bisogno di fomentare”, sono le parole di Valentina Tomirotti, giornalista e attivista del mondo disability che doppia il nuovo personaggio di una nota serie Netflix.
“Per me è un’esperienza nuova, credevo fosse uno scherzo quando la casa di doppiaggio CDC Sefit Group di Roma mi ha contattata: certi media sono ancora invalicabili per chi ha una disabilità molto visibile, ma fare parte di questo cambiamento è molto importante perché vuol dire che qualcosa sta cambiando e sono felice che un grande colosso come Netflix si sia reso complice del cambiamento”.
Dare voce alla diversità, restituire verità alle tante sfumature della vita, far parlare la realtà senza tradirla è quello che finalmente accade in sede di doppiaggio inclusivo, in prodotti mediatici che arrivano sul grande schermo. È tempo che un personaggio con disabilità possa entrare nel cast di un film o di una serie proprio per ciò che rappresenta, come professionista addetto ai lavori. E non è nemmeno più tempo di vedersi interpretati nella propria condizione di persona con disabilità da chi non è rappresentativo, da chi non vive realisticamente la condizione, da chi recita doppiamente.
Un passo avanti tangibile verso queste direzioni è accaduto anche nella produzione Netflix della 2ª stagione di HUMAN RESOURCES. Dalle menti inventive che ci hanno portato il pluripremiato film d’animazione per adulti Big Mouth, lo spin-off alza il sipario sulla vita quotidiana delle creature che aiutano gli umani a viaggiare attraverso ogni aspetto della vita dalla pubertà alla genitorialità fino agli anni del tramonto. Diventa subito chiaro che sebbene i protagonisti siano creature, hanno loro stessi molta umanità.
Ed è in questa stagione che entra sullo schermo il personaggio di Alice: una celebre attivista per i diritti dei disabili che precipita nella disperazione e nell’odio per il mondo abile, dopo un primo appuntamento deludente, guidata dal suo lovebug trasformato in un verme dell’odio, Rochelle. Il personaggio è stato sia ispirato che doppiato dall’attivista per i diritti dei disabili nella vita reale, Alice Wong, mentre in Italia la sua voce è stata doppiata dall’attivista Valentina Tomirotti, anch’essa disabile in carrozzina, che si è prestata alla parte non dovendo inventare una condizione, ma trasportando la propria realtà di condizione semplicemente addosso al personaggio della serie.
Alice e Valentina hanno molto in comune: all’interno del campo della rappresentazione diversificata, il numero di prodotti mediatici con protagonisti disabili, in ruoli che si concentrano su cose diverse dalla loro disabilità, è molto raro. Ecco perché Alice Wong che interpreta se stessa, un personaggio disabile con una trama ricca di sfumature e una personalità tridimensionale sullo schermo, è una vittoria.
All’interno della serie, la disabilità di Alice fa parte del suo personaggio, influenzando il modo in cui si muove, letteralmente, in tutto il mondo, così come il suo accesso a determinate risorse, come si vede anche dalla sua frustrazione in un ristorante inaccessibile che non ha una rampa per la sua sedia a rotelle, come motivazione nel lavorare come attivista per i diritti dei disabili, tutti tratti che accomunano quotidianamente anche la vita e la professione di Valentina Tomirotti, che attraverso i propri social racconta e si batte per i diritti delle persone con disabilità. A differenza di molte serie che si concentrano semplicemente sulla disabilità fisica di una persona disabile e nient’altro, qui c’è una trama operativa e sentimentale. Mentre i media e la società mainstream spesso desessualizzano e deromanticizzano automaticamente le persone disabili (suggerendo che le persone disabili non sono nemmeno degne di avere desideri o essere desiderate), qui si lavora per evitare quello stereotipo.
Ultima modifica: 26/09/2024