La distrofia muscolare raggruppa gravi malattie neuromuscolari genetiche a carattere degenerativo. Vediamo quali distrofie muscolari esistono
La distrofia muscolare (in inglese “muscular dystrophy”) è un termine generico che raggruppa vari tipi di distrofie muscolari, cioè gravi malattie neuromuscolari degenerative, spesso ereditarie, che causano atrofia e indebolimento della muscolatura scheletrica.
Ciò porta a una progressiva perdita della capacità motoria da parte della persona, che troverà enormi difficoltà nello svolgere anche i compiti quotidiani più semplici, come alzarsi da terra, correre e alzare le braccia, determinando quindi alcune forme di disabilità.
A causare la comparsa delle distrofie muscolari è la perdita di funzione, riduzione o assenza di una o più geni specifiche che permettono il corretto funzionamento delle fibre muscolari.
La forma più frequente è la distrofia muscolare di Duchenne che, secondo i dati diffusi da mypersonaltrainer, colpisce un bambino maschio ogni 3.500 nati; più in generale, in Italia le persone con distrofia muscolare sono circa 20mila (di cui circa 2mila con distrofia muscolare di Duchenne). Oltre alla Duchenne, tra i tipi di distrofia muscolare troviamo:
Prima di procedere, dobbiamo ricordare che il termine “distrofia muscolare” indica un insieme di patologie, e dunque i sintomi possono leggermente variare da caso a caso. Ci sono comunque dei tratti comuni che possiamo riconoscere.
La comparsa delle distrofie muscolare si registra fin dall’infanzia, come spiega l’Ospedale Bambino Gesù, in quanto i bambini colpiti da questa malattia presentano problemi nel camminare da soli, non apprendono la corsa e il salto e, in alcuni casi, presentano un ritardo del linguaggio. Invece all’età di 12-13 anni i pazienti perdono la capacità di camminare.
Dunque, la caratteristica peculiare delle distrofie muscolari è il processo degenerativo che porta alla disabilità motoria: nei pazienti assistiamo a un processo progressivo e crescente di degenerazione dei muscoli che, nei casi più gravi, può coinvolgere anche le vie respiratorie, costringendo le persone a utilizzare sistemi o ausili di ventilazione meccanica per poter respirare correttamente. I muscoli colpiti sono diversi e variano a seconda della distrofia. Oltre a ciò, tra i sintomi possiamo riconoscere:
Poco fa abbiamo detto che i primi sintomi della malattia possono comparire nei primi anni d’età, ma possono anche insorgere in periodi diversi della vita, anche durante la terza età. Anche in questo caso, i sintomi principali sono l’indebolimento e la perdita della massa muscolare.
Come detto precedentemente, la causa della distrofia muscolare va ricercata nella mutazione di uno o più geni coinvolto nel funzionamento delle fibre muscolari del nostro organismo. Questa mutazione causa delle alterazioni genetiche, e una conseguente impossibilità a sviluppare un apparato muscolare adeguato.
Più nel dettaglio, il gene che viene identificato come causa della malattia è la distrofina, un gene localizzato sul cromosoma X, responsabile della protezione della membrana cellulare dalle sollecitazioni muscolari. Con la sua assenza quindi, c’è una degenerazione muscolare.
Secondo l’Ospedale Bambino Gesù, in quanto patologia spesso ereditaria, le distrofie muscolari possono essere trasmesse da una donna portatrice (circa il 70% dei casi) o presentarsi come nuove mutazioni nel bambino avvenute durante la formazione della cellula uovo o dello spermatozoo o nelle fasi di sviluppo embrionale (circa il 30% dei casi).
Visto che la donna ha cromosomi XX, mentre l’uomo ha la coppia XY, la distrofina mancata in un cromosoma viene compensato dall’altro cromosoma X. Per questo motivo, le distrofie muscolari colpiscono solo i maschi, invece le femmine sono portatrici sane. E anche per questo motivo, al momento l’insorgenza della patologia non si può prevenire.
Rispetto al passato, le aspettative di vita sono decisamente aumentate. Il paziente può morire a causa di questa malattia intorno ai 40 anni, mentre prima la media si attestava tra i 27 e i 30 anni. Dipende ovviamente dalla tipologia di distrofia.
La causa principale che porta alla morte non sono le distrofie in sé, ma le conseguenze che provocano: principalmente, il paziente può perdere la vita a causa di un’insufficienza cardio-respiratoria.
Il segno più evidente delle distrofie muscolari arriva nei primissimi anni d’età: di fatto, sono spesso i genitori ad accorgersi che qualcosa non va, come il ritardo nella deambulazioni o la difficoltà a correre e saltare. Un’osservazione clinica di un professionista medico potrà confermare o meno i dubbi della famiglia riguardo lo stato di salute del bambino.
Come ricorda l’Ospedale San Raffaele, ci sono alcuni strumenti diagnostici che possono tornare utili, come gli esami strumentali (elettromiografia e risonanza magnetica), il dosaggio dell’enzima creatinfosfochinasi, la biopsia muscolare e l’analisi genetica. Si può ricorrere anche alla diagnosi prenatale, ma solo se si conosce la mutazione responsabile della patologia.
In sintesi, per diagnosticare al meglio le distrofie muscolari, possono essere effettuati alcuni dei seguenti esami:
Prima di rispondere a questa domanda, ricordiamo che ogni terapia, cura o percorso terapeutico può essere indicato solo da un medico curante, e che i dettagli riportati in questo articolo fungono da solo scopo informativo.
A oggi non esiste alcuna cura o terapia in grado di bloccare la degenerazione muscolare, ma esistono dei percorsi che possono aiutare ad allentare la progressione della patologia. A ogni modo, molto importante è individuare il difetto genetico che causa la malattia.
Per quanto riguarda i farmaci, al momento l’unica terapia utile sono i corticosteroidi (cortisone) che, appunto, rallentano la progressione della malattia, ma non la bloccano del tutto: in poche parole, prolungano la capacità motoria dell’individuo e alleviano i sintomi collaterali, come la stanchezza.
Non mancano comunque degli effetti collaterali, come aumento di peso, disturbi psico-comportamentali, cataratta, diminuzione della densità ossea. Per questo motivo, bisogna sempre ascoltare sempre il proprio medico, evitando di autodiagnosticarsi patologie o assumere autonomamente farmaci senza il consenso di un professionista.
Ci sono anche delle soluzioni importanti in caso di deficit respiratorio e cardiaco. Generalmente per il deficit respiratorio si usa la ventilazione meccanica non invasiva, ma i casi più gravi richiedono l’impiego della tracheotomia. Per i problemi cardiaci, invece, ci sono gli ace-inibitori, sebbene la progressione della malattia renda questi farmaci meno efficaci.
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Ultima modifica: 02/03/2023