Alzheimer e donne famose: anche loro colpite da questa malattia degenerativa. Le cause, i sintomi e l'assistenza domiciliare e ospedaliera
Prima di iniziare a elencare le personalità note per aver contratto il morbo, cerchiamo di capire perché l’Alzheimer colpisca più donne che uomini. Una risposta univoca, in effetti, non esiste. Tuttavia nel 2019 due studi presentati all’Alzheimer’s Association International Conference (Los Angeles) hanno dato suggerimenti che, quantomeno, fanno un passo in avanti per svelare il mistero.
Secondo i due recenti studi, come spiegato da SkyTG24, alla base di questa singolarità vi sarebbe una migliore connettività tra le zone cerebrali, luogo dove la proteina tau ha origine.
La prima ricerca porta la firma della Vanderbilt University di Nashville. I ricercatori hanno dimostrato che la diversità tra i cervelli di uomo e donna risiederebbe nella maggiore connettività nelle aree del cervello femminile, che appunto determina la diffusione della proteina sopracitata. L’Università di Miami, invece, ha sottolineato che esisterebbero dei geni specifici negli uomini e nelle donne che potrebbero avere legami con lo sviluppo di questa forma di demenza senile.
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In base a Docgenerici, esistono delle percentuali ben note riguardanti l’Alzheimer nelle donne e negli uomini. Vediamole nel dettaglio:
Comunque nel computo finale andrebbe ricordato che la vita di un uomo è mediamente inferiore a quello di una donna, e quindi le percentuali si potrebbero equiparare tenendo conto di questa statistica.
Quello che siamo è sempre con noi nell’incessante battere del nostro cuore che regola i nostri respiri, quello che eravamo ci guarda le spalle proteggendoci dai fantasmi che bussano alla nostra porta e quello che saremo lo decideranno solo le nostre mani dopo aver scelto di metterle avanti come scudo o aperte come ali.
Il Morbo di Alzheimer è il fantasma che ha bussato alla porta di alcune donne famose e anche alla porta di tante altre, seppur meno popolari. Perché le loro mani, purtroppo, non potranno mai fare da scudo contro una malattia come questa. Speriamo che possano almeno aprirle come ali per volare verso la felicità.
Di seguito potete trovare un breve elenco delle donne più famose con l’Alzheimer.
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Nata a Venezia nel 1927, fa il suo esordio nel teatro di varietà come ballerina negli spettacoli di Wanda Osiris e Macario nel 1945. Successivamente si dedica al teatro di prosa per poi interpretare anche numerosi ruoli sia nel cinema, al fianco di numerosi grandi attori del cinema italiano come l’immenso Totò e Renato Rascel, che nella televisione.
Nel 1960 è la conduttrice di Canzonissima insieme ad Airoldo Tieri e Alberto Lionello. Cinque anni più tardi è la protagonista dello sceneggiato televisivo dal titolo “Laura Storm” dove recita nei panni di una simpatica investigatrice con trench bianco e tacchi a spillo. Dalla sua relazione con l’attore Johnny Dorelli nasce Gianluca Guidi. All’età di 82 anni si spegne in una clinica romana dopo un lungo ricovero dovuto all’aggravarsi del morbo di Alzheimer.
Nasce nel luglio del 1919 a Dublino, in Irlanda per poi trasferirsi a Londra con tutta la famiglia, è stata considerata come una delle scrittrici più brillanti d’Inghilterra. Filosofa e romanziera, ha insegnato ad Oxford per oltre quindici anni.
Dopo aver pubblicato il suo primo libro nel 1953 (un’opera filosofica), scrisse ben 25 gialli psicologici. Nel 1995 le viene diagnosticata la malattia dell’Alzheimer che nel giro di soli pochi anni le toglie prima la capacità di scrivere e poi la vita. La storia della sua vita e della sua malattia è stata raccontata nel film Iris – Un amore vero, basato sulle memorie del marito John Bailey.
Conosciuta in tutto il mondo come Lady di ferro, nei suoi undici anni da primo ministro con le sue riforme, spesso impopolari, riuscì a risollevare la Gran Bretagna da un declino economico che durava ormai da decenni. Si dimette dalla carica nel novembre del 1990.
Margaret Thatcher amava far impazzire di frustrazione gli avversari laburisti con la sua memoria infallibile: durante un Question Time ai Comuni, in un accesso dibattito sulla politica monetaria, fu in grado di recitare senza appunti i differenti tassi di inflazione del Regno fino al 1894.
Oggi quella memoria fantastica è svanita nella nebbia della demenza senile che l’ha colpita a tradimento, come racconta la figlia Carol, giornalista, nel suo nuovo libro di memorie familiari. È un racconto sconvolgente quello di Carol, che scoprì il tunnel del declino mentale della madre in una bella giornata d’estate del 2000.
Gilda per sempre. Il nome di Rita Hayworth, non può che evocare un periodo aureo della storia del cinema, ossia quando Hollywood era il regno di divi quasi sovra-umani giudicati intoccabili dai comuni mortali così come dai giornali.
Nata a New York il 17 ottobre del 1918, dopo aver partecipato a produzioni cinematografiche di basso profilo ha cominciato la sua grande carriera che l’ha vista al fianco di attori come Fred Astaire, Tyrone Power e, soprattutto Glenn Ford.
Nel corso della sua vita travagliata ha poi sposato il regista Orson Welles. L’Alzheimer le viene diagnosticato nel 1980, anche se i sintomi si erano già manifestati molti anni prima. Muore nel 1987 in un ospedale di New York.
La frequenza dell’Alzheimer negli ultimi vent’anni è cresciuta in conseguenza dell’invecchiamento della popolazione. Il 95% dei casi di malattia di Alzheimer è sporadico, cioè si manifesta senza ereditarietà, e attualmente, in Italia, colpisce il 10% degli ultra-sessantacinquenni.
Tuttavia, esistono forme di Alzheimer (AD), denominate familiari, in cui la malattia si manifesta in tre o più persone appartenenti alla stessa famiglia ed è dovuta ad una mutazione genetica presente dalla nascita.
I figli della persona portatrice della mutazione hanno il 50% di probabilità di ereditarla, quindi sono forme trasmesse con ereditarietà definita di tipo autosomico dominante. Di solito le forme familiari insorgono più precocemente, mentre quelle sporadiche sono più tipiche dell’età avanzata o molto avanzata.
La comparsa della malattia di Alzheimer è influenzata anche da fattori ambientali e biologici, ancora in parte da determinare. Si sa però che uno stile di vita sano basato su una dieta mediterranea, l’attività fisica e uno stretto controllo dei fattori di rischio cardiovascolare eventualmente presenti, riduce la probabilità di insorgenza delle sindromi di demenza senile sia degenerative come l’Alzheimer, sia di origine vascolare o mista.
La demenza è un termine generale che si riferisce alla perdita di memoria e di altre abilità intellettuali, talmente grave da interferire con la vita quotidiana. Il morbo di Alzheimer rappresenta il 50-80% dei casi di demenza e la maggior parte delle persone affette dal morbo di Alzheimer hanno 65 anni e più. In alcuni casi però (con una percentuale del 5%), il morbo di Alzheimer può avere un’insorgenza precoce manifestandosi ad un’età compresa tra i quaranta e cinquanta anni.
Trattandosi di una malattia degenerativa, il quadro clinico che caratterizza il morbo di Alzheimer peggiora con il passare del tempo: nelle fasi iniziali la perdita di memoria è leggera; in fase avanzata, le persone perdono la capacità di portare avanti una conversazione e di reagire nel loro ambiente.
Chi soffre del morbo di Alzheimer vive in media dieci anni dopo che i sintomi si sono manifestati. Tuttavia, la sopravvivenza può variare da quattro a vent’anni, a seconda dell’età e di altre condizioni di salute.
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Ad oggi sono note alterazioni di tre diversi geni che possono portate alla malattia di Alzheimer. La causa, sia dei casi sporadici che di quelli familiari, pare risiedere in un’alterazione del metabolismo di una proteina, detta APP, proteina pecursore di beta amiloide, che per ragioni ancora ignote a un certo momento della vita inizia ad essere metabolizzata in modo alterato, portando alla formazione di una sostanza neurotossica, la beta amiloide, che si accumula lentamente nel cervello portando a morte neuronale progressiva.
Le forme ereditarie hanno un’alta penetranza, cioè molte persone di una famiglia, tre o più, sono colpite dalla malattia ed esordiscono in età relativamente giovanile, prima dei 65-70 anni. L’età di esordio dei primi disturbi è relativamente stabile all’interno della stessa famiglia.
Maggiore è il numero di persone affette nella stessa famiglia e maggiore è la probabilità che la malattia abbia una causa ereditaria, così come più l’età all’esordio è giovanile e maggiore è la probabilità che si manifesti precocemente.
Esistono inoltre fattori ambientali che possono giocare un ruolo importante, come ad esempio traumi o esposizione a sostanze tossiche come alluminio e idrocarburi aromatici. Il fattore di rischio più rilevante è l’età: l’incidenza e la prevalenza della malattia infatti, aumentano con l’aumentare dell’età stessa.
I primi sintomi di Alzheimer, che lasciano quindi sospettare l’insorgenza di una patologia demenziale, sono:
Talvolta l’inizio della malattia è contrassegnato dalla sospettosità nei confronti di altre persone, accusate di sottrarre oggetti o cose che il malato non sa trovare. Il sintomo più precoce ed evidente comunque, è la perdita significativa della memoria che all’inizio si manifesta soprattutto con difficoltà nel ricordare eventi recenti, e successivamente si aggrava con lacune in ambiti sempre più estesi.
Oggi sappiamo che la perdita di memoria è la diretta espressione della perdita di materia grigia in particolari zone del cervello cruciali per i nostri ricordi come l’ippocampo, una struttura cerebrale deputata espressamente alla formazione ed al consolidamento memorie.
Ad avere un calo precoce e spesso importante in diversi casi è la capacità di giudizio, cosicché il paziente manifesta un ridotto rendimento lavorativo e può essere incapace di affrontare e risolvere problemi (anche semplici) relativi ai rapporti interpersonali o familiari.
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Esiste un test messo a punto dall’Università dell’Ohio State che promette di aiutare a individuare precocemente i primi segni di demenza: si tratta del SAGE test, acronimo che sta per Self-Administered Gerocognitive Examination (esame cognitivo geriatrico auto-amministrato).
Il test è stato messo alla prova in uno studio pubblicato sul numero di gennaio dello scorso anno del Journal of Neuropsychiatry and Clinical Neurosciences: per la ricerca sono risultati necessari 1047 partecipanti, scelti tra persone con più di 50 anni reclutate in diversi contesti, dalle case di riposo ai centri per anziani, a fiere dedicate ai temi della salute e altri eventi ancora.
Il 28% di loro mostrava i primi segni di deficit cognitivo. La condivisione dei risultati del SAGE con il proprio medico, può aiutare il dottore a individuare prematuramente i sintomi di un deterioramento legato all’Alzheimer o ad altre forme di demenza.
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Il morbo di Alzheimer è una malattia complessa e non si conosce ancora il modo di prevenirlo o di curarlo. Le terapie che oggi abbiamo a disposizione si concentrano su diversi aspetti qui sotto elencati:
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In Italia sono presenti strutture che possono fornire l’assistenza medica appropriata e l’aiuto sanitario e sociale necessario per i pazienti affetti dal morbo di Alzheimer. Al medico di famiglia sono stati attribuiti i compiti di valutare le condizioni di salute della persona, ipotizzare la presenza della malattia e mettere in contatto il malato e la sua famiglia con le Unità Valutative Alzheimer.
Le UVA sono infatti dei Centri ospedalieri specializzati delle divisioni di neurologia, di psichiatria e di geriatria, che hanno il compito di valutare la gravità della malattia, di stabilire la terapia appropriata, di attivare una serie di iniziative per il sostegno alle famiglie e di assicurare gratuitamente due medicine disponibili in un primo periodo presso il Centro stesso e poi nelle farmacie, su presentazione della ricetta compilata dal medico di famiglia.
In Italia, la parte di assistenza ai malati e alle loro famiglie è in gran parte opera di associazioni di volontariato nazionali e locali come la Federazione Alzheimer Italia e l’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer, che organizzano, tra le altre, attività di consulenza, di assistenza domiciliare e di aiuto ai familiari.
L’Alzheimer è una malattia che dà diritto al riconoscimento dell’invalidità e quindi alle forme di sostegno previste per le situazioni di handicap, come:
Tra le agevolazioni previste per chi soffre di Alzheimer è inoltre previsto il diritto ad ottenere gratuitamente l’assistenza protesica.
Assistere un malato di Alzheimer può avere enormi costi fisici, emotivi e finanziari, ma fortunatamente esistono dei programmi che insegnano alle famiglie quali sono le strategie e le pratiche flessibili da adottare quando la cura del malato è più difficile, fornendo un aiuto di vitale importanza a tutti coloro che assistono un paziente.
Alcune persone che si trovano a prestare assistenza, ritengono che partecipare a un gruppo di aiuto apposito sia una vera e propria ancora di salvezza.
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Ultima modifica: 16/06/2021